Breve storia della scuola e dell’educazione (all’obbedienza)

educazione formazione Mar 16, 2019

Il nostro sistema educativo non è stato ideato per sviluppare le potenzialità di ogni individuo, e se per questo non è neppure frutto della conoscenza scientifica su come i bambini apprendono, ma piuttosto del nostro passato — della nostra storia. Le scuole sono nate per servire fini religiosi e politici, e il sistema scolastico che oggi conosciamo è stato deliberatamente progettato fra il XVIII e XIX secolo, con il preciso intento di indottrinare i bambini e educarli all’obbedienza.

Sotto questo aspetto, gli Stati Uniti vantano una storia decisamente interessante. La nascita della scuola pubblica in America ci offre una panoramica molto chiara su quanto accaduto a livello mondiale. Convinti del loro Destino manifesto, ovvero di avere la missione di espandersi e diffondere la loro forma di libertà e democrazia, negli ultimi due secoli gli USA hanno largamente influenzato l’economia globale e credo che dalla loro storia possiamo trarre molte preziose informazioni per capire come siamo arrivati ad oggi e anche per decidere dove vogliamo andare, soprattutto in relazione al futuro che vogliamo creare, per noi e per i nostri figli.

Iniziamo dunque a dare un’occhiata al pensiero di JOHN LOCKE e THOMAS HOBBES, che hanno ampiamente affrontato temi importanti che ritroveremo anche successivamente, e che riguardano la dicotomia fra libertà e subordinazione.

Locke è considerato il padre del liberalismo classico. Egli sosteneva che le persone devono avere il diritto e la libertà di seguire la propria volontà, sempre nel rispetto dei diritti altrui e entro i limiti della Legge di natura, e non essere assoggettate alla volontà di terzi. Per Hobbes, ritenuto precursore dello statalismo classico, l’ordine sociale dipendeva dal controllo, e la guerra (che egli riteneva inevitabile fra gli uomini che godevano degli stessi diritti) poteva essere evitata solo se le persone limitavano la loro libertà e rinunciavano ai propri diritti naturali trasferendoli allo Stato, che aveva il compito di far rispettare le regole e garantire la pace. Nella visione di Locke, la cosa più importante era la libertà; in quella di Hobbes, la sicurezza. Per il primo, qualora non assolvesse i propri doveri a salvaguardia della popolazione, lo Stato poteva essere abbattuto (diritto di resistenza); per il secondo è invece ineliminabile.

Nel XVII secolo l’America ha inizialmente optato per la via libertaria di Locke; poi, come già accadeva nel Vecchio Mondo (Germania, Francia, Inghilterra) ha seguito Hobbes, e stabilito gli stati del Leviatano attraverso il XVIII e XIX secolo. Questo è un passaggio molto importante, perché dal pluralismo che esisteva un tempo, dove autonomia e indipendenza ricoprivano un ruolo fondamentale nella vita degli americani, si comincia a camminare verso quel collettivismo oligarchico che contraddistingue la società moderna.

UN PASSO STORICO VERSO L’ISTRUZIONE PUBBLICA

Gli atti legislativi del 1642, 1647 e 1648 promulgati nella colonia della baia del Massachusetts sono considerati come un passo storico verso l’istruzione pubblica da parte del governo americano. La Legge del 1642 era qualcosa di veramente rivoluzionario. Si trattava della prima legge che richiedeva che i bambini fossero educati. Per i puritani era fondamentale che tutte le persone leggessero la Bibbia (cosa che secondo loro facevano le brave persone). Era inoltre importante insegnare ai bambini a leggere e scrivere cosicché potessero comprendere e osservare le leggi in vigore. Ai bambini andava dunque fornita un’istruzione di base, pena la rimozione dalla famiglia da parte degli enti governativi di quel tempo. Cinque anni dopo, considerata l’ignoranza un male satanico, attraverso la legislazione del 1647 lo Stato impose l’istruzione scolastica. Nel 1648 vennero estesi i requisiti scolastici stabiliti inizialmente.

LA VOLONTÀ DIVENTA UN PROBLEMA

Il teologo e pedagogo tedesco AUGUST HERMANN FRANCKE è considerato come l’architetto del sistema di istruzione obbligatoria a livello mondiale. Egli credeva che i giovani non sono in grado di regolare le loro vite in quanto l’essere umano è naturalmente incline a un comportamento ozioso e peccaminoso quando lasciato solo a se stesso. Secondo Francke, era certamente importante insegnare ai bambini la dottrina religiosa, ma lo scopo della scuola era piuttosto quello di spezzare la loro volontà e renderli docili e obbedienti. Nelle sue Istruzioni ai docenti è molto chiaro su questo aspetto, evidenziando che il compito più importante di un maestro è quello di rendere obbediente la volontà; e per farlo riteneva che il modo migliore era attraverso il costante monitoraggio e supervisione. La presenza del supervisore avrebbe indebolito l’ostinazione dell’alunno, e soffocato la sua inclinazione a comportamenti peccaminosi. A partire dal XVII secolo, fu stabilito il sistema che abbiamo a tutt’oggi: una classe diretta da un maestro dove tutti sono seduti in fila, a imparare le stesse cose, allo stesso modo, allo stesso tempo (anche l’installazione di clessidre nelle classi riporta a Francke). Ha inoltre sviluppato un curriculum standardizzato e un metodo di formazione/certificazione degli insegnanti per insegnare tale curriculum.

Il sistema si diffuse, ma i bambini non si adattarono molto facilmente. Infatti, questo modo di educare è noioso e si scontra con l’istinto naturale dei bambini di giocare liberamente e fare esperienza del mondo e di se stessi da soli. A questo punto, la volontà personale dei bambini era diventata un problema. Tutti erano convinti che la loro ostinazione doveva essere combattuta in tutti i modi, e punizioni di ogni genere diventarono parte integrante del processo educativo.

In alcune scuole ai bambini erano concessi alcuni spazi per giocare (ricezione), ma il gioco era considerato nemico dell’apprendimento. Questo è un atteggiamento tipico delle istituzioni scolastiche di quel tempo, e emerge chiaramente dalle regole stabilite per le Wesleyan Schools dal teologo inglese JOHN WESLEY, per il quale il gioco doveva essere bandito (“As we have no play days, so neither do we allow any time for play on any day; for he that plays as a child plays as a man”). Egli instaurò un sistema molto rigido nelle sue scuole. I bambini si dovevano alzare molto presto, erano sempre molto impegnati e mai lasciati soli, ma sempre in presenza di un master.

LO STATO SOPRA OGNI COSA

BENJAMIN RUSH, riformatore sociale e educatore statunitense, propose un sistema di istruzione generale che avrebbe reso le masse più omologate. Egli riteneva che era fondamentale inculcare nella testa dei giovani la massima riverenza per il proprio paese e che la loro subordinazione era molto importante. Nel processo educativo l’autorità dei maestri doveva essere assoluta e i bambini dovevano essere formati in modo tale da diventare buoni cittadini che accettano senza obiezioni l’idea generale, deprivati di una propria volontà personale. Il benessere dello Stato doveva essere messo al di sopra di ogni cosa, anche della famiglia. Bisognava insegnare agli alunni che non appartenevano a se stessi, e che non poteva esserci libertà in una Repubblica.

Di fondo, si può notare che vi è una certa ideologia nazionalista che può essere applicata anche alla Germania di quell’epoca, dove una delle persone più influenti per quanto riguarda la nascita e proliferazione del sistema scolastico che conosciamo oggi è il filosofo tedesco JOHANN GOTTLIEB FICHTE.

Per capire meglio il suo pensiero, è molto importante andare a vedere cosa stava succedendo a quei tempi. Nel 1806 il Regno di Prussia aveva perso la battaglia di Jena contro le truppe di Napoleone. Lo Stato militare, la cui economia era fondamentalmente basata sulla guerra, si trovava in una situazione di grave crisi. Secondo Fichte, la battaglia era stata persa a causa di coloro che avevano disobbedito ai comandi dei superiori ed era tempo di cambiare le cose per ripristinare l’orgoglio tedesco e l’amore per la patria. La sua idea era molto semplice e altrettanto radicale: distruggere la volontà personale nei bambini, in modo tale che da adulti non avrebbero più potuto scegliere in modo diverso da quello a loro imposto dalle autorità. L’idea non era certamente una novità in Germania, visto che educatori come il teologo svizzero-tedesco JOAHANN GEORG SULZER da tempo evangelizzavano che la volontà personale dei bambini va annientata nei primi anni di vita in modo tale da poterli plasmare a proprio piacimento.

