Totalmente a favore dell'autoapprendimento

educazione formazione leadership vita intenzionale Mar 31, 2019

Domenica mattina. Ottimo momento per ritagliarsi uno spazio per riordinare le idee, organizzare la settimana che arriva e pianificare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio scopo.

Proprio su questo riflettevo stamattina presto. La stragrande maggioranza delle persone vagano senza uno scopo. Moltissimi non hanno una direzione. Nessun fine da raggiungere.

Concretamente, stando ai dati che emergono da una ricerca condotta a livello globale da Gallup (in 141 paesi nel 2013 e 155 nel 2017) nove persone su dieci non trovano un senso in ciò che fanno, che è come dire che vivono una vita insensata. Se poi incrociamo questi inquietanti dati con il fatto che il rimpianto più comune delle persone in punto di morte è quello di non aver avuto il coraggio di fare ciò che veramente avrebbero voluto nella loro vita, ma di essere invece scese a compromesso con le aspettative degli altri… balza subito all’occhio che vi è qualcosa di profondamente distorto nel nostro sistema educativo.

Ognuno di noi viene al mondo per un’intenzione — per necessità di vocazione. Nasciamo senza limiti e con una innata capacità di apprendere… ma poi succede qualcosa… e ci dimentichiamo di essere il nostro progetto di vita.

Attraverso un sistema di punizioni e ricompense siamo stati educati a essere conformi alle aspettative, a essere come gli altri vogliono. A vivere la volontà degli altri come fosse la nostra. Alienati da noi stessi siamo stati dirottati dal vero asse della nostra vita ed è così che siamo finiti col vegetare in un comportamento deviato, non trovando un senso in ciò che facciamo.

La tendenza è poi quella di riproporre gli stessi metodi una volta diventati genitori, e questo circolo vizioso continua a ripetersi di generazione in generazione. Dopo qualche anno dalla nascita, tutto questo si aggiunge al fatto che il nostro sistema educativo non è stato ideato per sviluppare le potenzialità di ogni individuo, e non è neppure frutto della conoscenza scientifica su come i bambini apprendono, ma piuttosto del nostro passato — della nostra storia. La scuola che conosciamo è stata deliberatamente progettata con il preciso intento di indottrinare i bambini, educarli all’obbedienza e formare adulti a basso costo e obbedienti che avrebbero lavorato bene nel sistema. Insomma, l’organizzazione scolastica standardizzata è nata come investimento economico per il nostro futuro, per rispondere ai bisogni dell’economia industrializzata… e non di certo per supportare i bambini a trovare un posto nel mondo alla loro specifica vocazione e realizzare se stessi.

Negli ultimi venti/trent’anni l’economia è mutata radicalmente, ma noi continuiamo a perseverare educando i bambini attraverso dei metodi e modelli obsoleti, come se fossimo rimasti fermi a cent’anni fa. Come ha scritto Alvin Toffler, Le scuole stanno preparando le persone per una società che non esiste più. La rivoluzione post-industriale è qui, ma noi continuiamo a favorire una pedagogia il cui scopo dichiarato è livellare, pareggiare, omologare.

Ma questo, in realtà, non riguarda solamente il lavoro ma anche la nostra felicità e realizzazione personale, che non sono la stessa cosa. Sentirsi realizzati non significa provare felicità (e.g. ci si può sentire felici sul lavoro per una promozione, per un bonus, per un nuovo cliente o un progetto andato a buon fine ma questo non significa sentirsi realizzati). Lo spiegano molto bene David Mead e Peter Docker: “Ci sentiamo realizzati solo quando c’è un legame diretto tra ciò che facciamo e il nostro PERCHÉ.” (…) “La felicità è determinata da che cosa facciamo. Il senso di realizzazione, invece, è legato a perché lo facciamo.”

Dunque, perché facciamo quel che facciamo? Ce lo chiediamo mai? Perché è la nostra missione, la nostra Chiamata?

A tal proposito, Osho ha detto una cosa molto vera: “L’intera società è formata da persone mediocri, per la semplice ragione che nessuno è diventato ciò che era suo destino diventare: è diventato qualcun altro! E qualunque cosa faccia nella vita, adesso non potrà essere il migliore o sentirsi soddisfatto, né potrà mai essere felice.”

Effettivamente, per esperienza personale non posso che confermare le parole del mistico indiano. Per questo io credo fermamente che per migliorare la nostra qualità di vita (e dell’intera società) quel che dobbiamo fare è iniziare a pensare e agire in modo nuovo. Cambiare la cultura è assolutamente fondamentale, e questo lo si può fare solo cambiando la nostra psicologia, tornando a essere protagonisti del nostro volere e agire… e educando diversamente.

Due sono le cose che dobbiamo fare: 1) liberarci dai nostri condizionamenti e riallinearci al vero asse della nostra vita e 2) rispettare la volontà personale dei nostri figli, permettendo loro di essere se stessi. Come ha egregiamente evidenziato lo psicoanalista austriaco Otto Rank, “L’individuo deve, cioè, divenire da sé quello che è, e non trasformarsi, come accade nell'educazione e nella terapia psicoanalitica, in un buon cittadino che accetta senza obiezioni l'ideale generale, deprivato di una propria volontà personale.”

Ogni bambino deve avere l’opportunità di crescere in armonia con la sua vera natura. Altrimenti, dirottato dal vero asse della sua vita si troverà a vivere una vita insensata, vegetando in un comportamento deviato e camminando inesorabilmente verso la disperazione del rimpianto.

