Risveglia il leader che è in te

educazione leadership vita intenzionale Jul 28, 2019

“Sii la versione originale di te stesso, non la brutta copia di qualcun altro”, ha detto Judy Garland.

La piaga di quest’epoca è proprio questa: nessuno è chi sarebbe diventato se non fosse stato educato a essere come gli altri vogliono.

Funziona in questo modo…

Ognuno di noi viene al mondo per un’intenzione — per necessità di vocazione, portando con sé i suoi doni e talenti straordinari.

Ogni bambino che nasce è un genio, un artista, un leader… biologicamente programmato per educare e realizzare se stesso.

Tutti noi (nessuno escluso!) siamo scintille di unicità, ciascuna singola anima con il suo straordinario potenziale e con i suoi sogni…

Poi però sin dalla culla, chi viene chiesto di rinunciare a noi stessi, e veniamo spinti verso il conformismo, l’ordinarietà, la mediocrità.

Veniamo educati a vivere la volontà altrui come se fosse la nostra… a non essere creativi… a essere delle vittime.

Il concetto di base dell’ideologia pedagogica che ha dominato gli ultimi tre secoli è che la nostra volontà personale deve essere spezzata: dobbiamo imparare a seguire non noi stessi ma qualcun altro.

Fondamentalmente, si tratta di un’educazione all’obbedienza (etimologia del termine: “Eseguire gli altrui comandamenti, Sottomettersi ai voleri altrui).

Il principio pedagogico di sottofondo è quello di una cieca disponibilità a obbedire, a eseguire gli ordini (qualsiasi essi siano) senza metterne mai in discussione in contenuti.

A partire dal XVIII secolo (considerato il secolo educativo per eccellenza) si parla di “civilizzazione del bambino”, che deve sottomettersi in modo incondizionato al volere del mondo adulto (in primis, a quella dei genitori. Vedi Quarto Comandamento).

La meta della cosiddetta pedagogia nera è proprio questa: la sottomissione totale del bambino all’autorità, con il fine di trasformarlo in un suddito obbediente.

Ancora oggi (nel ventunesimo secolo!) vi è purtroppo una certa tendenza a giustificare e promuovere i vecchi metodi educativi, in quanto il sistema di credenze che abbiamo ereditato dalle vecchie generazioni viene confuso per scientifico… ma in realtà non lo è per niente. Anzi, i fatti dimostrati e le conoscenze che abbiamo oggi sull’infanzia dimostrano in modo inequivocabile che questo genere di educazione è altamente condizionante e non porta a nessun effetto positivo.

Fatto è che oggi diamo troppe cose per scontate (come l’educazione, ad esempio). A causa dell’educazione che ci è stata impartita, facciamo molta fatica a mettere in discussione il modo in cui noi stessi siamo stati educati perché questo implica mettere in dubbio l’operato dei nostri genitori… (abbiamo anche la forte tendenza a ripetere gli stessi schemi…) ma la realtà è che anche loro sono vittime dello stesso meccanismo che si ripete ormai da più di duecentocinquanta anni.

Quella che ancora oggi chiamiamo educazione è in realtà sinonimo della repressione pedagogica, sociale e morale della volontà.

Un vero e proprio disastro pedagogico, di proporzioni inimmaginabili.

Di questo, facciamo fatica a renderci conto perché, come scriveva il teologo svizzero-tedesco Johann G. Sulzer nel 1748, se privati della nostra volontà nei primi due anni di vita (questo era l'intento, che contemplava l'uso della violenza e altri mezzo coercitivi) non avremmo più ricordato di averne avuta una (e con la nostra volontà sono represse anche tutte quelle qualità femminili come intuizione, immaginazione, ecc.).

Lo spiega molto bene Alice Miller: “Quando si tratta soprattutto di educare i bambini in maniera che essi non si accorgano del male che si fa loro, delle cose di cui li si priva, di ciò che essi perdono, della persona che avrebbero potuto essere se educati diversamente, e di chi essi siano in realtà, e qualora questa educazione si applica sufficientemente in tempo, allora in seguito l’adulto — a prescindere dalla sua intelligenza — vivrà la volontà degli altri come se fosse sua propria. Come potrà mai infatti sapere che la sua volontà è stata stroncata, dal momento che non gli è mai stato consentito di farne esperienza?”

Lo stesso discorso vale per l’istruzione scolastica…

Nel corso del tempo ci siamo convinti che scuola sia sinonimo di educazione, ma la verità è che il sistema scolastico moderno è nato come investimento per il nostro futuro economico sulle basi dell’economia industrializzata. Le scuole sono nate per servire fini religiosi e politici, e il sistema scolastico che conosciamo è stato deliberatamente progettato fra il XVIII e il XIX secolo, con il preciso intento di indottrinare i bambini, educarli all’obbedienza e formare impiegati compiacenti e produttivi che avrebbero lavorato bene nel sistema.