Lo scopo di questo sistema educativo sarebbe stato quello di modellare i tedeschi, sottomettendo i giovani alla volontà della Nazione. La scuola doveva essere uno strumento della politica, così come esercito, polizia, erario. Anche qui, possiamo notare come questa educazione di massa orientata allo Stato non sia per niente a favore dell’individuo, ma piuttosto incentrata verso il collettivismo. Sinteticamente, si può dire che questa ideologia rispecchia il pensiero Hegeliano, per cui in un certo senso lo Stato è Dio; e Kantiano, per cui l’assoluta obbedienza deve essere imposta.

Dalla filosofia di quest’ultimo, emerge anche la differenza sostanziale fra gioco e lavoro. Il lavoro, secondo Kant, non deve necessariamente essere un’attività piacevole e può avere altri scopi, mentre il gioco è qualcosa di piacevole e fine a sé stesso, senza altri fini. Egli sosteneva che l’incapacità di fare questa distinzione è un errore pedagogico. In linea di massima, su queste basi e dal punto di vista della leadership di quei tempi, l’impulso di giocare era qualcosa da sopprimere, così come l’immaginazione delle persone, in quanto avrebbero potuto minare l’ordine sociale. Stando al pensiero di Fichte, l’educazione del passato non aveva riscontrato successo in quanto non sfiorava, né tantomeno aveva addestrato le radici dell’impulso e dell’azione nell’essere umano. La nuova educazione sarebbe stata dunque l’arte di educare l’Uomo e le basi di questo sistema avrebbero trovato le loro fondamenta nelle idee del pedagogista e riformista svizzero JOHANN HEINRICH PESTALOZZI.

Fichte vedeva nelle idee di Pestalozzi la soluzione al problema dell’educazione (sembra che l’idea di scrivere il libro Mie indagini sopra il corso della natura umana nello svolgimento del genere umano sia nata dal loro incontro, avvenuto nel 1794), e sulla base degli sforzi del noto educatore elvetico è così nato un sistema che si sarebbe diffuso a macchia d’olio in ogni parte del mondo civilizzato, come mezzo per forgiare l’identità delle nazioni. Per quanto riguarda l’ideologia nazionalista, pare che anche il “pedagogista del Romanticismo", FRIEDERICH FRÖBEL, discepolo di Pestalozzi e ideatore del concetto di Kindergarten sia stato influenzato dalle idee di Ficthe. Nel 1848, in una lettera indirizzata a Karl Hagen, allora membro del Parlamento di Francoforte, in una rara rivelazione delle sue preferenze politiche ha dichiarato che l’essenza della sua attività educativa era quella di insegnare e educare i bambini per la Repubblica, preparandoli all’esercizio delle virtù repubblicane (esempio citato da John T. Gatto).

Gli educatori americani erano affascinati da quel che stava accadendo in Germania (e nel resto dell’Europa). Nel XIX secolo il Kindergarten movement è sbarcato negli Stati Uniti attraverso immigrati tedeschi devoti alle idee di Fröbel; poi fu la volta del sistema prussiano.

TUTTO CAMBIA DAI TEMPI DI BEN FRANKLIN

Ai tempi di BENJAMIN FRANKLIN ogni individuo poteva scegliere se stesso. Nulla ostacolava la propria realizzazione personale, tantomeno una pseudo-scienza tedesca. Quindicesimo di diciassette fratelli, a causa della situazione economica della sua famiglia frequentò pochissimo la scuola, e all’età di dieci anni lavorava già nel negozio di candele del padre. La sua educazione è stata quasi esclusivamente auto-diretta, permettendogli di dedicarsi ai vari suoi interessi, svolgere molte attività che ebbero uno straordinario successo e essere ricordato per molte di queste (vai a vedere la sua bio).

Franklin è stato il prodotto dell’auto-apprendimento, di un curriculum brillante/coraggioso/ardito disegnato da lui medesimo; e questo era il segreto del successo dell’economia di quel tempo in America. Prima della guerra di secessione (1861-1865) il paese favoriva uno stile di vita autonomo e indipendente. L’America era autosufficiente e vantava una incredibile inventiva, che era considerata il frutto di auto-formazione, age mixing (i giovani non erano esclusi dalla società e segregati nelle scuole, suddivisi per classi/età), e una presenza del Governo non invadente. Questo è dimostrato dai racconti del filosofo francese ALEXIS DE TOCQUEVILLE sui punti di forza e sulle debolezze del paese nel 1831.

Tocqueville credeva che il più grande dono della società civilizzata era la libertà, nel senso di responsabilità morale dell’individuo verso se stesso e gli altri ("To me, human societies, like persons, become something worthwhile only though their use of liberty.”); un aspetto, fra altri, che aveva notato nel popolo americano, e che lo aveva positivamente impressionato. Questo, prima della guerra civile, e dell’intervento degli ingegneri sociali.

La guerra ha poi cambiato tutto. Ad oggi, molti credono ancora che questo conflitto riguardava la schiavitù, ma le cose non sono andate esattamente così. In realtà, entro il 1860 la schiavitù era già quasi stata abolita in Europa, e l’America stava per seguire l’esempio del Vecchio Continente. All’interno dei confini americani, si trattò piuttosto di un braccio di ferro fra la sovranità di Stato e l’autorità Federale. Alla base vi era la disputa sulla schiavitù, ma dietro le quinte si trattava di stabilire chi aveva il potere di decidere: gli istituti locali o un potere governativo centrale? Si trattò dunque di una questione di sovranità statale e diritto di recesso.

Guardando la storia da un punto di vista diverso da quello generalmente offerto dai libri di scuola, si può notare che l’indipendenza stessa era stata presa di mira. Da una parte vi era quell’imprenditorialità americana che si basava sull’inventiva e la formazione auto-diretta, dall’altra la logica industriale che vedeva piuttosto il profitto nel trasformare le persone in nuovi schiavi — in "risorse umane".

XIX SECOLO: ARRIVA LA SCUOLA PUBBLICA

Prima che le scuole fossero ufficialmente convertite nel modello prussiano nel 1852, l’argomento relativo all’istruzione veniva discusso nei salotti del business e della politica. Già nel 1840, l’educatore e intellettuale ORESTES BROWNSON iniziò a denunciare quella che definiva essere una gigantesca cospirazione per sovvertire il Governo e la Costituzione utilizzando come arma principale il rigido sistema educativo prussiano.

HORACE MANN è stato uno dei più fervidi sostenitori della scuola pubblica e del pensiero prussiano, aprendo così le porte dell’America a un sistema educativo improntato sull’ingegneria sociale piuttosto che sull’idea che illustri personaggi come Thomas Jefferson, George Washington, Benjamin Franklin, James Madison avevano dell’educazione.

Il Massachusetts è stato il primo stato a promulgare la legge sull’istruzione obbligatoria (nel 1852). Storicamente, questo è stato un grosso cambiamento anche per quanto riguarda gli aspetti relativi all’autorità parentale: i genitori che rifiutavano di mandare i propri figli a scuola sarebbero stati multati e (in certi casi) deprivati della potestà genitoriale. A detta di taluni, questa legge non sarebbe passata silenziosamente se lo status della famiglia non fosse già stato danneggiato dalle leggi sull’adozione (Adoption Children Act) varate sempre nello stesso stato in quegli anni.

Nel 1872, il Bureau of Education americano mise in luce un grave problema all’interno del sistema scolastico: i docenti stavano effettivamente fornendo ai bambini una buona educazione, e questo non era visto di buon occhio. Il rischio era quello che persone adeguatamente formate non sarebbero state facilmente gestibili, e potevano anche diventare un grosso problema nella lotta sindacale. Entro la fine di quel decennio, industriali e finanzieri dettavano legge.

Nel 1888, nel Comitato del Senato per l’educazione vi era ancora tensione: troppo elevata la qualità dell’educazione (i maestri stavano insegnando ai bambini a leggere a livelli avanzati, a comprendere la storia, e pensare in modo critico e indipendente). Il Comitato riteneva che l’educazione fosse una delle principali cause di malcontento che si era manifestato negli ultimi anni all’interno delle classi lavoratrici. Effettivamente, per fare un lavoro di routine, di per sé alienante, un’educazione di ottima qualità come quella proposta dalle scuole non-standardizzate non era auspicabile. Era decisamente meglio che i lavoratori fossero rimasti a uno stadio infantile: dei consumatori obbedienti che non avrebbero mai opposto grosse resistenze.

