L'immaginazione è tutto e la psicologia è da rivedere

imagosintesi vita intenzionale Sep 15, 2019

Qualche mese fa sono andato dal medico per delle analisi. Si trattava di un medico generico nuovo, visto che il mio vecchio Doc. è andato in pensione qualche anno fa. Essendo un nuovo cliente (decisamente, preferisco questo termine a paziente, che implica in qualche modo la malattia), visitandomi la Dottoressa mi ha fatto le solite domande di rito: se bevo, fumo, eccetera. Quando le ho risposto che non bevo, non fumo, seguo una dieta vegana… mi ha guardato con un’espressione stupita e ha esclamato: “Un santo, praticamente!”

Mi ha fatto ridere.

Come le ho risposto, non sempre è stato così. In passato, la mia condotta non era granché equilibrata. Bevevo smoderatamente, fumavo tre pacchetti di sigarette al giorno, e la mia dieta non era per niente sana… non solo per quanto riguarda il nutrimento a livello fisico, ma soprattutto mentale.

Tutti i miei problemi e schemi di comportamento disfunzionali riconducevano infatti a una grande sofferenza interiore che in qualche modo cercavo di anestetizzare. Un vuoto che cercavo invano di riempire, nei modi più sbagliati.

Oggi posso dire che il mio periodo buio è concluso. Molti dei miei crucci esistenziali sono stati risolti, anche se sono consapevole del fatto che la crescita è un processo infinito, e proprio in questo periodo sto riesaminando degli aspetti di me stesso, muovendomi all’interno di un altro periodo di cambiamento e trasformazione, per allinearmi sempre più al mio ideale e realizzare ciò per cui sono al mondo.

In generale, tutto ciò riguarda non solo il mio lavoro ma una ricerca che è iniziata attraverso la mia stessa esperienza di vita, e che mi ha portato a comprendere che tutto è questa trasformazione, e rendermi conto che alla base di tutti i nostri problemi vi è una psicologia completamente da rivedere.

In relazione a ciò, uno dei più grossi problemi con cui siamo confrontati è che diamo tutto per scontato, e fatichiamo a mettere in discussione tutte quelle credenze del passato, che abbiamo ereditato e trasformato in dogma.

Dobbiamo essere sinceri, e ammetterlo: in tutti gli ambiti, dalla psicologia, alla pedagogia, all’educazione, eccetera siamo vittime delle teorie.

Teorie spesso sviluppate da… teorici.

Prendiamo la pedagogia, ad esempio. Gli ultimi tre secoli sono stati letteralmente dominati dalla cosiddetta pedagogia nera, che ancora oggi gode di una forte influenza in tutti gli ambienti. Molte persone si riferiscono alle teorie del passato con ossequioso e devoto rispetto, forse perché non sono a conoscenza del fatto che le prospettive educative sviluppate a partire dal XVIII secolo (considerato il secolo dell’educazione per eccellenza) dai loro acclamati beniamini dell’educazione sono in realtà state stilate da professionisti che avevano un’esperienza pratica decisamente molto scarsa con i bambini (ad esempio, pare che Rousseau abbia iniziato a sentenziare sull’educazione dopo appena un solo anno di precettorato).

Ad oggi, le cose non sono poi cambiate così tanto. Non solo una notevole mole di pubblicazioni continua a giustificare, promuovere, diffondere dei metodi educativi ormai arcaici (e teorie su teorie); ma capita spesso di sentire giovani psicologi e educatori che snocciolano consigli e suggerimenti su come educare i bambini, sulla base di vecchie teorie, senza avere alcuna pratica con dei bambini in carne ed ossa. Spesso, capita che non abbiano neppure figli, e l’unica cosa che fanno è ripetere delle nozioni che hanno appreso sui banchi di qualche scuola o università.

Teorie, per l’appunto.

A livello accademico, io ritengo che questo sia un grosso problema, Prendiamo ad esempio un novello psicologo che ha terminato con successo i suoi studi e iniziato la sua attività. Come può dare consigli sull’educazione di un bimbo se non è ancora diventato genitore, non ha mai lavorato con dei bambini e li ha studiati solo sui libri (scritti da chi di pratica con loro praticamente non ne aveva)? Non è forse assurdo tutto questo? Stesso discorso per gli educatori. In questi giorni, online ho appreso di alcune vicissitudini per quanto riguarda l’inserimento al nido dei bimbi… e francamente c’è da mettersi le mani nei capelli. Come poter riporre fiducia in persone che non hanno le più basilari nozioni per accudire concretamente un bambino piccolo (pur magari vantando qualche titolo di studio)?

Idem per altre tematiche. Insomma, come può uno specialista dare consigli e suggerimenti di qualsiasi altro genere se non ne ha mai avuta l’esperienza? Come può essere d’aiuto nel risolvere un problema che non conosce?

A suon di teorie?