Secondo gli architetti del sistema scolastico moderno, lo scopo della scuola doveva essere quello di spezzare la volontà dei bambini e renderli docili e obbedienti. Il compito più importante di un maestro doveva essere quello di rendere obbediente la volontà, dicevano. L’idea di base è molto semplice e altrettanto radicale: distruggere la volontà personale del bambino, in modo tale che in vita sua non avrebbe mai più potuto pensare in modo diverso da quello imposto dalle autorità.

Ad oggi, funziona ancora così.

Con tutte le buone intenzioni, i nostri genitori ci educano in un certo modo, credendo sinceramente di fare il nostro bene… Ci insegnano a essere in questo o quel modo, a fare questo o quello… per diventare qualcuno… invitandoci a fare quello che secondo la loro concezione della vita è meglio per noi.

A scuola non è diverso. Ci viene detto che dobbiamo comportarci in un certo modo. Che dobbiamo essere come gli altri. Che dobbiamo essere conformi… omologarci. In fondo, questa formazione che ricorda una catena di montaggio ha come scopo l’approvvigionamento di lavori a basso costo e obbedienti, che aspettano di essere scelti e che eseguono gli ordini alla lettera...

Si vogliono solo persone ubbidienti.

Non ribelli. Non artisti. Non imprenditori. Non leader.

Insomma, veniamo al mondo con un immenso potere creativo… per realizzare noi stessi… ma la nostra volontà personale viene immediatamente annientata… e la nostra creatività anestetizzata da modelli educativi ormai obsoleti (ciò è stato ampiamente dimostrato da un massiccio studio longitudinale condotto da George Land e Beth Jarman. Nel 1968, i due ricercatori svilupparono un test per la NASA con il fine di poter selezionare gli ingegneri e scienziati più creativi. Per scoprire se la creatività è innata oppure la impariamo, decisero di sottoporre il medesimo test a un campione di 1600 bambini sui cinque anni. I risultati furono stupefacenti: il 98% ottenne un punteggio a livello di genio (highly creative range). Il test fu dunque ripetuto cinque e dieci anni dopo con gli stessi bambini. A dieci anni, la percentuale era scesa al 30%. A quindici, addirittura a 12. Da allora, più di un milione di adulti sono stati sottoposti al test e solo il 2% arriva a quel livello. A. Schopenhauer ci aveva visto giusto: "Ogni bambino che nasce è in qualche misura un genio, così come un genio resta in qualche modo un bambino." Oggi questo è però un grosso problema: nell'era dell'immaginazione, la creatività è considerata la qualità di leadership più importante e gli studenti devono funzionare come degli imprenditori per avere successo nella nuova economia... ne consegue che la formazione che poteva andare bene un tempo, per andare a lavorare in fabbrica, oggi non è più adeguata).

Educati a essere conformi alle aspettative perdiamo il contatto con la nostra parte più autentica — con chi siamo veramente.

Così s’è perso il senso della vocazione… e della vita.

Il risultato è drammatico.

Come dimostrano in modo inequivocabile le ricerche della società Gallup (in 141 paesi nel 2013 e in 155 nel 2017), nove persone su dieci non trovano un senso in ciò che fanno, che è come dire che vivono una vita insensata. Troppe persone si sono dimenticate di essere il loro progetto di vita e vivono lo stesso anno, anno dopo anno, fino alla fine dei loro giorni camminando inesorabilmente verso disperazione del rimpianto. E il rimpianto più comune delle persone in punto di morte è proprio quello di non aver avuto il coraggio di vivere la vita che veramente avrebbero voluto, ma di essere invece scese a compromesso con le aspettative degli altri.

Disse bene Victor Hugo: “La morte non è niente, non vivere è spaventoso.”

Dirottati dal vero asse della nostra vita vegetiamo in un comportamento deviato e in uno stato scorretto. Infatti, se non abbiamo uno scopo e non facciamo ciò per cui siamo venuti al mondo… veniamo letteralmente deprivati della nostra ragione di esistere.

E il potenziale inespresso fa male. Fa molto male.

Lo so bene, perché ne ho fatto esperienza in prima persona. In passato, vivevo una vita che non mi apparteneva. Ero governato da una falsa immagine di me stesso, e inseguendo dei falsi obiettivi mi ero ritrovato a vivere una vita artificiale. Facevo un lavoro che detestavo e conducevo una vita all'insegna della sregolatezza e degli eccessi. Ero infelice e il tormento interiore mi accompagnava sempre. La mia vita aveva perso di significato. Invano, cercavo di anestetizzare un vuoto interiore che mi pareva incolmabile… ma così non facevo altro che allontanarmi sempre più da me stesso.

Gli anestetici che la società ci offre per lenire la nostra sofferenza e alleviare le nostre pene sono molti, moltissimi: alcol, droghe, medicamenti e psicofarmaci, gossip, lamentela, tecnologia, et cetera... insomma, tutti i tipi di dipendenza…

Proprio l’altro giorno ho visto un video online dove si parlava di questo… e di come la società ci offre dei sostituti a ciò di cui abbiamo realmente necessità (avventura/videogiochi, autenticità/reality show, connessione/shopping, intimità/pornografia, espressione di sé stessi/eroi dello sport, entusiasmo e “eccitazione” per quanto concerne il lavoro/caffè, senso di appartenenza/droga e alcol).