Verso la fine del secolo, un gruppo di lungimiranti uomini d’affari e accademici finanziati dalle aziende decisero di trasformare la scuola pubblica in modo tale che potesse servire il business, come accaduto un secolo prima in Prussia. Fondamentalmente, la scolarizzazione obbligatoria di massa è stata una creazione dei quattro grandi poteri del carbone di quel tempo. In buona sostanza, si trattava di realizzare il vecchio sogno di un’utopia attraverso la scolarizzazione universale secondo il metodo di Fichte. La scuola aveva una missione da compiere, così come esposto dal noto filosofo e educatore americano JOHN DEWEY nel 1897: non semplicemente l’istruzione degli individui, bensì la creazione di un nuovo ordine sociale (“I believe, finally, that the teacher is engaged not simply in the training of individuals, but in the formation of the proper social life. I believe that every teacher should realize the dignity of his calling; that he is a social servant set apart for the maintenance of proper social order and the securing of the right social growth”).

L’idea di base è molto semplice da comprendere. Si tratta di una strategia da sempre utilizzata per sottomettere gli altri al proprio potere/volere, che avrebbe impedito alle nuove generazioni di rappresentare un pericolo per lo status quo. Il fine dell’istruzione scolastica diventava dunque quello di educare i bambini all’obbedienza e castrarli della capacità di pensiero critico e indipendente, in modo tale che fossero facili da manipolare e diventassero adulti subordinati all’autorità (è anche importante sottolineare che imporre la propria volontà sui bambini in stile “fai come dico io” distrugge il loro potere creativo, la loro immaginazione, la loro capacità di pensiero critico e li porta ad avere un luogo di controllo esterno, piuttosto che interno).

Qui si tratta ovviamente della volontà di assoggettare gli altri al proprio potere, trasformandoli in risorse umane pronte per essere impiegate dal business. Come sosteneva MICHEL FOUCAULT ogni rapporto sociale è un rapporto di potere, e qui abbiamo a che fare con delle riforme atte a ristrutturare l’identità nazionale usando il potere dello Stato: propaganda, operazioni psicologiche, e programmi nazionali come può essere la scolarizzazione obbligatoria.

Dopo una cinquantina d’anni l’effetto della pedagogia importata dalla Prussia ha creato in America una classe di proletari negativamente influenzati a livello individuale, famigliare, culturale e religioso e questo includeva non solo gli operai ma anche il middle management. Le persone appartenevano al business. L’educazione Universale aveva indebolito l’immaginazione delle persone, così come il filosofo Spinoza e Fichte avevano predetto, rispettivamente nel 1690 e nei primi del Novecento (L’immaginazione, va detto, è una qualità innata e importantissima nell’essere umano. Gli individui dotati di immaginazione sono ingestibili e non prevedibili nella loro natura. Per questo l’immaginazione va annientata, e i bambini sono educati a non essere creativi: non dei creatori/produttori, ma semplicemente consumatori annoiati e stressati!).

LA SCUOLA E IL NOVECENTO

Fra il 1896 e il 1920 un piccolo gruppo di industriali e finanzieri ha sovvenzionato cattedre, ricercatori universitari, amministrazione scolastica. Attraverso le loro organizzazioni caritatevoli hanno speso più denaro nella scuola obbligatoria che il Governo.

Il General Education Board fu fondato agli inizi del secolo scorso da JOHN D. ROCKEFELLER e FRIEDERICK T. GATES e iniettò milioni di dollari nel sistema educativo, diventando molto influente nel modellare l’attuale sistema scolastico. La filosofia è molto chiara. Il loro sogno di queste persone era quello di avere a disposizione risorse umane illimitate, docili e facilmente manipolabili. Non avrebbero tentato di trasformare gli individui in filosofi, autori, editori, poeti o uomini di lettere o scienza. E neppure in grandi artisti, pittori, musicisti, avvocati, dottori, predicatori, politici, uomini di Stato in quanto, come hanno scritto, ne avevano già a ampiamente a disposizione. Consideravano come loro compito quello di istruire bambini e insegnare loro a fare in modo perfetto quel che i loro padri e le loro madri stavano facendo in modo imperfetto, nelle loro case, nei loro negozi e nelle fattorie (vedi General Education Board, Occasional Papers, No. 1). In buona sostanza, non volevano dei giovani dotati e talentuosi che sviluppassero e realizzassero il loro potenziale, ma solo obbedienza (nel 1905 furono poi fondate la Intercollegiate Socialist Society e la Carnegie Foundation for the Advancement of Teaching).

Da ciò traspare una evidente intento di selezionare e suddividere le persone sulla base di classi sociali, e questo è avvalorato dal discorso del 9 gennaio 1909 di WOODROW WILSON, allora Rettore a Princeton indirizzato alla NY City High School Teachers Association (vedi “The Meaning of Liberal education”). Molto semplicemente, egli affermò che vi era bisogno di una classe di persone che potevano godere di un’educazione liberale, mentre tutte le altre avrebbero avrebbero dovuto conformarsi a fare un lavoro manuale. Nel suo discorso, egli sostiene che è molto difficile prevedere il futuro di una persona e indovinare che avrò farà: “Si può dire che farà il meccanico dal colore dei suoi capelli? Oppure l’avvocato, perché il suo papà è avvocato?” Insomma, da ciò si evince che Wilson non credeva che ogni essere umano avesse una sua precisa vocazione, e che secondo lui era fondamentale fare una distinzione netta sin dal principio per quanto riguarda il percorso da seguire.

Verso la fine del secondo decennio del ‘900 praticamente tutti i lavori amministrativi all’interno del sistema educativo americano erano gestiti sotto l’egidia dell’Education Trust, che rappresentava Rockefeller, Carnegie, Harvard, Stanford, University of Chicago, National Education Association. Secondo quanto affermato da BENJAMIN KIDD nel 1918 il fine era quello di plasmare i giovani imponendo su di essi l’idea della subordinazione.

Nel 1919 ARTHUR WALLACE CALHOUN affermò che il sogno degli utopisti era diventato realtà e che i bambini stavano passando dalla famiglia nelle mani degli esperti e che dietro tutto ciò si celava un sofisticato tentativo di controllo scientifico della popolazione (da notare che anche Calhoun era favorevole all'eugenetica. In A Social History of the American Family from Colonial Times to the Present ne parla chiaramente: “we might expect at first there will be an increase of legislation designed to check the mating of the unfit and the procreation of undesirable citizens. In all probability the enlightened public mind will also bring the persuasion and pressure of public opinion into play in behalf of positively eugenic matings").

Nel 1922, JOHN F. HYLAN, allora sindaco di New York, affermò in un discorso pubblico che i tentacoli di un governo invisibile avevano avvolto la scuola, proprio come una piovra fa con la sua preda. Una decina d’anni dopo, nel 1933, Il Presidente della Rockefeller Foundation MAX MASON annunciò un programma nazionale per il controllo del comportamento umano, in cui la scuola giocava un ruolo predominante. “L’educazione è ciò che una scuola offre”, disse JAMES BRYANT CONANT.

Conant è stato una delle persone più influenti del XX secolo: specialista in armi chimiche nella prima guerra mondiale, ha partecipato attivamente a diversi progetti fra cui quello per lo sviluppo della bomba atomica, è stato ambasciatore in Germania ovest dopo la seconda guerra mondiale, e fra le altre cose fu l’inventore dell’esame d’ammissione all’università SAT (Scholastic Assessment Test). Nel suo libro The child, the parent and the state scrive che la scuola moderna è il risultato di una rivoluzione orchestrata fra il 1905 e il 1930 e indirizza al libro di ALEXANDER JAMES INGLIS (Principles of secondary education, 1918) dal quale si evince che il sistema educativo è stato ideato per essere esattamente come quello prussiano di cent’anni prima: dividere i bambini per classi, materie, voti, classifiche; continue verifiche, test, e altri subdoli mezzi. Dividendoli da piccoli, sarebbe stato improbabile che si riunissero poi in un pericoloso insieme da adulti.

Lo scopo era quello di ottenere una massa ignorante dove le persone sono divise fra loro e non possono organizzarsi (l’unione fa la forza). A livello sociale, gli individui sono dunque ridotti a una sorta di collettivismo standardizzato. La pubblica educazione favorisce il business provvedendo a una continua offerta di risorse umane affidabili, alfabetizzate, cooperative, e che non causano troppi problemi.