Ora, passando dall'educazione alla psicologia, e con tutto il dovuto rispetto, anche se oggi pare vada di moda andare dallo psicologo, io sono dell’idea che se devo andare da uno strizzacervelli due volte alla settimana per vent’anni, e magari non aver neanche risolto il mio problema, non credo si possa dire che questo genere di terapia sia in qualche modo utile.

Al contrario, di fondo c’è qualcosa che non va.

Questo è un tema che mi riguarda molto da vicino, in quanto ha intimamente a che fare con il mio vissuto.

Sin da bambino sono sempre stato interessato alla psiche umana. A sei anni, le mie circostanze mi hanno portato a domandarmi perché le persone si comportano in un certo modo, e questa domanda mi ha spinto a ricercare in modo molto approfondito le motivazioni alla base del comportamento umano.

Crescendo, le limitazioni della mia infanzia si sono trasformate in seri condizionamenti e nella mia vita ho attraversato dei periodi bui come la pece. Avendo sviluppato una scarsa autostima, pensavo di non valere nulla, dei essere un incapace, che nella mia vita non avrei mai realizzato niente.

Credevo che i miei problemi erano dovuti a chissà quale scherzo del Destino. Consideravo la vita un vero e proprio schifo. Da ragazzo, cercavo di velare questo mio stato interiore, mostrando un volto sorridente, anche quando ero infelice e il tormento interiore mi dilaniava. Il dolore che provavo era sempre più forte, e talvolta mi sembrava mi squarciasse il petto. L’ansia, che talvolta si trasformava in angoscia, era come un cappio al collo molto stretto che mi impediva di respirare.

Nel tentativo di anestetizzare la mia sofferenza, fumavo, bevevo e facevo uso di altre sostanze poco salutari. Questo, ovviamente, non migliorò la mia situazione. Al contrario, questa mia condotta autolesionista mi spingeva sempre più verso l’estremo opposto dell’auto-realizzazione. Ero sulla sponda dell’auto-distruzione. Insomma, non ero messo granché bene.

Da sempre affascinato dai meccanismi della psiche, decisi di andare a consultare degli specialisti. Presi appuntamento con uno psichiatra, il quale in cinque minuti (esagerando, saranno stati due!) mi snocciolò la soluzione: antidepressivi!

Gentilmente, declinai l’offerta. Ero giovane, e forse sprovveduto, ma anche molto diffidente.

“Non sono mica matto! E poi sono fermamente contrario a questo genere di medicamenti!” pensai (anche se, ironia della sorte, qualche medicamento lo assumevo, anche se non propriamente legale. A tal proposito, come ho scritto nel mio libro Imagosintesi, qui ritengo doveroso aprire una parentesi e sottolineare che, a mio personale avviso, la differenza nelle controindicazioni può apparire molto fioca. Per citare uno sporadico esempio, non è un mistero che una delle tante controindicazioni degli anti-depressivi è che, paradossalmente, possono causare depressione... a tutt’oggi non sono favorevole agli psicofarmaci e credo fermamente che una società dove certi medicinali, pur legali che siano, vengono dispensati come fossero delle noccioline o dei preservativi dovrebbe porsi delle serie domande. Si tratta infatti di interrogarsi su un sistema perverso dove si ricorre ai medicamenti per qualsiasi cosa, e dove tutto sembra essere una patologia. In effetti, se andiamo a sfogliare l’ultima versione del DSM parrebbe che sia davvero così! Non dobbiamo però scordare che questo manuale, largamente utilizzato da medici, psichiatri e psicologi in tutto il mondo, non ha alcuna validità scientifica essendo, a quanto pare, il mero risultato delle opinioni di un gruppo di psichiatri facenti capo all’American Psychiatric Association. Oltre a ciò, non si può non notare che nel secolo scorso gli psicofarmaci hanno visto una strabiliante impennata nel loro utilizzo, e nelle vendite! Lo sporadico pensiero che può dunque aleggiare nella mente di taluni è che dietro le quinte di una visione scientifico-materialista che propone massicci interventi di tipo farmacologico vi siano dei grossi interessi. Non sarebbe infatti più opportuno educare le persone ad un’alimentazione corretta, a livello fisico e psichico, ad uno stile di vita più sano, ed una condotta consapevole piuttosto che vivere in una società oltremodo medicalizzata che si concentra solo sui sintomi — e raramente comprende la vera causa dei problemi — e dove troppi sono diventati delle farmacie ambulanti che non possono più fare a meno delle pillole per vivere? Non sarebbe più saggio educare all’arte del pensare, piuttosto che imporre un pensiero unico come l’Uomo cerca di fare da secoli?).

Presi dunque appuntamento con un’altra psichiatra. La trafila fu la stessa. Decisi dunque che la psichiatria non faceva per me e lasciai perdere, continuando a documentarmi da auto-didatta sui meccanismi della psiche.

