Dare regole ai bambini, non limitarli

educazione genitorialità consapevole Jan 02, 2019

Sento spesso dire che ai bambini bisogna dare regole e limiti. Certamente d’accordo sul fatto che le regole ci vogliono, ma per quanto riguarda i limiti… credo che vi debbano essere dei limiti ai limiti!

Oggi vi è molta confusione per quanto riguarda l’educazione dei figli. Si parla di buonismo educativo, di permissivismo, e spesso si sente dire che i bambini che non sono educati in modo severo e autoritario crescono senza regole, e che diventano dei bulli, e che bisogna limitarli, e addirittura che bisogna metterli a confronto con delle frustrazioni intenzionalmente, per prepararli ad affrontare la vita et cetera.

La confusione è davvero tanta.

Innanzi tutto, è bene iniziare col dire che tutto questo non corrisponde esattamente al vero. Stando al quadro dipinto da taluni, sembra che ci troviamo di fronte a una generazione di viziati… ma la realtà è ben diversa. Infatti, è decisamente molto più probabile che un bambino venga represso inutilmente, sgridato, picchiato, maltrattato, o che si abusi di lui in qualche modo, piuttosto che gli si permetta davvero di fare ciò che gli pare.

I dati ufficiali dell’Unicef parlano molto chiaro: a livello globale tre bambini su quattro (fascia di età 2-4) anni, sono sottoposti regolarmente a una disciplina violenta. Altro che permissivismo! (alle nostre latitudini le cose non vanno meglio: in Italia, 70% dei bambini maltrattati in casa; in Svizzera, un bambino su due vittima di metodi educativi violenti).

Vi sono poi coloro che sostengono che i bambini di oggi non si sentono dire abbastanza no… ma in realtà, come ha sottolineato l’autore americano Simon Bailey, anche questa è una falsa credenza. A quanto pare, prima di compiere 17 anni, un ragazzo si sente dire no 150’000 volte e sì solo cinquemila!

E poi, non dimentichiamo che i ragazzi che si rendono protagonisti di episodi di bullismo e violenza non è perché non sono stati "educati"; ma proprio perché lo sono stati, molto spesso a suon di sberle.

La realtà dei fatti sembra essere esattamente il contrario di quel che si sente dire dai vari opinionisti da talk-show e dai nostalgici della verga.

Non è vero che i genitori non sanno più dire no (certo, di eccezioni ce ne possono anche essere) e che siamo diventati troppo permissivi; ma sembra invece che non siamo capaci a dire sì, e che abbiamo una gran paura di essere troppo permissivi!

A tal riguardo, ha scritto bene Alfie Kohn, nel suo libro Amarli senza se e senza ma: “(…) non è il permissivismo in sé, ma la paura di essere troppo permissivi a causare i problemi più gravi nella nostra cultura. Paura spesso alimentata dai manuali per genitori, come già dichiarava Thomas Gordon, che ‘Prima sbagliano imputando al permissivismo la colpa di tutti i mali; poi atterriscono i genitori facendo loro credere che l’unica soluzione per andare avanti è quella di esercitare una ferrea autorità — restando inflessibili, dettando regole da rispettare alla lettera, stabilendo limiti rigorosi, ricorrendo alle punizioni corporali ed esigendo obbedienza.”

Purtroppo, oggi molti dei cosiddetti esperti propongono delle analisi alquanto superficiali, quasi volessero fomentare i pregiudizi per deliziare la propria audience di riferimento, invece che essere di aiuto ai genitori per risolvere i problemi. E questo è davvero molto pericoloso, perché dando l’impressione che i giovani d’oggi siano fuori controllo, si cerca di giustificare e promuovere quei vecchi metodi educativi che oggi sappiamo essere altamente controproducenti e limitanti.

Vi è inoltre da tenere in considerazione la forte tendenza a considerare solo gli estremi. Da una parte l’educazione all’obbedienza, severa e autoritaria, e dall’altra il permissivismo lassista. Taluni credono infatti che i bambini che non vengono educati a suon di ceffoni crescano senza regole, che siano viziati e che abbiano la vita facile. Si arriva dunque a pensare che è fondamentale imporre dei limiti, che è necessario “far sentire la propria autorità” e “far capire chi comanda”, che bisogna telecomandarne il comportamento e sottometterli al proprio volere.

Dei tre stili educativi individuati da Diana Baumrind pare che ci si soffermi sempre su quello autoritario, contraddistinto da severità e inflessibilità, contrapposto ad uno stile permissivo, dove i genitori si mostrano oltremodo indulgenti con i propri figli… senza minimamente tenere in considerazione delle alternative, come la terza opzione che riguarda l'autorevolezza (nota: nei suoi studi la psicologa americana aggiunse poi un quarto stile: incurante). Questo per dire che oggi è sin troppo comune parlare per luoghi comuni e stereotipi, limitandosi a parlare solo del bianco e del nero, senza andare un po’ più a fondo, come se altri colori non esistessero.

Inoltre, va anche ricordato che adottare uno stile educativo diverso da quello attraverso cui sono cresciuti i nostri nonni, i nostri genitori e molti di noi non significa essere sempre accondiscendenti e dire sempre sì. Se per questo, non significa neppure abbandonare i bambini a se stessi, come taluni credono.

In entrambe i casi ci troviamo di fronte a due facce della stessa medaglia, in quanto questi approcci non sono per niente rispettosi del bambino e delle sue necessità, e non rispondono adeguatamente ai suoi bisogni.

Ma dunque, se si prendono le distanze dal modello educativo autoritario, e da quel sistema di punizioni e ricompense che tutti conosciamo, vuol dire che le regole non ci devono essere? Vuol forse dire che tutto è dovuto, e concesso?