I 4 ARCHITETTI DEL SISTEMA SCOLASTICO MODERNO

  • JOHN P. MORGAN, noto per la sua inclinazione nel rilevare imprese in difficoltà per poi ristrutturarle e creare un monopolio (tecnica nota come “Morganizzazione”) ha contribuito in maniera decisiva al finanziamento dell’industria siderurgica americana.
  • JOHN D. ROCKEFELLER, influente capitalista e industriale statunitense (Standard Oil). A quanto pare largamente influenzato dalle scoperte di HERMANN JOSEPH MULLER sulla genetica e sul controllo scientifico della vita.
  • ANDREW CARNEGIE, imprenditore britannico naturalizzato statunitense.
  • HENRY FORD, uno dei fondatori della Ford Motor Company, ancora oggi una delle maggiori del settore negli USA.

Si può dire che logica industriale ha ampiamente favorito la scolarizzazione forzata, ma non dobbiamo però dimenticare che dietro questa evoluzione troviamo  filosofia e religione e l’idea di una società di un certo tipo (e potere, ovviamente). L’indottrinamento dei bambini ha infatti condotto a un ordine sociale controllato da una ristretta cerchia di persone. In tal senso, le fondazioni private hanno fatto da apripista e si sono insinuate in ogni ambito per quanto concerne il disegno e la realizzazione dell’istruzione scolastica. Nel suo libro Social control del 1901, EDWARD A. ROSS lo ha scritto chiaramente: “sono in corso piani per sostituire la comunità, la famiglia, la chiesa con la propaganda, l’educazione, i mass media.” Le commissioni di esperti che hanno investigato su questo fenomeno lo hanno dimostrato: 1) Commission on Industrial Relations (Walsh commission 1913) e Committee to Investigate Tax-Exempt Foundations and Comparable Organizations (Reece 1953). Dai rapporti emerge che le Fondazioni Ford, Rockefeller, Carnegie hanno investito in modo eccessivo in progetti alla Columbia, Harvard, University of Chicago e California favorendo il collettivismo oligarchico. Le conclusioni dei due studi erano praticamente identiche: la politica che si celava dietro la nuova pedagogia era deliberatamente creata lontano dallo sguardo pubblico, all’interno degli uffici delle corporazioni. Nessuno dei due rapporti ha ricevuto molta attenzione.

LOUIS ALBER, direttore esecutivo della National Education Association, disse che la sua organizzazione si aspettava di realizzare attraverso l’educazione il fine che in Europa i dittatori stavano cercando di raggiungere con la forza.

Secondo JOHN T. GATTO, ecco qui le tappe fondamentali della trasformazione.

  1. Designed education for the future: l’educazione viene ridefinita sulle basi del modello prussiano, come mezzo per realizzare importanti obiettivi nazionali a livello economico e sociale.
  2. Behavioral science teacher education project: nel progetto, oltre a molte altre cose, si offre l’immagine di un futuro dove una piccola élite deve assumere il controllo di tutte le questioni importanti (vedi qui).
  3. Taxonomy of education objective di Benjamin Bloom: sostanzialmente, si tratta di psicologia comportamentale e di utilizzare il condizionamento operante per modificare il comportamento e ristrutturare la personalità: taxonomize (vedi qui). A tal riguardo, è interessante notare che in quegli anni (la prima pubblicazione è stata nel 1956) il Prof. B. F. SKINNER ha pubblicato Science and Human Behavior (1953), dove ha dichiarato che “Il condizionamento operante modella il comportamento umano come uno scultore modella un pezzo di argilla”. Nel 1948 lo stesso autore ha pubblicato Walden two, dove si raccomanda interventi radicali come il fatto che i bambini dovessero essere allevati dallo stato e addestrati dalla nascita a mostrare solo caratteristiche e comportamenti desiderati” e sempre nello stesso anno è anche stato pubblicato Sexual Behavior in the Human Male di ALFRED C. KINSEY e WARDELL POMEROY che sfidava le conoscenze convenzionali sulla sessualità. Questo, poco dopo che il Generale BROCK CHISHOLM ha raccomandato di bandire il concetto di giusto/sbagliato dall’educazione dei bambini.

Come ha scritto Bloom: “L’obiettivo dell’educazione e delle scuole è cambiare il modo di pensare, i feelings e le azioni degli studenti.” Si tratta dunque di condizionamento psicologico e l’obiettivo è quello di manipolare le opinioni e le abitudini delle persone, iniziando a eliminare la capacità di pensiero critico e indipendente nei bambini e deprivandoli della loro volontà personale.

LA NUOVA PSICOLOGIA

Grazie al suo contributo teorico e sperimentale, WILHELM WUNDT è considerato il padre fondatore della psicologia moderna. Per il noto psicologo e filosofo tedesco una cosa aveva senso solo se poteva essere misurata, quantificata, scientificamente dimostrata. Siccome era impossibile farlo con l’anima umana, la psicologia che egli proponeva era di natura fisiologica piuttosto che filosofica. Convinto che l’essere umano è semplicemente il risultato dell’ambiente e privo di autodeterminazione, Wundt sosteneva che l’uomo è solo un corpo e un cervello, che è la somma delle sue esperienze, e che può essere educato a rispondere in modo corretto attraverso determinati stimoli. Insomma, l’individuo è solo un meccanismo stimolo-risposta.

A quell’epoca la Germania era considerata il centro della civiltà scientifica e vantava un grande progresso a livello tecnologico. Il laboratorio di Wundt in Lipsia e i suoi esperimenti diventarono famosi a livello internazionale e furono molte le persone che si recarono da lui per formarsi in questa sua nuova psicologia. Le tesi di Wundt hanno posto le basi per i principi del condizionamento poi sviluppati da Ivan Pavlov (che ha studiato in Lipsia nel 1884 presso il laboratorio di Carl Ludwig) e la psicologia comportamentale di B. F. SKINNER e JOHN WATSON, per la terapia elettroconvulsiva (elettroshock), per interventi di psicochirurgia come la leucotomia, per una scuola orientata più verso il conformismo e la socializzazione che lo sviluppo dell’individualità e l’emergere di una società sempre più materialista.

Dal suo lavoro, il passo verso una successiva ridefinizione del significato di educazione fu davvero molto breve. È infatti interessante notare che originariamente il termine educazione significava attingere ai talenti innati e abilità dell’individuo, impartendo conoscenze come letteratura, lingue, ragionamento scientifico, storia, retorica, et cetera (The New Century Dictionary of the English Language, Appleton, Century, Crofts: New York, 1927), ma siccome la nuova psicologia professava che i bambini sono come delle lavagne vuote e possono essere svuotati, denaturati, ricostruiti in modo più accomodate, l’educazione divenne il processo di esporre gli allievi a esperienze significative in modo da garantire le reazioni desiderate.

L’importanza che le teorie di Wundt hanno avuto sul condizionamento dei giovani si rispecchia nell’estratto di un articolo di Dennis L. Cuddy intitolato The Conditioning of America (The Christian News, New Haven, Mo., December 11, 1989): “Il condizionamento della società americana iniziò con John Dewey, psicologo e militante della società fabiana, considerato il “padre dell’educazione progressista”. Dewey usò la psicologia sviluppata da Wilhelm Wundt, ed era fermamente convinto che attraverso un approccio stimolo-risposta (in perfetto stile Pavloviano) gli studenti avrebbero potuto essere condizionati per un nuovo ordine sociale.”

Le persone sono dunque considerate come delle macchine, degli automi senz’anima che possono essere programmati attraverso la scuola obbligatoria. Queste nuove tecniche sono state implementate con il fine di gestire la popolazione e controllare in modo sistematico e deliberato le persone in virtù di scopi predeterminati.

IL PROBLEMA DELLA SOVRAPPRODUZIONE

La transizione da un’economia basata sull’imprenditorialità, l’individuo, l’amore per la libertà a un’economia di massa e al capitalismo industriale iniziò dopo la fine della guerra civile. Dal 1890 al 1930 un grosso problema che assillava i produttori era quello della sovrapproduzione. Si trattava di un vero e proprio demone. La domanda era in calo e verso la fine degli anni Venti molta merce era rimasta invenduta.

La preoccupazione principale era quella di giungere al punto in cui le persone non avrebbero più avuto bisogno di comperare i beni prodotti. A tal riguardo, va anche preso in considerazione il fatto che in America non erano tutti ricchi. Coloro che potevano permettersi di comperare un’automobile o un refrigeratore et cetera lo avevano già fatto e approssimativamente il 60% della popolazione non poteva permetterselo. L’offerta era maggiore della domanda, anche per il semplice fatto che la maggior parte dei prodotti erano venduti sulle basi della loro funzionalità e acquistati in base alle necessità.