Smisi di fare uso di sostanze in modo naturale, ma per quanto riguarda droghe legali come alcol e tabacco ho avuto qualche difficoltà in più. Non solo perché sono cresciuto in una cultura e ambiente che li promuove e ne normalizza l'utilizzo, ma soprattutto perché continuavo a viaggiare sul carrozzone della negatività.

Vivevo una vita artificiale. Facevo un lavoro che detestavo. Come molti, vivevo per il venerdì, e fuggivo negli eccessi. Senza neanche rendermene conto mi ero allontanato talmente da me stesso che la mia vita aveva perso di significato.

Mi rendevo conto di avere dei seri problemi e le mie circostanze non facevano che dimostrarmelo. Avevo bisogno di un supporto, e dunque mi rivolsi a uno psicologo che frequentai per un po’. Le simpatiche chiacchierate mi rincuoravano, ma non mi permettevano di comprendere la vera causa dei miei problemi, rimanendo sempre in superficie. Di base, il consiglio era quello di fare pace con il mio passato, e questo in qualche modo era per me già chiaro, ma qual era veramente la radice dei miei problemi? Di soluzioni concrete non ce n’erano.

E poi, francamente, come poteva una persona che non aveva vissuto le stesse cose sapere come io mi sentivo? No, non poteva capirmi (sicuramente, ci sono delle persone molto empatiche che svolgono la professione di psicologo e riescono a comprendere molto bene l'altro, qui sto parlando solo della mia esperienza personale).

Allora compresi che le risposte non le avrei trovate nella psicologia tradizionale. Tutte quelle teorie erano certamente interessanti ma la loro applicazione concreta lasciava alquanto a desiderare.

Fermamente deciso a cambiare la mia situazione, mi immersi ancor più nella mia ricerca, sperimentando e combinando le tecniche più efficaci di discipline come l’immaginazione attiva, la libera associazione, lo psicodramma, la neuro-semantica, la terapia della regressione, l’alchimia trasformata e le pratiche di liberazione spirituale di antiche popolazioni tribali.

Ho provato varie metodologie (talune molto valide, altre meno) e portato sempre più lo sguardo interiormente, rivolgendo la mia attenzione al mio sistema di credenze e sui filtri che offuscavano la mia visione del mondo. Mi sono impegnato con me stesso e mi sono immerso profondamente nell’esplorazione della mia vita interiore, identificando e portando alla coscienza i miei fantasmi e le mie ombre — rendendo consapevole il mio inconscio su molti aspetti di me che ignoravo.

Non sempre è stato facile.

Nel corso del tempo, ho sperimentato parecchi ostacoli che poi ho compreso essere delle lezioni da apprendere e integrare, per allinearmi sempre più a quel che volevo veramente — alla vocazione al centro della mia vita. Durante questo periodo di intensa trasformazione ho approfondito le mie conoscenze sulla psiche umana e grazie a questo, ho compreso che per essere davvero liberi è indispensabile de-programmarci, ritrovare la nostra integrità e tornare a essere fedeli a noi stessi (essenzialmente, è sulle basi di tutta questa trafila che ho ideato Imagosintesi, ed è così che ho cambiato modo di pensare, dieta, abitudini).

Questo è il nostro problema di fondo: i condizionamenti. Siamo venuti al mondo biologicamente programmati per educare e realizzare noi stessi, ma attraverso dei modelli educativi ormai obsoleti (e una psicologia tutta da rivedere) non ci viene permesso di essere e divenire ciò che siamo. Considerati come cera molle, veniamo gravemente condizionati da adulti e educatori che ritengono essere il loro compito quello di plasmarci e "farci crescere" secondo la loro concezione del mondo e della vita. In questo modo, veniamo educati a conformarci alle aspettative degli altri. La nostra volontà viene stroncata: dobbiamo imparare a seguire non noi stessi, ma qualcun altro. In altre parole, dobbiamo rinunciare a noi stessi e questo soffoca la nostra individualità, imprigionandoci in una personalità reattiva.

Come risultato, nessuno è chi sarebbe diventato se non fosse stato educato a vivere la volontà altrui come propria. E questo è disastroso. Infatti, come disse lo psicoanalista austriaco Otto Rank, per un sano sviluppo e per realizzare sé stesso: ”L’individuo deve divenire da sé quello che è, e non trasformarsi, come accade nell'educazione e nella terapia psicoanalitica, in un buon cittadino che accetta senza obiezioni l'ideale generale, deprivato di una propria volontà personale.”

La repressione pedagogica, sociale, morale della volontà è un grosso limite alla libera espressione e alla realizzazione personale. E non dimentichiamo che è proprio da qui che nascono molti problemi. Come sosteneva Abraham Maslow, psicopatologico è “Tutto ciò che disturba o impedisce l’auto-realizzazione” (lo psicologo statunitense era dell’idea che per psicoterapia si intendono i “mezzi che aiutano a ristabilire la persona sulla via dell'auto-realizzazione e dello sviluppo, lungo la linea indicata dalla natura interiore”).