Nella mia esperienza ho scoperto che il nostro dolore più grande origina dall’aver tradito noi stessi. Come fra le altre cose sostengono autorevoli ricercatori come la psicoterapeuta e saggista Alice Miller, la ferita più grande è quella di non essere stati amati per ciò che eravamo da bambini… (il tradimento di se stessi è alla base di tutte le altre ferite delle cinque ferite dell'anima secondo Lise Bourbeau: rifiuto, abbandono, umiliazione, tradimento, ingiustizia) ed è questo che ci ha portati a negare delle parti di noi stessi e costruirci un falso sé.

Da bambini, abbiamo dato la nostra fiducia a tutto quello che ci è stato detto accogliendo le opinioni, i pensieri, le valutazioni, i giudizio degli altri come verità e permettendo a terze persone di decidere chi siamo… Così abbiamo perso la fede in noi stessi… e sviluppato un luogo di controllo esterno (in psicologia, il luogo di controllo può essere interno o esterno ed ha a che fare con il controllo che crediamo di avere sulla nostra vita. Se è interno, vuol dire che crediamo nelle nostre capacità e siamo padroni del nostro volere e agire. Al contrario, se è esterno crediamo che la nostra vita sia controllata da forze e fatti esterni che sono indipendenti dalla nostra volontà).

Oggi, la prima cosa che dobbiamo fare è renderci conto di tutto questo... del fatto che la realizzazione personale, il genio, la creatività, la leadership non sono un privilegio di pochi... che non siamo al mondo per vivere una vita ordinaria, banale, mediocre… e che praticamente tutti i nostri limiti sono autoimposti… e fondati su una errata valutazione che abbiamo stilato di noi stessi (l’immagine dell’io negativa che abbiamo di noi stessi) sulla base delle opinioni di terze persone (è proprio questo il motivo principale per cui necessitiamo di essere motivati… per il semplice fatto che le nostre parie sono ancora più forti della fiducia in noi stessi (che ci manca).

Fondamentale prendere coscienza del fatto che noi tutti abbiamo la possibilità di essere, fare, diventare tutto ciò che vogliamo e che questo dipende da noi e da nessun altro!

Per questo, il mio invito è quello di risvegliare il leader che è in te.

Inizia col chiederti cosa vuoi tu veramente dalla tua vita.

Qual è la volontà del tuo cuore?

Che cosa è veramente importante per te? (io, personalmente, ho radicalmente trasformato la mia vita partendo da questa domanda).

È assolutamente fondamentale imparare di nuovo a volere… a usare il proprio potere creativo (è solo addormentato, come dimostrano le ricerche sul cervello con tecniche di neuroimaging) per creare la realtà secondo la propria volontà.

Non sei al mondo per essere la brutta copia di qualcun altro.

E neppure per comptere per qualcosa che è già stato creato... o seguire una via tracciata da altri... ma per creare la tua strada, verso la tua auto-realizzazione.

Il nuovo concetto è molto semplice: ognuno deve seguire se stesso.

Deve esserci un profondo rispetto per l’individuo e la sua libertà.

“Ciò che un uomo può essere, deve essere”, sosteneva Abraham Maslow.

Ognuno deve divenire da sé ciò che è.

In fondo, come diceva il padrino degli studi sulla leadership, Warren Bennis:

“Diventare un leader è sinonimo di diventare se stessi.”

 


“Essere ciò che siamo e divenire ciò che siamo capaci di divenire è l'unico scopo della vita." (Spinoza)

"L'individuo deve, cioè, divenire da sé quello che è, e non trasformarsi, come accade nell'educazione e nella terapia psicoanalitica, in un buon cittadino che accetta senza obiezioni l'ideale generale, deprivato di una propria volontà personale. Questo, infatti, è lo scopo dichiarato della cura pedagogica di Adler: livellare, pareggiare. Prinzhorn ha, dal canto suo,scoperto un intento analogo, sebbene non apertamente ammesso, in Freud: la psicoanalisi si presenta come rivoluzionaria, ma in realtà è conservatrice. Chi comprende anche solo minimamente la psicologia della volontà sa che un simile conservatorismo è il mezzo migliore per produrre rivoluzionari e uomini di volontà, che però sono spinti nella nevrosi non appena intendono far valere la propria volontà. L'individuo che soffre della repressione pedagogica, sociale e morale della volontà deve assolutamente imparare di nuovo a volere. L'uomo deve diventare quello che è, lo deve volere e realizzare da sé, senza costrizione o giustificazioni e senza il bisogno di addossare ad altri la responsabilità." O. Rank

 

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l'estratto del libro su questo link).

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