Produrre più beni di quelli che venivano acquistati comportava una caduta dei prezzi, che potevano scendere anche al di sotto dei costi di produzione e se non vi era una garanzia di un ritorno sull’investimento… perché investire in primo luogo? La mentalità imprenditoriale degli yankees doveva dunque essere soppressa per poter giustificare gli immensi investimenti che la produzione di massa richiedeva.

Lo spettro della sovrapproduzione poteva essere eliminato solo attraverso una massiccia campagna psicologica. Le corporations sapevano esattamente cosa avrebbero dovuto fare: trasformare il modo in cui la maggior parte della popolazione pensava ai prodotti. PAUL MAZUR, ai tempi banchiere della Lehman Brothers, fu molto chiaro in tal senso: "Dobbiamo cambiare l'America da essere una cultura dei bisogni, ad essere una cultura dei desideri. Bisogna insegnare alla gente a volere cose nuove, anche prima che le cose vecchie siano state consumate del tutto. Dobbiamo formare una nuova mentalità in America. I desideri dell'uomo devono mettere in ombra le sue necessità.” Insomma, era fondamentale trasformare l’America da una cultura dei bisogni e delle necessità, ad una cultura del desiderio orchestrata dal marketing e dalla propaganda. Un concetto poi dilagato a macchia d’olio in quasi tutto il pianeta.

EDWARD L. BERNAYS diventò famoso per questo. Il padrino della propaganda moderna era il nipote di SIGMUND FREUD, e influenzato dalle teorie di suo zio era convinto che le masse sono governate da forze inconsce, irrazionali e primitive. Utilizzando le scoperte dello psicoanalista austriaco e combinandole a quelle sulla psicologia delle folle di GUSTAVE LE BON e WILFRED TROTTER, Bernays ideò delle potenti tecniche di persuasione per manipolare le opinioni e le abitudini delle masse.

È anche interessante notare che queste tecniche sono state applicate per il controllo sociale. Infatti, Freud aveva dipinto un quadro pessimista della natura umana. Sosteneva che le persone non devono manifestarsi per ciò che sono, in quanto vi sono delle pericolose forze latenti sotto la superficie della società moderna. Riferendosi a quando successo in Germania e in Russia aveva timore che queste forze potevano irrompere e creare folle inferocite che potevano addirittura distruggere i governi. Bisognava dunque tenerle sotto controllo. Per l’élite questo pensiero è sempre stato fonte di preoccupazione, e molte persone pensavano che il principio stesso di democrazia era sbagliato in quanto non si poteva avere fiducia nel fatto che le persone prendessero delle decisioni su base razionale.

L’influente politico e giornalista WALTER LIPPMANN sosteneva che se le persone erano guidate da forze irrazionali e inconsce bisognava ripensare la democrazia. Nel 1922 affermò che la vecchia idea di democrazia era una follia. Quel che serviva era una nuova élite che potesse governare la grande maggioranza della popolazione, che lui definiva “branco selvaggio”. Ciò sarebbe stato possibile utilizzando delle tecniche di persuasione che avrebbero tenuto sotto controllo i sentimenti inconsci delle persone.

In quegli anni furono pubblicati Crystallizing public opinion (1923) e Propaganda (1928) di Bernays. Egli sosteneva che l’elemento fondamentale della democrazia è quello di manipolare, con intento, le abitudini e le opinioni delle masse e in questi libri spiegava come fare. Considerava la essere il braccio esecutivo di quello che definiva come governo invisibile. Scrisse: “La manipolazione consapevole e intelligente, delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica, coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese. Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare.”

EDUCAZIONE INDUSTRIALE

La produzione di massa richiedeva un consumo di massa, ma agli inizi del XX secolo gli americani acquistavano in base alle necessità e non erano inclini a comperare ciò di cui non avevano bisogno. La scuola obbligatoria è stata una manna dal cielo. Non c’era bisogno di addestrare i bambini in modo che diventassero degli ottimi consumatori, era molto meglio incoraggiarli a non pensare proprio. E questo facile bersaglio (ci sono due categorie di persone che possono sempre essere convinte ad acquistare di più: chi è dipendente da qualche cosa e i bambini). fu alla base di un’altra grande invenzione di quei tempi: il marketing.

Nel 1948, in Science and the moral life MAX OTTO scrisse del grande coinvolgimento del business dietro le quinte del sistema scolastico. Parlò di una grande rivoluzione che avvenne sotto il naso di tutti: di una produzione di massa che non poteva essere limitata a soddisfare la domanda ma invece impose l’offerta sui desideri umani. In buona sostanza, era questa nuova realtà che spiegava la manipolazione commerciale della scuola. Stando al pensiero di Otto, era naturale che l’uomo d’affari dovesse cercare di influenzare lo stato delle cose attraverso il controllo dell’educazione scolastica. Si trattava dunque di educare i bambini all’obbedienza e non più a essere responsabili per il loro apprendimento.

L’intenzione della scuola è dunque cambiata dall’insegnare l’alfabetizzazione di base a modellare l’identità sociale. La riforma era la modifica del comportamento. Il target? Fondamentalmente, l’individuo. L’allievo, e se per questo anche l’impiegato, non dovevano più essere liberi, indipendenti e auto-determinati. Nella classe non si sarebbe più prodotta la conoscenza, ma sarebbe stata solo ed esclusivamente consumata. Lo sviluppo di nuove idee non sarebbe stato incoraggiato. L’obiettivo era quello di rimpiazzare uno stile di vita indipendente e una mentalità imprenditoriale con l’idea di cercarsi un lavoro da impiegato.

Si può anche dire che si trattava di un concetto puramente economico dalle molte sfaccettature. I bambini dovevano andare a scuola, e il fatto che i bambini si impegnassero in attività o lavori produttivi non era visto di buon occhio. Non semplicemente per delle motivazioni che riguardano lo sfruttamento infantile, ma piuttosto perché la produzione doveva essere nelle mani di pochi: i bambini avrebbero dovuto consumare, non produrre; essere passivi, non attivi.

La scuola era una soluzione perfetta e la pedagogia di allora un veicolo ottimale per impiantare abitudini e atteggiamenti per raggiungere il fine desiderato. Il lungo periodo di reclusione avrebbe soffocato gli interessi dell’individuo. La vita interiore e l’immaginazione del bambino sarebbe stata letteralmente paralizzata da infiniti esercizi di memorizzazione, continue prove (test), e condizionamento attraverso il sistema delle punizioni e delle ricompense. La forte inclinazione verso la competizione con gli altri, le continue interruzioni (è importante che anche il tempo di veglia non sia continuamente interrotto, e non solo il sonno. A scuola invece il tempo è scandito dalla campanella e le interruzioni sono ovunque), la noia e lo stress contribuiscono a stimolare il consumo e le dipendenze.

Ufficialmente, lo scopo della scuola pubblica, promossa con fervore per tutto il XIX secolo, era trasformare l’individuo in 1) una brava persona, 2) un bravo cittadino, 3) e far sì che ognuno potesse realizzare la miglior versione di sé…

L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO (E DELLA SCUOLA)

Nel corso dei secoli, il business è fiorito dai semi dello sfruttamento, trattando altri esseri umani alla stregua di manodopera con uno status scarsamente superiore a quello del bestiame. Agli inizi del Novecento, e nell’ottica di un miglioramento nell’efficienza della produzione, l’ingegnere e imprenditore statunitense FREDERICK TAYLOR estese questa “de-umanizzazione” in modo tale da includere anche i dirigenti aziendali. Nel 1956, quando fu pubblicato il libro The Organization Man (considerato uno fra i più influenti libri della storia del Management), la trasformazione degli Executive aziendali in bestiame aveva raggiunto il suo apice. Questi uomini non erano semplicemente alle dipendenze del business. Gli appartenevano.

Taylor riteneva di poter ovviare all’inefficacia, non attraverso la ricerca di talenti, bensì attraverso un nuovo e miglior sistema: l’organizzazione scientifica del lavoro. La sua tesi consisteva nell’individuare e applicare un unico miglior modo per effettuare qualsiasi tipo di operazione a livello produttivo, per massimizzarne l’efficienza. Ciò veniva fatto attraverso minuziose ricerche e analisi, attraverso delle periodiche valutazioni bio-psichiche, attraverso lo studio dei movimenti e molto altro ancora. Come nel caso dell’educazione, le sue teorie furono subito acclamate dagli industriali e adottate nei loro impianti, come ad esempio le catene di montaggio.