Oggi è scientificamente dimostrato che la maggior parte dei nostri problemi trova la sua origine nel periodo prenatale e nella nostra infanzia, e io sono fermamente convinto che tutto abbia a che fare con ciò che impedisce il nostro naturale fiorire verso la nostra autonomia e indipendenza.

Il tema della realizzazione personale è sempre stato presente nella mia vita (essendo cresciuto credendo erroneamente che non avrei mai realizzato nulla), e su questo ho portato molta riflessione.

Di base, saranno anche molte le teorie ma in realtà ignoriamo moltissimo delle Leggi della Natura, della Creazione, del Pensiero… e come conseguenza abbiamo completamente dimenticato di essere noi il nostro progetto di vita. Il senso della vita è andato perduto a favore di una razionalità economica gravemente infetta da virus come l’egoismo e la sete di potere e dominio sugli altri.

In relazione a ciò, mi trovo perfettamente allineato al pensiero dello scrittore italiano Amedeo Rotondi: “Ciascuno ha nella vita qualche cosa di particolare da fare, che nessun altro all’infuori di lui può fare esattamente alla stessa maniera. Se ci si mette, all’inizio nel vero asse della propria vita, la si realizza armoniosamente. Se si resta a fianco del vero asse della propria vita, si vegeta in un comportamento deviato e in uno stato scorretto.”

Questo è il nocciolo della questione. Sin dalla culla, veniamo letteralmente dirottati dal vero asse della nostra vita. Ma, pur essendo consapevoli di questo, come possiamo risolvere i problemi di un’Umanità allo sbaraglio (oggi nove persone su dieci non trovano un senso in ciò che fanno, il rimpianto più comune delle persone in punto di morte è di non aver fatto ciò che volevano, e la depressione è la malattia più diffusa) se rimaniamo ancorati alle vecchie teorie del passato?

I primi psicologi erano convinti che l’essere umano è il risultato del suo ambiente e privo di autodeterminazione. Per Wilhelm Wundt, ad esempio, una cosa aveva senso solo se poteva essere misurata, quantificata, scientificamente dimostrata e visto che era impossibile farlo con l’anima umana, egli proponeva una psicologia di natura più fisiologica che psicologica. Come altri, era convinto che l’essere umano è solo un corpo e un cervello, che è la somma delle sue esperienze… che non è altro che un meccanismo stimolo-risposta.

La psicologia del secolo scorso è stata letteralmente dominata dalla psicologia comportamentale, basata sulle teorie di Wundt, Pavlov, Thorndike, Skinner, i quali consideravano l’uomo come un animale da addomesticare. Ancora oggi, per molti aspetti siamo fermi a questo punto. Sono moltissimi i manuali e libri sull’educazione che si basano su queste teorie, dove l’attenzione è solo sul comportamento (ciò che può essere visto e valutato) e tutto viene interpretato dal punto di vista dell’ottenimento di qualche ricompensa. Insomma, un sistema di punizioni e ricompense che deriva da tecniche adottate per il controllo del comportamento animale e da ricerche e studi in laboratorio su piccioni, ratti, scimmie e messi poi in pratica con i bambini.

Tecniche potenti, certo, ma altamente condizionanti e (auto) distruttive (e alla base di una varietà di problemi, visto che portano l’individuo a disconnettersi da sé stesso, e costruirsi una falsa immagine).

Parlando del secolo scorso, non possiamo non citare Sigmund Freud. Indubbia la sua influenza. Infatti, la psicoanalisi è forse una delle più famose fra le correnti teoriche e pratiche della psicologia. È stata diffusa come una vera e propria religione, e questo ha reso le teorie del suo promotore praticamente incontestabili. In altre parole, il pensiero di Freud è stato letteralmente trasformato in dogma.

Da una parte, dobbiamo ringraziare lo psicoanalista austriaco per molte delle sue scoperte, come quella che riguarda l’inconscio ad esempio; ma se analizziamo il suo lavoro, scopriamo che per altri aspetti la sua notevole influenza non è poi stata granché positiva e luminosa. Anzi, personalmente, io credo sia stata perlopiù negativa, e abbia largamente contribuito a occultare la verità sulla dolorosa realtà dell’infanzia.

Freud aveva infatti individuato la presenza nell’inconscio dei suoi pazienti di abusi e sofferenze legati alla prima infanzia. Detto per inciso, Freud aveva scoperto nei traumi infantili la causa primaria di successive manifestazioni di natura psicopatologica, e questo in relazione a una seduzione (dal latino se-ducere significa letteralmente “portare a sé”) da parte di un adulto.

Questo era però un grosso problema, in quanto ai suoi tempi certi argomenti erano un tabù. Tradotto, questo significa che se avesse scelto di portare avanti le sue iniziali scoperte in relazione alla seduzione subita in età infantile ad opera degli adulti, Freud sarebbe molto probabilmente stato ripudiato dai salotti borghesi, e dunque dal suo pubblico (a quei tempi, i bambini erano da molti considerati dei bambolotti che potevano essere utilizzati anche per il proprio soddisfacimento sessuale. Difatti, certe attività erotiche che si facevano con loro erano pratica diffusa, ma non era lecito parlarne). Come conseguenza, parlare di traumi sotto forma di una seduzione avvenuta nella prima infanzia da parte di adulti lo avrebbe completamente isolato.