No di certo.

Le regole ci vogliono, eccome, ma devono essere ben chiare, comprese, integrate (non solo seguite per paura, per ricevere un premio o evitare delle spiacevoli conseguenze); ma fra lo stabilire delle regole e imporre dei limiti vi sono delle enormi differenze.

Nel primo caso, si parla di una “Norma dell'agire che prescrive il modo in cui comportarsi in determinate circostanze” (Repubblica), mentre nel secondo si tratta di recintare, circoscrivere.

Purtroppo, è risaputo che nella nostra società vi è una forte propensione a reprimere.

La società ha sempre cercato di annientare la volontà personale del bambino e la sua libera espressione, rendendolo passivo, impedendogli di realizzare il suo potenziale e trasformandolo in una vittima.

Lo sosteneva anche Freud: tutti i bambini vivono soggetti una morale/educazione repressiva e genitori repressivi.

Ingannati dalle vecchie teorie psicologiche continuiamo a reprimere i bambini dicendo che li stiamo “educando”, prosciugandoli della loro vitalità, annientando la loro volontà personale, soffocando la loro libera espressione e creatività, e rendendoli conformi ai nostri standard e alle nostre aspettative, e tutto questo a scapito della loro libertà personale e della loro autonomia!

Quel che sto cercando di dire è che dietro le quinte sembra esserci la tentazione di domare e addomesticare i bambini a proprio piacimento, sulle basi della propria convenienza. Si cerca di “far crescere”, invece che crescere insieme; di imporre, piuttosto che collaborare, e questo ha sempre a che vedere con il controllo.

Forse saranno cambiati i metodi, ma l’obbiettivo rimane sempre il controllo e fra tutto questo limitare, correggere, dirigere, plasmare et cetera, e tutti i consigli dei cosiddetti esperti, ci dimentichiamo di lasciarli liberi di essere ciò che sono, i bambini; di permettere loro di esistere.

Perché è proprio questo che facciamo imponendo il nostro mondo sui bambini.

I limiti hanno dei grossi limiti, e hanno sempre a che fare con un controllo eccessivo (a livello comportamentale e psicologico) che oggi sappiamo essere altamente condizionante e alla base di una varietà di problemi (nella lettura il controllo eccessivo è associato in modo consistente al disadattamento).

Insomma, ognuno di noi viene al mondo per realizzare il suo potenziale. Non per essere limitato. Ci vogliono delle regole, vero… ma perché limitare inutilmente come spesso accade?

Perché reprimere?

Un bambino ha bisogno di giocare, di sperimentare la vita… di saltare nelle pozze, di fare le sue esperienze! I genitori dovrebbero intervenire solo per supportarlo nel realizzare ciò che vuole (e per evitare che faccia male a sé stesso oppure ad altri), ma non continuando a interferire con la sua vita, condizionandolo e imponendogli una valanga di limiti.

Noi tutti siamo nati con un immenso potenziale creativo... con dei doni e talenti straordinari… con una incredibile capacità di imparare… ma proviamo a guardarci attorno… quanti di noi si sentono realizzati? Pochi, visto che 9 persone su 10 non trovano neppure un senso in ciò che fanno (State of the Global Workplace report 2013 e 2017); e il rimpianto più comune delle persone in punto di morte è quello di non aver avuto il coraggio di vivere la vita che veramente avrebbero voluto, ma di essere invece scesi a compromesso con le aspettative degli altri.

Questo perché il mondo ci è stato imposto, e invece di sviluppare la nostra individualità e realizzare noi stessi, abbiamo accolto le preoccupazioni, le paure, i tabù, i divieti e i limiti delle persone intorno a noi...

Abbiamo dovuto imparare a seguire non noi stessi ma qualcun altro... Come risultato, nessuno è chi sarebbe diventato se non fosse stato educato a vivere la volontà altrui come propria.

Come genitori, quel che abbiamo fare è dunque liberarci dai nostri condizionamenti, essere un prezioso esempio per i nostri figli, smettendola di interferire continuamente con la loro vita, reprimendoli e limitandoli inutilmente.

Alcuni principi guida dal libro di Kohn:

  • Siate riflessivi.
  • Rivedete le vostre richieste.
  • Tenete sempre presente gli obiettivi a lungo termine.
  • Mettete la relazione prima di tutto.
  • Cambiate modo di vedere, non solo modo di agire.
  • R I S P E T T O.
  • Siate autentici.
  • Parlate meno e chiedete di più.
  • Tenete presente l’età dei vostri figli.
  • Attribuite alle azioni dei vostri figli la migliore motivazione compatibile con i fatti.
  • Non dite ‘no’ anche quando non è necessario.
  • Non siate rigidi.
  • Non abbiate fretta.

"L’atteggiamento degli uomini verso i limiti e i confini è ciò che definisce la loro libertà." Haruki Murakami

 

 

La società moderna non insegna ai bambini a pensare... ma a cosa pensare! Il risultato lo si può vedere a occhio nudo. L'intento di questo libro è dunque quello di spiegare, in modo semplice e facilmente comprensibile i meccanismi del pensiero e condividere delle efficaci strategie e tecniche per poter utilizzare al meglio questo favoloso strumento; contribuendo così al percorso evolutivo del lettore verso la realizzazione del sogno che porta nel cuore: della propria immagine divina. È dedicato ai Millennials, ai bambini di ogni età… e ovviamente a tutti i genitori, che sono invitati a insegnare l'arte di pensare bene ai loro figli (leggi l'estratto del libro su questo link).

Photo by Maxime Bhm on unsplash

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