Il concetto basilare di quel che oggi conosciamo come Taylorismo era molto semplice: mettere il sistema davanti all’uomo. Se studiamo con attenzione gli avvenimenti dello scorso secolo, comprendiamo che ciò che rendeva la forza lavoro molto produttiva era appunto il sistema. Che si trattasse di Total Quality Management (TQM), Taylorismo o Fordismo, fu il sistema a fare da perno ed essere il pilastro fondamentale dell’economia del XX secolo, consentendo al lavoratore di operare in modo efficace e produttivo, senza particolari specializzazioni o qualifiche.

L’idea di applicare la scienza del management industriale alla leadership scolastica fu di ELWOOD B. CUBBERLEY, allora a capo del dipartimento dell’educazione a Stanford. Il vecchio curriculum sarebbe stato messo da parte e sostituito; la scuola sarebbe stata riorganizzata secondo le istruzioni di una nuova psicologia proveniente dall’estero. Vi è un chiaro riferimento alle nuove pratiche sviluppate in Europa (psicologia sperimentale di Wundt e pedagogia tedesca, in generale) per cui i bambini sono considerati delle complesse macchine capaci di infinite regolazioni e alla possibilità di convertire la popolazione in un proletariato industriale attraverso il sistema educativo, come già avvenuto in Inghilterra, Francia, Germania.

Il suo lavoro contribuì largamente a instaurare il modello di fabbrica “one-size-fits-all”. Riteneva che sarebbe stato necessario estendere l’infanzia e deprivare i bambini della formazione di cui beneficiavano in villaggi e fattorie. Nella sua tesi, nel 1905 scrisse che “le scuole sono, in un certo senso, delle fabbriche in cui i prodotti grezzi (i bambini) vengono modellati in prodotti per soddisfare le varie esigenze della vita. Le specifiche per la produzione derivano della esigenze della civiltà del XX secolo, ed è compito della scuola costruire i propri allievi secondo le specifiche stabilite.” In questo caso, solo un sistema di scuole controllate dallo stato poteva essere totalmente libero di insegnare qualsiasi cosa il benessere dello stato potesse richiedere. L’idea di fondo era quella di monopolizzare l’educazione in modo tale da modellare i bambini a proprio piacimento.

Attraverso nuovi metodi (science of education management) si trattava dunque di trasformare gradualmente un sistema scolastico di livello in un sistema il cui scopo era quello di trasformare i bambini in risorse umane conformi alle necessità del business, pronte per essere utilizzate dal governo e dall’industria per i propri scopi: nella scuola che conosciamo oggi.

I BAMBINI VANNO ALIENATI DA SE STESSI

Secondo il primo commissario americano per l’educazione WILLIAM T. HARRIS, “Le scuole sono state progettate scientificamente per impedire un’educazione eccessiva. L’americano medio avrebbe dovuto essere contento del suo umile ruolo nella vita, poiché non tentato a pensare a nessun altro ruolo”. Egli sosteneva che in ogni nazione civile il 99% delle persone sono degli automi, attenti a camminare su percorsi prestabiliti e seguire i dettami della società, e che questo era il risultato dell’educazione.

Secondo Harris, l’obiettivo principale della scuola è quello di alienare l’individuo da se stesso e di assoggettare l’individuo a favore del collettivismo. L’identità individuale deve dunque fondersi con quella del gruppo (anche per questo motivo i bambini sono messi in categorie: bianco/africano/afro-americano/ispanico; dotato/mediocre; ricco/povero; et cetera. L’obiettivo è quello della de-individuazione, di de-personalizzare l’individuo, che viene così deprivato della propria unicità e umanità (e poi, la massa, come si sa è più facilmente manipolabile). Il concetto di estraniazione (Entfremdung) delle persone dalla loro vera natura, dalla loro essenza (Gattungswesen) è anche considerato come la conseguenza di vivere in una società stratificata in classi sociali (una condizione che alinea l’individuo dalla sua umanità) e riporta al pensiero di Hegel e Marx. La mancanza di autostima, di uno scopo e del significato della vita, è la conseguenza di essere stati obbligati a vivere una vita senza opportunità di auto-realizzazione, di realizzazione personale.

L’idea di base è quella di disconnettere le persone da se stesse nell’interesse dello stato e della corporate security. Lo strumento psicologico dell’alienazione riporta anche al pensiero di Hegel, Kant, Fichte e viene considerato come la formula segreta del successo per la produzione di massa. L’individuo viene letteralmente trasformato in un ingranaggio del sistema, della macchina. Alienati da se stessi, i bambini sarebbero stati deprivati del loro potere personale. Disconnessi anche dalle loro famiglie, dalla religione e dalla cultura non ci sarebbe stata nessuna forza esterna che avrebbe potuto interferire o suggerire un percorso alternativo alla volontà politica dello stato. Inoltre, questo serviva per fare un lavoro di per sé alienante: una vita interiore impoverita. Una realtà da cui fuggire con alcol, droga, pornografia, ludopatia o qualsiasi altra dipendenza o comportamento deviato. Harris credeva che la scuola avrebbe dovuto preparare la persona ordinaria ad una vita di alienazione. Si assiste dunque a una trasformazione radicale da un luogo di modeste ambizioni incentrato attorno alla lettura, la scrittura, la matematica ad un vero e proprio laboratorio sperimentale di modifica/addestramento del comportamento. L’auto-alienazione era l’ingrediente segreto del successo di una società industriale. Radicalmente disconnesse da se stessi e dagli altri, le persone sarebbero avuto la capacità di (letteralmente) “ritirarsi” dalla vita.

Storicamente, è interessante notare che praticamente tutti i grandi filosofi e pensatori hanno affermato che la conoscenza di se stessi è alla base di ogni cosa. Marco Aurelio sosteneva che senza la conoscenza di se stessi un uomo non può nemmeno considerarsi un essere umano. Peculiare che il primo commissario all’educazione dica invece che lo scopo della scuola debba essere l’alienazione dei bambini da se stessi.

Da ciò traspare chiaramente che Harris riteneva che i bambini fossero una proprietà dello stato e che volesse assoggettare l’individuo al servizio del collettivismo. Coloro che lo difendono sostengono invece che essendo egli stato un devoto Cristiano, era piuttosto preoccupato dello sviluppo della moralità e della disciplina nell’individuo e riteneva che questi valori potessero essere sistematicamente instillati nella persona, promuovendo così obiettivi comuni e cooperazione sociale, con un forte senso del rispetto e responsabilità nei confronti della società.

Harris disse anche che “il grande scopo della scuola poteva essere realizzato meglio in luoghi bui, senz’aria, brutti.” Siccome il fine era l’alienazione dell’individuo e far sì che lo studente non avesse più fiducia in se stesso, che rifiutasse gli insegnamenti dei genitori, della chiesa, delle tradizioni, sarebbe stato meglio che l’istruzione avvenisse in questo genere di luoghi, invece che dei bei posti. Questa era anche una buona ragione per negare l’insegnamento delle arti, che potevano risvegliare la sensibilità estetica alla bellezza (va anche detto che la scuola è uno dei modi più efficaci per precludere lo sviluppo dell’immaginazione mai concepito).

PS. Sul vero scopo della scuola si è espresso anche il giornalista e saggista statunitense HENRY LOUIS MENCKEN, considerato uno dei più influenti scrittori della prima metà del XX secolo. Nel 1924, in American Mercury scrisse: “Riempire i giovani di conoscenza e risvegliare la loro intelligenza… Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. L’obiettivo… è semplicemente quello di ridurre quante più persone possibili allo stesso livello, allevare e formare una cittadinanza standardizzata, con lo scopo di reprimere qualsiasi dissenso e originalità. Questo è il suo obiettivo negli Stati Uniti… e questo è il suo obiettivo ovunque.”

SELEZIONE ARTIFICIALE (“ALLEVAMENTO” SELETTIVO)

La selezione artificiale è un concetto introdotto da CHARLES DARWIN. Nel suo più ampio lavoro sulla selezione naturale, aveva notato che molti animali domestici e piante avevano delle proprietà che si erano sviluppate attraverso un processo di selezione intenzionale. La riproduzione era incoraggiata con individui che mostravano delle caratteristiche desiderabili, scoraggiata quando le caratteristiche desiderabili non lo erano.

Darwin era molto benestante. Le sue idee erano contrastate da ALFRED RUSSEL WALLACE che non faceva parte del circolo dei ricchi. Il primo sosteneva che l’evoluzione biologica avviene attraverso una competizione sfrenata che nel corso del tempo elimina il debole dall’avere successo nella riproduzione. Il secondo era invece convinto che erano l’adattamento e la cooperazione fra esseri umani a essere importante. La classe manageriale dell’epoca aveva però ovviamente degli interessi nel seguire le idee di Darwin. La competizione era essenziale, altrimenti avrebbero rischiato di perdere i propri privilegi.