Perciò scelse di elaborare una nuova teoria. Una teoria che ribalta completamente le iniziali scoperte che egli aveva convalidato, sostenendo che i resoconti dei suoi pazienti in relazione a esperienze e ricordi di seduzione avvenuti durante l’infanzia, che generalmente vedevano come colpevoli i parenti più stretti, erano in realtà delle ricostruzioni fantasiose. Non si trattava dunque più di fatti realmente accaduti, ma di fantasie connesse con i desideri del paziente stesso.

A livello pratico, con questo cambiamento di rotta non solo ci si rifiuta di prendere sul serio i racconti del paziente, ma si mette sotto accusa il bambino, colpevolizzandolo come accade nella pedagogia nera e cristallizzando così l’insensibilità per la sofferenza infantile.

Ora, questo ci aiuta già a comprendere come la pedagogia nera, che a quei tempi godeva di parecchia popolarità, si sia insinuata nelle varie teorie psicoanalitiche e come purtroppo si continua, ancora oggi, a formare specialisti su queste basi teoriche, che continueranno, a loro volta, a portare avanti questa ideologia, perpetrando l’errore.

Il bambino non ha difese. E questo anche quando sarà diventato un adulto. Infatti, quando l’adulto è in terapia per qualche problema, il bambino tormentato che è in lui viene zittito dai farmaci o da qualche altisonante teoria che di certo non prende le sue parti, ma serve a proteggere i suoi genitori (e gli adulti in generale) da qualsiasi rimprovero, facendo ricadere tutte le colpe sulle cosiddette fantasie infantili e rendendo impossibile la trasformazione dei propri irrisolti in un insegnamento evolutivo.

A tal proposito, già solo per questi motivi, personalmente non trovo positivo il contributo di Freud alla società.

Oltre a ciò, va anche ricordato che Freud aveva una visione decisamente pessimista dell’essere umano. Egli credeva che siamo esclusivamente governati da forze inconsce, irrazionali e primitive. Che siamo dei bruti. Degli esseri fondamentalmente privi di qualità intrinseche e in realtà malvagi nel nostro essere più intimo... Per questo, era convito che è troppo pericoloso che le persone si manifestino liberamente per quel che sono in realtà e che devono essere controllate.

Per aprire un’altra parentesi, non meraviglia, dunque, che grazie alle scoperte di Freud e influenzato da queste premesse, suo nipote Edward Bernays abbia poi sviluppato delle potenti tecniche persuasive per manipolare, con intento, le abitudini e le opinioni delle masse, diventando l’indiscusso padrino della propaganda moderna che è poi sinonimo di pubbliche relazioni.

Ecco, queste sono le premesse da cui si parte. Da una visione molto cinica dell’infanzia, delle persone, e del mondo in generale.

Non dobbiamo dunque meravigliarci che molto spesso il bambino venga ancora oggi dipinto come un piccolo tiranno già da lattante e che molti psicologi altri professionisti in questo campo promuovano dei metodi educativi decisamente antiquati... e neppure delle conseguenze in età adulta (è oggi risaputo che la maggior parte dei disturbi, se non tutti, riportano infatti all'infanzia, ma vi è ancora una fortissima tendenza a minimizzare l'esperienza infantile, proprio a causa delle teorie).

Con ciò non intendo dire che non vi siano dei bravi specialisti, ma piuttosto che dobbiamo guardarci da quella psicologia tradizionale che, sinora totalmente incapace di comprendere a fondo la natura umana, null’altro fa che vedere tutto come una patologia, quando invece, come sottolineò James Hillman, “certe disfunzioni psichiche andrebbero localizzate nella disfunzionale visione del mondo che pretende di giudicarle.”

Scrisse bene lo psicologo statunitense: “Noi siamo vittime delle teorie ancor prima che vengano messe in pratica [...]. Noi siamo vittime della psicologia accademica, della psicologia scientifica, financo della psicologia terapeutica, i cui paradigmi non spiegano e non affrontano in maniera soddisfacente — che è come dire ignorano — il senso della vocazione, quel mistero fondamentale che sta al centro di ogni vita umana.”

Tutto questo ci riporta infatti a una errata concezione della natura e dell’essere umano. Inoltre, le teorie psicologiche si sono sempre dedicate allo studio di tutto ciò che non funziona facendolo diventare la normalità del nostro essere e del nostro esistere, con l’obiettivo di rendere tutto omologato e conforme a questi standard (e poi, come può far funzionare al meglio una Porsche chi si è sempre occupato di rottamare auto vecchie?).

