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leadership Aug 24, 2017

Ti dirò… un tempo anche io non vedevo l’ora che fosse venerdì.

Vivevo una vita artificiale.

Non facevo quel che volevo veramente.

Non facevo qualcosa che per me era significativo.

Non vivevo una vita ispirata, e non conducevo neppure una vita granché equilibrata.

Avendo sperimentato in prima persona dei periodi alquanto difficili, non posso far altro che abbracciare il pensiero di menti del calibro di Jung, Maslow, Dostoevskij nel dire che privati di un lavoro significativo veniamo deprivati anche della ragione di esistere.

Infatti, se non facciamo qualcosa che per noi è importante e significativo, anche la nostra vita presto o tardi perderà di significato; ed è proprio quel che è capitato anche a me in passato.

Inseguendo dei falsi obiettivi, mi sono lasciato risucchiare da quel sistema che considero altamente disfunzionale.

Al tempo ero infelice, insoddisfatto.

Ero tormentato interiormente e il lavoro che facevo era per me un vero e proprio fardello.

Come lo è per molti, se per questo...

Prova a guardarti attorno... secondo te la maggior parte delle persone che conosci ama ciò che fa? Mh. (stando alle ricerche condotte dalla società Gallup a livello planetario nove persone su dieci non trovano un senso in ciò che fanno, State of the Global Workplace report 2013 e 2017).

La cultura dominante ci fa però credere che vi sono dei traguardi da raggiungere a tutti i costi (come la ricchezza matierale e il potere sociale)... che così come siamo non andiamo bene... che dobbiamo seguire le sue regole e tradizioni... per diventare qualcuno.

Ci seduce a pensare che dobbiamo essere docili e obbedienti... che dobbiamo aspettare di essere scelti... che saremo finalmente liberi di fare ciò che vogliamo quando saremo in pensione, e che la vita si riduce alla formula: produrre, consumare... e morire!

Questa idea falsata della vita inizia già a corteggiarci in tenera età, a partire dalle scuole e dai nostri genitori, già succubi a loro volta di questo sistema di credenze.

Si tende dunque a soffocare la libera espressione dell’individuo attraverso un processo di inculturazione e massificazione, che risulta in quella che in psicologia viene comunemente definita con un termine ben preciso: deindividuazione.

Si impone.

Si livella, piuttosto che rispettare ogni individuo nella sua preziosa unicità. Così facendo, diventa impossibile cogliere i segnali della propria Chiamata e supportare lo sviluppo delle potenzialità di ognuno.

Il risultato è che viviamo in un mondo dove la maggior parte delle persone non occupa il suo spazio, mentre dovrebbe invece realizzare ciò che è.

A tal proposito, ha scritto molto bene lo psicoanalista austraco Otto Rank:

"L'individuo deve, cioè, divenire da sé quello che è, e non trasformarsi, come accade nell'educazione e nella terapia psicoanalitica, in un buon cittadino che accetta senza obiezioni l'ideale generale, deprivato di una propria volontà personale. Questo, infatti, è lo scopo dichiarato della cura pedagogica di Adler: livellare, pareggiare. Prinzhorn ha, dal canto suo,scoperto un intento analogo, sebbene non apertamente ammesso, in Freud: la psicoanalisi si presenta come rivoluzionaria, ma in realtà è conservatrice. Chi comprende anche solo minimamente la psicologia della volontà sa che un simile conservatorismo è il mezzo migliore per produrre rivoluzionari e uomini di volontà, che però sono spinti nella nevrosi non appena intendono far valere la propria volontà. L'individuo che soffre della repressione pedagogica, sociale e morale della volontà deve assolutamente imparare di nuovo a volere. L'uomo deve diventare quello che è, lo deve volere e realizzare da sé, senza costrizione o giustificazioni e senza il bisogno di addossare ad altri la responsabilità."

Per quanto riguarda la mia esperienza, la mia vita è cambiata quando ho finalmente iniziato a pormi delle serie domande su quel che stavo facendo, su chi ero e cosa volevo fare veramente, su cosa era veramente importante per me, e ho quindi deciso di inseguire le mie aspirazioni fondamentali e fare ciò per cui sono nato.

Lì ho capito che il punto fondamentale è proprio questo.

Ognuno di noi nasce per un’intenzione — per necessità di vocazione, ma il sistema che abbiamo creato, che abbiamo messo davanti all’uomo e che mette il profitto sopra ogni cosa, non si cura della vocazione e dell’atteggiamento interiore delle persone.

Assolutamente incurante, quel sistema che tutti conosciamo necessita solo delle batterie intercambiabili per far funzionare il carrozzone.

Oggi molti sono scontenti ma questo non è di per sé un male… anzi, ciò può essere considerato positivo e di buon auspicio, in quanto spinge le persone verso un cambiamento che altrimenti non avrebbero mai preso in considerazione.

Ricordati sempre che cambiare è possibile!

Ma non aspettarti che arrivi qualche leader impavido ed eroico a salvarti. Non saranno le masse o il potere a cambiare le cose... Hanno mai cambiato qualcosa nella storia umana (in positivo, intendo)?

La vera rivoluzione è su basi individuali.

Dunque... inizia col chiederti cosa è veramente importante per te. Non per tua mamma, per tuo papà, per la tua fidanzata, per il tuo fidanzato, per tua moglie, per tuo marito, per il tuo capo al lavoro o per la tua maestra di scuola. Per te!

Questo è il primo passo del cambiamento e di una vita intenzionale.

 
 
PS. I nostri schemi di comportamento non sono predeterminati e invariabili come la psicologia di un tempo ci spingeva a credere. Cambiando l'immagine che abbiamo di noi stessi, le nostre abitudini e il nostro modo di pensare e relazionarci con le nostre immagini mentali possiamo cambiare vita. Questo manuale spiega come
 
 
Photo by Ben White on unsplash

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