50% dei genitori svizzeri inconsapevoli: picchiano i figli

educazione genitorialità consapevole Jan 04, 2019

In Svizzera, un bambino su due è confrontato con metodi educativi violenti.

Anche se sembra che nel corso degli anni i genitori svizzeri abbiano vieppiù rinunciato alle punizioni corporali quale metodo educativo, sculacciate e ceffoni sono pratiche ancora molto in voga.

Stando a uno studio dell’Università di Friburgo (Le punizioni praticate dai genitori in Svizzera), e come hanno riportato i media locali, la metà dei genitori ricorre alla violenza fisica, e sono i più piccoli a essere picchiati con più frequenza (che va da “a volte” a “molto spesso"); mentre un quarto fa leva regolarmente sulla violenza psicologica.

Cifre ancora paurosamente alte, ha affermato Franz Ziegler, psicologo attivo nella Società svizzera per la protezione dell’infanzia; il quale, intervistato da Swissinfo.ch ha espresso le sue preoccupazioni nel dire che “L’accettazione della violenza contro i minori è molto più elevata di quanto mostra lo studio.” (fonte)

Purtroppo, questo può certamente essere dovuto al fatto che ancora oggi sculacciate, ceffoni e simili non siano considerati come violenza ma come "misure educative"... Eppure, i fatti dimostrati e le conoscenze che abbiamo oggi sull’infanzia dimostrano in modo inequivocabile che le punizioni corporali hanno praticamente le stesse conseguenze di abusi più gravi (fonte).

Come hanno sottolineato gli autori della ricerca: “Le punizioni corporali feriscono la psiche e l’integrità mentale del bambino. Più giovani sono e più sono vulnerabili.

A tal riguardo, per contrastare il fenomeno della violenza sui minori, la fondazione Protezione dell’infanzia Svizzera ha lanciato una campagna in tutto il Paese: “Idee di bambini forti per genitori forti: c’è sempre un’alternativa alla violenza” ma francamente, guardando il video (lo trovi qui) e i cartelloni pubblicitari, non sono molto convinto che l’effetto sarà quello desiderato.

I bambini vanno difesi, e non spinti ad assumersi le responsabilità al posto degli adulti. La campagna può certamente risultare simpatica, in perfetto stile Mulino Bianco, ma avrà qualche effetto sulla metà dei genitori che ricorrono alla violenza?

Li farà riflettere?

Li renderà più consapevoli?

Proviamo a immaginare un bambino piccolo, nella fascia di età più colpita (0-6 anni) che si rivolge al genitore violento dicendogli “di contare fino a 10” oppure “dai vai fuori” mentre viene preso a sberle… lo farà ragionare, o gli darà un pretesto per rincarare la dose?

Di certo, è sempre buona cosa che se ne parli, in quanto uno dei problemi principali è che si tratta di un fenomeno molto silenzioso, e le grida di aiuto dei bambini rimangono seppellite sotto una valanga di teorie (che tendono a mascherare la dolorosa realtà dell’infanzia) e dall’indifferenza della maggior parte delle persone (che minimizzano la realtà infantile, in quanto inconsapevoli e pertanto incapaci di mettere in discussione i metodi educativi dei propri genitori e confrontarsi con la propria storia personale). Sarebbe però auspicabile sensibilizzare e responsabilizzare i genitori in un altro modo, non gravando sulle spalle dei bambini in tal senso.

È risaputo, e questo emerge anche dagli studi summenzionati, che i genitori che maltrattano i figli ripetono gli stessi e identici schemi che loro stessi hanno subito, e per questo è secondo me importante portare consapevolezza su questi aspetti, sfatando le mistificazioni che riguardano la realtà infantile e mttendo in luce gli errori commessi a causa dei vecchi metodi educativi.

Dalle ricerche si evince che il motivo principale che porta il 70% dei genitori intervistati a intervenire fisicamente è la disobbedienza. È anche interessante notare che paragonando uno studio del 1990 con un sondaggio del 2003, emerge che in questo lasso di tempo è aumentata la sensibilità per quanto riguarda le punizioni corporali e che altri metodi “educativi” sono prediletti per punire i figli, come ad esempio togliere i cosiddetti “privilegi”: proibizione di guardare la televisione o di uscire con gli amici (l’idea di fondo è che se i bambini non si comportano come noi vogliamo, è giusto privarli di ciò che piace a loro).

Sembra inoltre che le mamme tendano a negare il loro amore (o comunque ridurlo in base al comportamento), e i papà siano invece più propensi alle proibizione alle punizioni corporali.

Da un certo punto di vista, sembrano cambiati i metodi (dalle punizioni corporali ai premi/castighi/rinforzi) ma in fin dei conti si tratta sempre dello stesso schema delle punizioni e delle ricompense.

Obbedisci e ti comporti come io voglio? Eccoti il premio. Disobbedisci o fai qualcosa che non mi garba? Che siano percosse o dolore emotivo, ti procuro della sofferenza per spingerti a modificare il tuo comportamento in base al mio volere.

Sempre di educazione all’obbedienza si tratta.

È molto semplice: obbedienza premiata / disobbedienza punita… e il fine ultimo è sempre lo stesso: il controllo.

Oggi però sappiamo che il controllo (comportamentale, e soprattutto psicologico) è altamente condizionante e lesivo dell’integrità del bambino (nella letteratura è associato in modo consistente al disadattamento).

Gli effetti sono devastanti.

Tutti questi “metodi educativi” spingono i bambini a sentirsi amati e accettati solo ed esclusivamente se si comportano come viene loro richiesto (ed è così che sviluppano una falsa immagine di sé, accettandosi poi solo a determinate condizioni), mentre i bambini hanno bisogno di essere amati e accettati per quel che sono, così come sono.

Altrimenti, quando l’amore e l’affetto di un genitore nei confronti di suo figlio dipendono dal comportamento e dalle azioni di quest’ultimo, ci troviamo di fronte a un abuso (che in alcuni paesi, come l’Irlanda ad esempio, è punito dalla legge) che interferisce con il naturale sviluppo della sua autonomia e indipedenza, e della sua individualità.

È dunque fondamentale mettere in seria discussione i vecchi metodi educativi e uscire finamente da tutti questi sistemi e approcci che trovano le loro fondamenta in una visione cinica e distorta dell’infanzia (e dell’essere umano) e ripartire da nuove premesse, che permettano all’adulto di confrontarsi con il proprio vissuto e liberarsi finalmente dei suoi condizionamenti, e permettendo così al bambino di essere e divenire ciò che è, senza interferenze né pesanti eredità.

 

“Ogni comportamento assurdo trova le sue radici nella storia della prima infanzia, che rimane insondabile sino a che la manipolazione dei bisogni infantili, psichici e fisici, da parte degli adulti verrà intesa come una necessaria misura educativa, anziché come la crudeltà che essa di fatto è.” Alice Miller

 

 

Photo by Jenn Evelyn-Ann on unsplash

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