In fondo, anche lo stesso Freud deformò le sue scoperte a vantaggio del sistema sociale e delle convenzioni della sua epoca.

Ne consegue che dalla nascita, il nostro non è uno sviluppo libero verso l’indipendenza, ma perlopiù un condizionamento che rispecchia una visione assolutamente riduzionista della natura umana, considerata in modo davvero molto miope. Una visione della natura umana da mettere in discussione e rivedere, così come il modo in cui siamo stati educati, il modo in cui educhiamo e l’educazione (e ovviametne la nostra psicologia), in generale.

Siamo stati educati a concepire noi stessi e l’esistenza in un certo modo (distorto), ed è il nostro modo di pensare che dobbiamo essere disposti a cambiare.

Fino a qualche decennio fa, a parte rarissime eccezioni, si è sempre creduto che è l’ambiente esterno a influenzare il nostro mondo interiore, e non viceversa. Il fatto che gli avvenimenti esterni potessero in qualche modo dipendere dalla nostra attività mentale non era neanche preso in considerazione.

Oggi però, abbiamo compreso che tutto, là fuori, ha a che fare con le immagini che popolano la nostra mente e siamo noi causa delle nostre circostanze di vita.

È nell’interiorità che tutto si concretizza.

La nostra condotta rispecchia fedelmente il tipo di persona che crediamo di essere, e l’immagine che abbiamo di noi stessi governa il nostro modo di pensare, agire, sentire, comportarci, determinando i nostri successi e fallimenti.

Come aveva scoperto Prescott Lecky (Maxwell Maltz è stato largamente influenzato dallo psicologo statuintense) noi non ci comporteremo mai in contraddittorio rispetto all'immagine che abbiamo di noi stessi. In fondo, “Siamo fatti a immagine e somiglianza della concezione che abbiamo di noi stessi” (Neville Goddard) e questa è la chiave della nostra vita.

Dopo aver passato più di vent’anni a ricercare discipline come propaganda, marketing, pubbliche relazioni, psicologia, neuro-scienze e una decina a occuparmi di formazione nell’ambito della leadership e del potenziale umano, per rispondere alla domanda che mi ponevo da bambino sono giunto alla conclusione che ci comportiamo in un certo modo sulla base della concezione che abbiamo di noi stessi — della nostra immagine dell'io.

Si tratta dunque di andare oltre quella psicologia che trova il suo punto di partenza nella fisiologia del cervello o nel comportamento, e portare lo sguardo su quella che potrebbe essere definita psicologia dell’immaginazione.

Infatti, tutto dipende da come pensiamo, da come ci relazioniamo con le nostre immagini mentali.

Semplicemente: l’immaginazione crea la realtà.

“L’Uomo è tutta immaginazione e Dio è l’Uomo” sosteneva William Blake.

Viviamo in un mondo di immaginazione che ci è comprensibile solo come immagine psichica. Il noto poeta inglese considerava l'immaginazione essere il genio divino dell'Umanità.

Sempre secondo Blake: “L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa.”

Insomma, l'immaginazione è tutto ciò che esiste e le cose non dipendono tanto da quali sono state le nostre esperienze del passato, ma da come le immaginiamo nel presente... ed è proprio su queste dinamiche che poggia il nostro futuro (che spesso, a causa del fatto che usiamo male la nostra immaginazione, non è altro che una replica del passato. In altre parole, continuiamo a riproporre nel cinema della nostra mente la stessa vecchia pellicola di serie B, inconsapevoli del fatto che stiamo continuando a ripetere gli stessi vecchi schemi).

Risulta dunque fare molta attenzione in tal senso perché, come disse il Buddha: “Diventi ciò che pensi. Ciò che pensi, lo diventi. Ciò che senti, l'attiri. Ciò che immagini, lo crei.”

A tal riguardo, in Occidente, siamo però ancora un po' lontani dal considerare l'immaginazione per ciò che è, e riconoscerne l'immenso potere creativo. Le fonti del conoscere e del sapere vengono però solo ammesse in relazione alla percezione sensibile, la quale ci può fornire dei dati empirici e dei concetti prettamente logici e tutta la realtà di un mondo razionale che ha creato le leggi che regolano determinate regolamentazioni dell’essere. L’immaginazione viene considerata una funzione falsa, che non corrisponde alla realtà, quasi mitica. Eppure, se rivolgiamo lo sguardo all’alchimia, alle scienze noetiche, agli insegnamenti dei grandi pensatori della Grecia antica, ai nativi americani o agli aborigeni australiani, non possiamo non prendere in considerazione che l’immaginazione abbia una sua precisa funzione cognitiva. Ricopre un ruolo di vitale importanza ed è sempre stata usata nella storia dell’umanità da antiche culture tribali per esplorare altre realtà. In tempi recenti, anche nella psicoterapia l’immaginazione ha assunto un ruolo più importante, grazie a illustri personaggi come Carl Jung che, nel 1935, propose l’uso dell’immaginazione attiva (Introduzione alla psicologia analitica), Roberto Assagioli, che integrò le meditazioni guidate nella sua Psicosintesi, e Maxwell Maltz, con la sua Psicocibernetica.