Un sistema di produzione di massa altamente centralizzato non può funzionare se non si spinge l’individuo a conformarsi alla massa e questa conversione deve iniziare al più presto: elementari, asilo, nido. L’idea di base è sempre quella di miniare la coscienza individuale attraverso la formazione di abitudini, il dirottamento dell’attenzione, l’obbedienza all’autorità. Non va inoltre dimenticato che il punto di forza dell’élite è nell’atomizzazione e la disunità della massa. Fondamentalmente, è su questo principio che si basa l’elitismo (in totale contrapposizione al pluralismo): una piccola e colta élite organizzata deve essere a capo di una massa considerata incapace di autogovernarsi. Il concetto di élite, dal latino eligere significa scegliere. Da un lato, i migliori talenti devono essere individuati e coltivati in modo tale da derubare le masse di un’eventuale futura leadership. Dall’altro, il passo all’eugenetica è davvero molto breve.

Il termine eugenetica indica un’insieme di teorie/pratiche che hanno come obiettivo quello di migliorare la qualità genetica della popolazione. Sir FRANCIS GALTON ha utilizzato per primo questo termine verso la fine dell’Ottocento. Il movimento eugenetico è stato poi reso popolare dal progressismo negli Stati Uniti negli anni ’20 e ’30 e negativamente associato alla Germania Nazista (che, va ricordato, fu ispirata dai programmi USA di sterilizzazione forzata, con riferimento particolare alle leggi che erano state varate in California).

Agli inizi della sua carriera, Galton si occupava di esplorazione, scrittura, geografia e meteorologia. Poi, pare che dopo aver letto L’origine delle specie per selezione naturale di suo cugino Charles Darwin si convinse che l’umanità poteva essere migliorata attraverso la selezione artificiale. Il tema della selezione controllata inizia dunque a interagire in modo complesso con l’ideale prussiano di una società governata dagli esperti fedeli allo stato. Nasce così una visione della vita Darwiniana e la scuola — amministrata da un’esercito di burocrati e stratificata in gerarchie pedagogiche secondo il concetto: divide et impera — diventa uno strumento fondamentale di questo processo.

Lo psicologo statuinitntese EDWARD LEE THORNDIKE disse chiaramente che la scuola avrebbe stabilito le condizioni per la selezioni artificiale prima che le masse potessero in qualche modo avere il sopravvento. Egli credeva che le classi sociali erano il risultato di differenze per quanto riguarda l’intelligenza ereditata. Nel suo laboratorio studiava il comportamento degli animali facendo esperimenti sui ratti, e si convinse che gli stessi principi potevano essere applicati con i bambini. Come Wundt, Thorndike pensava che l’uomo è un animale e che le sue azioni sono sempre delle reazioni a degli stimoli. Mettendo i bambini sullo stesso piano dei ratti, scimmie e polli su cui faceva i suoi esperimenti era pronto ad applicare le sue conoscenze in aula.

Dal suo libro, The principles of teaching based on psychology, la sua definizione di educazione è “L’arte di dare e trattenere gli stimoli con il risultato di produrre o prevenire certe risposte” (gli stimoli sono intesi come qualsiasi evento che può influenzare una persona, come una parola, uno sguardo, una frase da leggere, l’aria che respira; mentre il termine risposta è utilizzato per qualsiasi reazione: un nuovo pensiero, un feeling, un gesto o qualsiasi condizione fisica/mentale che deriva dallo stimolo). Era convinto che lo scopo del docente, sosteneva, è quello di produrre i cambiamenti desiderati e prevenire quelli indesiderati negli esseri umani e che la scuola doveva imporsi sulla natura. A differenza di molti suoi colleghi di quell’epoca, Thorndike era un sostenitore dell’eugenetica e credeva che “L’allevamento selettivo poteva alterare la capacità dell’uomo di apprendere , di rimanere sano di mente, di amare la giustizia o di essere felice. Non esiste un modo più certo ed economico per migliorare l’ambiente dell’uomo che migliorare la sua natura.”

Le scuole avrebbero avuto un ruolo molto importante nella realizzazione di una società dove gli studenti sarebbero stati scientificamente selezionati e educati per assumere il proprio ruolo nell’organismo sociale. Si trattava di formare un certo sistema di credenze, convincendo le persone che la loro posizione sociale rifletteva il proprio merito (e la conseguenza evolutiva di uno svantaggio genetico). Il misuramento dell’intelligenza diventa dunque metodo per convincere le persone del loro valore. Come scrive Clarence J. Karier in Shaping the american educational state, “Forse non esiste uno stabilizzatore di classe sociale all’interno di un sistema di classi sociali gerarchicamente ordinate che la credenza delle classi inferiori che il loro posto nella vita non è in realtà arbitrario, determinato da ricchezza e status, ma una conseguenza del proprio merito” (metaforicamente, un po’ come ha scritto Silvano Agosti: “Sei andato a scuola e ti hanno detto — Siedi al tuo posto, e già lì hai smesso di credere che il tuo posto sia dappertutto").

HENRY HERBERT GODDARD, psicologo e fervido sostenitore dell’uso dei test per miruare il QI paragonava la scuola alla perfetta organizzazione dell’alveare. Egli credeva che i test standardizzati erano un modo per provare l’inferiorità biologica di intere classi sociali, razze, gruppi etnici. Goddard coniò il termine “moron” (menomato psichico), fu Membro dell’Ohio Committee on the Sterilization of the Feeble Minded e il primo tradurre e portare il test di Binet (Alfred, psicologo francese che nel 1905 propose assieme a Theodore Simon il primo test psicologico per la valutazione dello sviluppo dell’intelligenza) in America (pubblicando la sua versione nel 1908: The Binet and Simon Tests of Intellectual Capacity), che si diffuse molto rapidamente.

Anche Goddard era a favore dell’eugenetica e sosteneva che la società avrebbe dovuto impedire alle persone considerate “feebleminded” di avere dei bambini, attraverso l’isolamento istituzionale o la sterilizzazione. A differenza di Galton, che promuoveva la selezione artificiale per i tratti positivi, Goddard seguì la linea del movimento eugenetico americano per cui bisognava eliminare quelli negativi (questi test standardizzati furono presto sfruttati dai fautori dell’eugenetica per sostenere tesi razziste e nel corso del XX secolo furono prese di mira minoranze etniche e fasce povere della popolazione; e furono utilizzati per supportare programmi e leggi di sterilizzazione forzata (Il Virginia Sterilization Act del 1924 influenzò largamente lo sviluppo dell’eugenetica del ventesimo secolo. Nel nel 1927, nel noto caso Buck v Bell, la Corte Suprema degli USA stabilì che i deboli di mente potevano essere sterilizzati “per la protezione e la salute dello stato” e l’effetto fu quello di legittimare le leggi di sterilizzazione eugenetica. Queste leggi hanno poi condotto 65’000 persone a una sterilizzazione coatta sulla base anche del quoziente intellettivo. Nel 1926, HARRY H. LAUGHLIN pubblicò The eugenical sterilization of the feeble-minded proponendo un modello che venne poi utilizzato dai nazisti per per varare delle leggi simili a prevenzione di difetti ereditari).

Goddard si poneva anche delle domande sulla democrazia. Infatti, stando ai test era come il quoziente dell’americano medio era pari a quella di un ragazzino di tredici anni. In Human efficiency and levels of intelligence pose il quesito: come poteva esserci una democrazia se la mentalità era quella di un tredicenne? La soluzione, anche per il noto eugenista, era quella che una piccola e colta élite governasse su tutti. Una sorta di meritocrazia basata su una forma di governo aristocratica (che secondo l’etimologia greca del termine dovrebbero essere i migliori) dell’intelligenza sarebbe stata la soluzione perfetta per la sua visione di democrazia.

Per questo, disse, era necessario fabbricare la fiducia negli esperti. Le masse dovevano aver fiducia nel fatto che avrebbero eletto i migliori, i più intelligenti, e dovevano essere educate non a pensare ma a conformarsi al pensiero comune. In questa società il ruolo della scuola diventa dunque quello di selezionare gli individui per il loro posto all’interno di questa meritocrazia e preparare adeguatamente gli studenti per vivere in una società governata in questo modo, sulle basi di merito e intelligenza. Al tempo era naturale che le classi sociali inferiori venissero indirizzate verso la formazione professionale, mentre le classi più agiate al college (vedi Smith-Hughes Act, 1917). Questo rafforzava ulteriormente le disuguaglianze economiche e sociali (che venivano considerate uno svantaggio genetico).

