[LAVORO] Alla base di tutto ci sono le nostre relazioni

leadership Sep 15, 2017

Siamo in una nuova economia, ma continuiamo a portarci appresso una mentalità decisamente vecchia.

Le imprese devono oggi entrare in un’ottica diversa da quella che considera le persone come delle risorse da spremere o delle batterie intercambiabili da consumare fino al midollo.

Non si tratta più di gestire le risorse umane… ma di partire da premesse diverse.

Come ha scritto Ross Perot: “le persone non possono essere gestite, gli inventari possono essere gestiti, ma le persone devono essere guidate.”

Altrimenti, perseverando con una mentalità tipicamente industriale non solo non sarà possibile sviluppare la leadership a tutti i livelli gerarchici dell'impresa, ma saranno molti i problemi... per la persona, per l'azienda, per l'economia.

Per la persona: se non facciamo un lavoro che per noi ha un significato presto o tardi anche la nostra vita diventerà insensata. In più, se non facciamo ciò che è per noi necessario compiere e realizzare andremo inesorabilmente incontro alla disperazione del rimpianto per non aver fatto ciò che veramente volevamo (e avremmo dovuto fare) nella nostra vita.

Per le imprese: se l'organizzazione guarda alle persone come delle semplici batterie intercambiabili, i problemi che poi emergono sono moltissimi:

  • Paura.
  • Elevato turnover.
  • Molti manager e pochi o nessun leader.
  • Scarsa motivazione nello svolgere le proprie mansioni.
  • Nessuna ispirazione nel fare il proprio lavoro.
  • Stress.
  • Burn-out (che è€ la tipica conseguenza patologica di uno stress prolungato). Da uno studio di kronos.com e futureworkplace.com si evince che, per quanto riguarda l’anno corrente, il 95% degli HR Executives intervistati ritiene che sia proprio questo l’ostacolo principale alla ritenzione e gestione del talento. Fra le cause principali troviamo una remunerazione ingiusta, irragionevoli carichi di lavoro, troppi straordinari, ed una cultura malsana.

Per l'economia: in generale, visto che non si perde solo in termini di servizio e qualità ma anche produttività. Le ricerche della società Gallup (State of the Global Workplace report) evidenziano che la perdita in produttività legata a questi fattori, solo negli Stati Uniti, è pari a 500 miliardi di dollari all'anno (fra i 450 e i 550 miliardi)!

Dunque, questo modo di fare ha delle notevoli ripercussioni (negative) su tutti.

Altresì ovvio che tutto ciò ha ovviamente a che fare con le relazioni, e con le aspettative che si hanno nei confronti degli altri...

Non dimentichiamo infatti che le aspettative di comportamento sviluppate su basi individuali da parte del Management hanno un’influenza enorme sul comportamento del collettivo…

Oggi, è fondamentale ricordarlo: solo le imprese con una nuova leadership e un network di team vincenti possono eccellere e prosperare.

Non si tratta più, dunque, di guardare alle persone come dei sacrificabili ingranaggi che servono a far funzionare la macchina aziendale, ma come un potenziale latente, come un seme da nutrire nel migliore dei modi, in modo tale che fiorisca in tutta la sua bellezza!

L’impresa che vuole creare una cultura del significato deve rammentare che un team è un gruppo di individui che lavora insieme per il conseguimento di uno scopo significativo.

Ciò implica, ovviamente, che vi sia uno scopo significativo da raggiungere e che il lavoro sia importante e significativo per la persona, in modo tale da contribuire a sviluppare le potenzialità di quest’ultima, ovviamente in linea con la visione e missione aziendali.

Oggi però, troppe persone non trovano un senso in ciò che fanno.

Non hanno per mestiere la loro passione.

Vedono nel lavoro solo un semplice impiego. Un lavoro come un altro. Un fardello settimanale. Un’attività obbligatoria che serve solo per pagare le bollette.

Ecco, se questo è il caso,  e come abbiamo appena visto, siamo di fronte ad un grosso problema per tutti gli attori coinvolti.

L’impresa di certo non può sperare di giocare in serie A assumendo giocatori di serie C ma anche il giocatore non può pretendere di vivere una vita straordinaria e significativa senza fare qualcosa di importante e significativo.

Ne soffrono l'azienda, l'individuo, la società.

Oggi ci troviamo però in un nuova economia.

Stiamo vivendo un periodo decisamente storico, attraversando un periodo di grande transizione.

Vi è molta incertezza. La sfida emotiva è intensa.

Questa nuova economia ha portato con sé molta destabilizzazione, questo è certo, ma anche moltissime nuove opportunità (che sono lì da cogliere, anche se la mentalità vecchia non riesce a vederle!).

Personalmente, penso che tutto questo sia positivo in quanto ci spinge verso il cambiamento. Ci spinge verso la nostra evoluzione personale e collettiva. Cosa che invece non avremmo mai considerato se ci fossimo adagiati a dormire sugli allori.

Per questo credo che dobbiamo innanzi tutto rimettere la persona al centro, davanti al sistema… e cambiare il nostro modo di pensare e relazionarci con le nostre immagini mentali. In fondo, tutto è immagine e tutto dipende dalle nostre relazioni.

Alla base di tutto ci sono le nostre relazioni, come ci relazioniamo con il nostro lavoro, con gli altri ed anche con noi stessi.

Purtroppo, sinora, non essendoci concessi il permesso di essere liberi di essere ciò che siamo, siamo diventati oltremodo bravi a fingere di essere, piuttosto che essere. Tanto bravi da esserci dimenticati chi siamo veramente. Da qui sono nate delle relazioni distorte (e spesso disfunzionali, con noi stessi e con gli altri) che ci hanno portato in questa società indesiderabile sotto svariati punti di vista…

Come ho scritto nel mio libro Leadership XXI oggi è fondamentale ripensare l’educazione, la formazione ed il business, e rivalutare tutte le teorie sull’esperienza e le relazioni umane. L’intero sistema va rivisto in un'ottica che esalti le potenzialità della persona.

La 4ª Rivoluzione Industriale è ufficialmente iniziata. Questa nuova economia ha reso obsoleti i vecchi modelli del passato e sta letteralmente rivoluzionando tutti gli schemi legati al consumo, alla produzione, all'occupazione. Sinora, al fattore psicologico ed all'elemento umano sono stati fortemente prediletti gli aspetti più tecnico-finanziari del business, ed il sistema è stato messo davanti all'Uomo. Oggi però, nell'era dell'informazione, della conoscenza e del significato, è il lavoratore che porta contributo al sistema e non più il contrario come nel secolo scorso (leggi l'estratto del libro su questo link).

 

 
Photo by rawpxel on unsplash

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