In ambito psicologico e psichiatrico, è però tutt’oggi inusuale che vengano presi in considerazione degli aspetti che sono talvolta considerati più spirituali che psicologici. L’immaginazione permette infatti di accedere ad altre dimensioni, ad altre realtà del nostro essere ed esistere. È una delle vie d’accesso al mondo sottile, e non solo alla realtà esterna dei cinque sensi che ci viene proposta e alla quale ci siamo limitatamente abituati.

Come aveva dimostrato Jung, l’immaginazione può essere considerata una via regale nella nostra interiorità. Non si tratta di semplice fantasticheria. La nostra immaginazione segue delle logiche ben precise che possono tranquillamente essere considerate parallele alla ragione dettata dalla mente discorsiva e razionale (con la quale dovrebbe lavorare in armonia). Nella visione classica dei nostri processi decisionali, taluni ritengono che le nostre scelte siano ragionate e basate sul raziocinio. Eppure, negli ultimi decenni, la branca della psicologia sociale e comportamentale ha stilato una lista innumerevole di biases. Il termine inglese indica una tendenza a pensare in un determinato modo, un giudizio o un pregiudizio, sviluppato sull’interpretazione delle informazioni in proprio possesso. Un’architettura condizionata che porta a confondere la realtà esterna con il proprio universo interiore. L’essere umano segue dunque una luce effimera creata da lui medesimo, invece di quella Luce Sacra che lo ha creato e che può trovare solo dentro di sé.

Meditare, immaginare o esplorare la propria interiorità e riflettere sui propri pensieri e sulle proprie emozioni può essere definito come ascoltarsi, ma noi dobbiamo fare ancora di più, dobbiamo osservare senza giudizio, in un ascolto o dialogo interiore intenzionale e molto profondo che ci riconnette con noi stessi. Un profondo ascolto interiore laddove la coscienza si proietta, si concentra e si focalizza interiormente e lascia spazio alla sua parte più immaginativa, intuitiva e profonda. Immaginare è dunque una sorta di attività fisica in quanto non si opera solo ed esclusivamente con la propria mente inconscia ma con la propria quintessenza, che coinvolge l’intero sistema.

Nel Lexicon Alchimiae di Martin Ruland, l’immaginazione viene definita come l’astro dell’Uomo, il corpo celeste o super celeste. Il corpus sottile viene definito essere di natura semi-spirituale. Un fenomeno alquanto ibrido, per metà fisico e per metà spirituale. Jung, dal canto suo, nella sua tecnica di immaginazione attiva considerava l’Imaginatio come un concentrato di forze vive, tanto corporee quanto psichiche. L’immaginazione, in qualità di attività fisica, si inserisce quindi nel ciclo delle trasformazioni materiali che determina e da cui, a sua precisa volta, viene determinata (Psicologia e alchimia).

La realtà che viviamo è un riflesso della nostra interiorità. Il mondo esterno non esiste in qualità di fenomeno oggettivo al di fuori della nostra coscienza. Ciò è davvero molto importante da capire in quanto è proprio questo che ci permette di comprendere che cosa dobbiamo modificare in noi stessi. Infatti, se riusciamo a modificare anche solo un particolare dentro di noi, cambiamo e, come conseguenza, il nostro mondo  è costretto a cambiare.

Dobbiamo diventare consapevoli del fatto che la nostra attuale situazione è il risultato di come abbiamo pensato/immaginato ieri il nostro futuro, e per cambiare le nostre circostanze e il nostro futuro dobbiamo cambiare qualcosa dentro di noi, iniziando a usare la nostra immaginazione in modo strategico.

Ricorda: creatività e immaginazione non sono da relegare ai poeti, quasi fossero attività di poco conto. Si tratta di strumenti molto potenti. Il mondo è costituito solo di immagini e ci è comprensibile solo come immagine psichica: tutto è immagine e l’immagine è tutto. Essenzialmente, noi esistiamo e diamo esistenza solo in virtù della nostra percezione, e delle immagini che abitiamo e che ci abitano.

Tutto è il risultato diretto del nostro modo di pensare.

Risulta dunque fondamentale modificare radicalmente il proprio atteggiamento mentale.

(...)

“La più grande scoperta della sua generazione è stata che gli esseri umani possono modificare la propria vita modificando il proprio atteggiamento mentale.” William James

"Le abitudini di pensiero non devono durare per sempre. Uno dei più significativi risultati della psicologia ottenuti negli ultimi venti anni è che le persone possono scegliere il proprio modo di pensare." Martin Seligman

"Il tuo mondo è come tu sei: ogni cosa si riconduce alla tua esperienza interiore. Con i tuoi pensieri determini il successo o il fallimento della tua vita, del tuo mondo, del tuo universo!" James Allen

(...)