La scuola era dunque impostata in modo tale da servire gli interessi dell’industria, selezionando gli studenti per rispondere ai suoi bisogni. Alcuni avrebbero ricevuto una formazione intellettuale, altri no. I test vennero utilizzati per rifiutare l’accesso delle persone non facenti parte dell’élite alle istituzioni, principalmente alla formazione superiore (secondo i critici, i test utilizzati oggi non sono poi così differenti dall’Army Alpha/Beta Test che risale alla prima guerra mondiale).

In relazione a tutti questi aspetti, John T. Gatto paragona il sistema scolastico americano al Dangan cinese (registro pubblico dove sono archiviati dossier di tutti i cittadini e dove oggi viene implementato un sistema di crediti sociali per il controllo della popolazione). A tal riguardo, è interessante notare che poco tempo dopo la pubblicazione del suo libro Democracy and education, JOHN DEWEY viaggio per un paio d’anni in Cina e collaborò a un progetto di modernizzazione denominato “New thought tide” che aveva il fine di ricreare la civiltà (in fondo, come è stato sottolineato in The proper study of mankind, “la società poteva essere completamente trasformata nel giro di una quindicina d’anni, il tempo necessario per inculcare una nuova cultura nella testa dei giovani in crescita”). A detta di Gatto le riforme poi implementate negli Stati Uniti hanno letteralmente ucciso la fonetica e sono una della maggiori cause di analfabetismo nel paese (inoltre, qui è anche molto importante notare che una delle caratteristiche del controllo di classe è la suddivisione di una grammatica e di un vocabolario per la gente comune e per coloro che sono subordinati all’élite. Insomma, chi controlla la lingua controlla anche il sistema mentale). Profetiche e significative le parole di Dewey: “I bambini che sanno pensare con la propria testa rovinano l’armonia della società collettiva che sta arrivando, dove tutti saranno interdipendenti.”

Potremmo andare a vedere molti altri esempi, ma credo che quanto esposto in questo articolo possa offrire una panoramica generale di come sono andate le cose per quanto riguarda il sistema educativo moderno. La scuola non è stata creata per supportare l’individuo a sviluppare le sue potenzialità e realizzare se stesso, bensì per rispondere ai fabbisogni industriali dell’epoca. Il problema è che oggi l’economia è mutata radicalmente, mentre la scuola è la stessa di sempre e continua a perseguire uno scopo che non è per niente allineato con le richieste del mercato del presente. Invece che promuovere l’autonomia e la creatività questo sistema ostacola la crescita e sviluppo dell’individualità, dirotta l’individuo dal vero asse della sua vita, opera a favore del collettivismo ed è strutturato per creare lavoratori obbedienti.

TEMPO DI CAMBIARE, DI EVOLVERE

Sono passati 167 anni dall’istituzione ufficiale della scuola pubblica negli USA e il mondo è cambiato molto, ma la mentalità che governa il sistema scolastico e si cela dietro le quinte della pedagogia moderna è sempre la stessa che ha contraddistinto la storia umana dai tempi di Salomone: controllare le masse, mantenendole ignoranti.

Oggi è ancora comune pensare che senza scuola una persona non sia in grado di imparare nulla e che non impari a leggere e scrivere, ma in realtà la critica più aspra è che i bambini nelle scuole sono a rischio. Secondo Charlotte Iserbyt sono a rischio a livello accademico a causa di programmi basati sulle metodologie skinneriane (whole language, mastery learning, direct instruction, operant conditioning) che hanno creato una varietà di problemi dell’apprendimento e condotto alla sindrome da deficit dell’attenzione e alla somministrazione di potenti droghe (come il ritalin) a milioni di bambini. Oggi si continua infatti a portare avanti il pensiero di Pavlov, Thornkike, Skinner per cui l’uomo è un animale da addestrare ma i risultati non sono così soddisfacenti e moltissimi ragazzi che si diplomano sanno a malapena leggere, scrivere, fare semplici calcoli.

Stando a uno studio condotto dal Dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti, in America 32 milioni di adulti (1 su 7) non sanno leggere, e hanno difficoltà a comprendere qualcosa che sia più complicato di un libro per bambini (fonte). Nel corso degli anni, l’analfabetismo è peggiorato: nel 2003 il 14% degli adulti americani erano sotto la soglia base di alfabetizzazione, il 29% al livello base (fonte). Questo è ovviamente un grosso problema non solo per l’individuo, che denota un grosso handicap nel rapportarsi con la società moderna, ma anche per la società stessa in quanto la democrazia di un paese è intimamente relazionata all’educazione. D’altronde, per lanciare una provocazione, possiamo prendere in prestito le parole del pedagogista brasiliano e importante teorico dell’educzaione Paulo Freire: “Sarebbe estremamente ingenuo aspettarsi che le classi dominanti sviluppino un tipo di educazione che consenta alle classi subordinate di percepire criticamente le ingiustizie sociali.”

Di questi tempi le istituzioni si preoccupano dei drop out, dei ragazzi che abbandonano il sistema scolastico prima di diplomarsi, ma io credo che i problemi su cui portare lo sguardo siano ben altri. Ad oggi, molti fra educatori e docenti sono portati a credere che la scuola promuova la curiosità, la creatività, il pensiero critico e indipendente, l’auto-determinazione, ma niente è più lontano dalla verità. Per raggiungere questo fine bisognerebbe rispettare la volontà personale dei bambini, ma siccome il modello sui cui si basa il sistema educativo moderno è sostanzialmente il medesimo di quello stabilito da Francke, che prevede la soppressione e l’annientamento della loro volontà, ciò diventa letteralmente impossibile.

Inoltre, come ha affermato KEN ROBINSON, ci sono tre principi fondamentali della natura umana che dovrebbero essere presi in debita considerazione. Il primo è la nostra unicità. Ogni bambino è un individuo unico e irripetibile, e l’ideale è supportarlo a sviluppare i suoi doni e talenti e non omologarlo, renderlo conforme a uno standard predefinito come si cerca di fare attraverso delle riforme come “No child left behind” (o simili alla nostre latitudini). Il secondo, la curiosità. Il focus principale dovrebbe essere sull’apprendimento (sull’educazione vera e propria) e non sui test standardizzati. Tre, la creatività. L’essere umano non è una macchina e il sistema educativo non dovrebbe essere concepito come un processo industriale.

A questo, aggiungerei la vocazione e il fatto che i bambini sono biologicamente programmati per educare/realizzare se stessi. Ciò che noi dobbiamo fare è supportare i bambini a trovare un posto nel mondo alla loro specifica vocazione, offrendo loro le condizioni e opportunità di apprendere in base ai loro interessi. A tal riguardo, sono fermamente convinto che la soluzione sia l’auto-educazione, o auto-apprendimento. Come ha affermato il Professore di psicologia all’Università di Torino Gian Piero Quaglino, l’auto-apprendimento è più in sintonia con i processi naturali di sviluppo psicologico e più efficace proprio perché diretto da motivazione intrinseca, e quindi l’individuo è spinto a seguire i propri interessi e la propria vocazione, piuttosto che qualcos’altro che gli viene imposto da terzi. Così come imparano a parlare, i bambini possono imparare anche tutto il resto e diventare adulti realizzati e di successo (e poi, va anche detto il mondo sta cambiando davvero molto in fretta e nessuno può sapere esattamente quali conoscenze saranno più necessarie nel futuro, ed è dunque insensato cercare di insegnarle in anticipo. Oggi l’importante è innamorarsi dell’apprendimento, e imparare ad apprendere così bene da essere in grado di utilizzare questo skill per imparare tutto ciò che è necessario senza difficoltà).

L’esempio concreto di un’educazione di questo tipo ci viene offerto dalla Sudbury Valley School (SVS), un contesto democratico dove gli studenti apprendono solo attraverso attività auto-dirette, e dove centinaia di allievi sono diventati adulti di successo (e da tutte le scuole democratiche che si sono ispirate a questo modello). Interessante notare che la SVS è nata nel 1968, guarda caso, nel Massachusetts...

 

Referenze e letture consigliate:

  • Shaping the American Educational State, Clarence J. Karier
  • The American School: From the Puritans to the Trump Era, Joel Spring
  • The Deliberate Dumbing Down of America, Charlotte Iserbyt
  • The Underground History of American Education, John T. Gatto
  • Weapons of Mass Instruction, John T. Gatto

 

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l’estratto del libro su questo link).

Photo credit by Mak on unsplash

Iscriviti alla mia newsletter!

Subscribe to receive strategies and tactics to level up your skills, Iscriviti per ricevere strategie e tattiche per migliorare le tue abilità.