Non dobbiamo più pensare di essere vittime del Destino o di forze ereditarie e sociali: la nostra immaginazione è il nostro Destino! Per quanto riguarda la nostra auto-realizzazione non abbiamo bisogno del guru ma di imparare a usare la nostra immaginazione in modo strategico, indirizzando le nostre energie in modo intenzionale.

Ogni cosa dipende da come la viviamo nella nostra immaginazione. La nostra percezione si realizza sulle fondamenta delle nostre credenze e convinzioni, e noi esistiamo e diamo esistenza proprio in virtù della nostra percezione. Quel che facciamo quotidianamente è rispecchiarci nelle immagini di un mondo che noi stessi abbiamo creato, ed è proprio attraverso la nostra percezione che giudichiamo le immagini che abitiamo e che ci abitano.

È dunque la nostra percezione a determinare il modo in cui facciamo esperienza della realtà. Difatti, siamo noi a scegliere il significato che attribuiamo ad ogni cosa, ed è il nostro modo di pensare, la nostra attitudine verso l’esperienza, che ha un enorme potere su tutto ciò che siamo e facciamo.

L’azione del corpo mentale su quello fisico è di una potenza straordinaria. Il pensiero è infatti una manifestazione dell’invisibile nel mondo visibile, e le azioni sono essenzialmente il risultato dei pensieri che vengono nutriti nella mente, che hanno una notevole influenza su tutto l’essere umano, a tutti i livelli: spirituale, psicologico, fisico.

Ralph Waldo Emerson scrisse che, “Il pensiero è il fiore, il linguaggio il boccio, l’azione il frutto.” Ogni cosa, prima di essere realizzata, è stata concepita nell'immaginazione. Da una mente educata, disciplinata e dallo sforzo nel retto pensare non possono che risultarne gioie e meraviglie. Al contrario, il pensiero fuori controllo di una mente non educata porta con sé caos, stati psichici negativi, sofferenza e malanni di ogni genere.

A tal riguardo, è bene ricordare che i nostri schemi di comportamento non sono predeterminati e invariabili come la psicologia di un tempo ci spingeva a credere. Noi tutti abbiamo il potere essere e diventare ciò che vogliamo. Cambiando la concezione che abbiamo di noi stessi e imparando l’arte di vivere fra le immagini mentali possiamo cambiare vita, creando la realtà che vogliamo.

Ha scritto bene Neville Goddard: "Esiste solo una cosa al mondo: l’immaginazione e tutte le nostre deformazioni di essa." (...) "L’immaginazione è l’unica vera strada per la realtà."

Per questo è fondamentale rivedere la nostra psicologia e iniziare a guardare alla vita con occhi nuovi, riportando la nostra attenzione dai difetti (che la psicologia ha normalizzato) e dalle distorsioni di pensiero verso ciò che è buono, vero, bello.

 

 

“Di tutti i peccati della psicologia, il più mortale è la sua indifferenza per la bellezza.”

“Conosciamo ogni centimetro quadrato dell’infanzia, le molestie e le violenze, l’alcolismo e le percosse; conosciamo tutto delle differenze di genere, ogni angolo e ogni crepa della nostra malafede, della nostra miseria e delle nostre lamentale narcisistiche. Abbiamo esplorato perfino i nostri traumi della nascita e le nostre vite precedenti, così lontane nel tempo e nello spazio dal caos che invece è di oggi, e vicino. Il Grande Represso di oggi, il tabù mai menzionato nella terapia o nella teoria analitica, è invece la bellezza.” James Hillman

 

PS. la mia storia completa la trovi nel mio libro Imagosinesi (leggi l’estratto) con le più efficaci strategie da applicare alla tua quotidianità per vivere la vita che veramente vuoi.


I nostri schemi di comportamento non sono predeterminati e invariabili come la psicologia di un tempo ci spingeva a credere. Cambiando l’immagine che abbiamo di noi stessi e le nostre abitudini possiamo cambiare vita. Questo manuale spiega come.  (ordina subito la tua copia).


“Diventare un leader è sinonimo di diventare se stessi.” Warren Bennis

“Essere ciò che siamo e divenire ciò che siamo capaci di divenire è l'unico scopo della vita.” Abraham Maslow

“La tua auto-realizzazione è il più grande servizio che può rendere al mondo." Ramana Maharshi

 

 

Il mio compito è quello di portare chiarezza e insegnamento, promuovendo un nuovo modo di concepire se stessi, l’esistenza e tutto ciò che si proietta dinanzi a sé, con l’obiettivo di creare il mondo dove veramente vogliamo vivere e crescere insieme ai nostri figli, e dove ognuno può realizzare se stesso (è fondamentale cambiare la cultura, e questo lo si può fare solo cambiando la nostra psicologia). Sinteticamente, tutto ciò che propongo attraverso i miei contenuti (iscriviti alla mia newsletter) ruota attorno a questo.

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