Tutto questo è terribile.

Deve essere davvero orribile svegliarsi un giorno, sul letto di morte, e rendersi conto di aver sprecato la propria esistenza. Io credo che non ci sia dolore più grande.

Ogni tanto ci penso. Se avessi continuato a vivere la vita come un tempo, molto probabilmente sarei arrivato a fare questa esperienza, che non auguro a nessuno. Oggi mi sento realizzato, e faccio ciò che amo. Attualmente sto lavorando a dei progetti per me molto importanti (fra cui un nuovo libro! ;-)) e tutto ciò è intimamente legato al mio perché, alla mia raison d’être, al motivo per cui sono al mondo. Non sempre è però stato così...

Guardando al mio passato, mi chiedo ancora adesso a cosa mi sia servita la scuola. E di scuola un po’ ne ho fatta. Asilo, elementari, medie per poi diplomarmi alla scuola di commercio (perché in realtà non avevo le idee chiare). Poi il college, e poi dopo alcune esperienze lavorative il MBA (che, va detto, è l'unico corso di studi che ricordo positivamente e che mi è servito molto, soprattutto per affinare le mie abilità di ricerca). E poi ancora corsi specialistici e formazione continua all’interno di quel sistema che è organizzato come una vera e propria scaletta aziendale fatta di diplomi e certificati al posto dei bonus e privilegi vari come un ufficio più grande (per intenderci). A suo tempo tutto questo non mi aveva però portato a sentirmi realizzato. Anzi, quindici anni fa, quando sono rientrato in patria con il mio bel Master of Business Administration il mio ego, allora bello gonfio, si è decisamente smorzato picchiando forte il muso prima contro un periodo di disoccupazione e poi un calvario di quattro anni facendo un lavoro che detestavo (continuando a conformarmi alle aspettative di terzi e aspettando di essere scelto invece che seguire la mia strada, scegliendo e seguendo me stesso).

Tutto è cambiato quando mi sono chiesto cosa era veramente importante per me e mi sono dedicato ai miei interessi e alle mie passioni — a ciò che per me ha davvero significato. Pensandoci, mi rendo conto che tutto ciò che faccio non deriva da un’istruzione formale/tradizionale ma piuttosto dall'apprendimento auto-diretto (da una ricerca che porto avanti da tutta la mia vita e iniziata attraverso la mia stessa esperienza).

Oggi mi sento allineato al vero asse della mia vita, ma ci è voluto del tempo per liberarmi dai molti condizionamenti (e su alcuni ci sto ancora lavorando... è un processo senza fine questo). Dunque, mi chiedo che senso abbia l’educazione così com’è impostata oggi. Perché non permettiamo ai bambini di essere/divenire ciò che sono? Perché continuiamo a volerli dirigere e guidare come e dove vogliamo noi, piuttosto che rispettare la loro dignità e volontà? Perché continuiamo a condizionarli? Perché ci ostiniamo a considerarli dei recipienti vuoti da riempire con le nozioni della cultura dominante (e con la nostra spazzatura psichica?).

Io sono assolutamente convinto che questo sia un periodo davvero storico. Molto sta cambiando. Oggi vi è molta più consapevolezza e informazione e abbiamo la straordinaria opportunità di spezzare questa catena e finalmente considerare i bambini per quel che sono: esseri unici, biologicamente programmati per educare/realizzare se stessi.

Come ha affermato Sir Ken Robinson, ci sono tre principi fondamentali della natura umana che dovrebbero essere presi in debita considerazione. Il primo è l’unicità. Ogni bambino è un individuo unico e irripetibile, e l’ideale è supportarlo a sviluppare i suoi doni e talenti e non omologarlo, renderlo conforme a uno standard predefinito come si cerca di fare attraverso le varie riforme che vengono periodicamente proposte. Il secondo, la curiosità. Il focus principale dovrebbe essere sull’apprendimento (sull’educazione vera e propria) e non sui test standardizzati. Tre, la creatività. L’essere umano non è una macchina, e il sistema educativo non dovrebbe essere concepito come un processo industriale.

A questo, aggiungerei la vocazione. Ciò che noi dobbiamo fare è supportare i bambini a trovare un posto nel mondo alla loro specifica vocazione, offrendo loro le condizioni e opportunità di apprendere in base ai loro interessi e aiutandoli a realizzare ciò che vogliono. A tal riguardo, credo fermamente che la soluzione sia l’auto-educazione, o auto-apprendimento. Come ha affermato il Professore di psicologia all’Università di Torino Gian Piero Quaglino, l’auto-apprendimento è più in sintonia con i processi naturali di sviluppo psicologico e più efficace proprio perché diretto da motivazione intrinseca, e quindi l’individuo è spinto a seguire i propri interessi e la propria vocazione, piuttosto che qualcos’altro che gli viene imposto da terzi. Così come imparano a parlare, i bambini possono imparare anche tutto il resto e diventare adulti realizzati e di successo.

All’Università sentivo spesso ripetere “Think outside the box” e ho sempre trovato bizzarro che per 11+4 anni ci viene costruito il box attorno… e poi ci vien detto che dobbiamo pensare al di fuori dal box.

Assurdo, no?

Ecco, io credo che dobbiamo finalmente uscire dalla logica industriale, liberarci dalla zavorra che infesta il sistema mentale collettivo e ripartire da un concetto molto chiaro e semplice, ricordandoci che ogni bambino è un leader, che ha una sua volontà personale, che come ognuno di noi (nessuno escluso!) è qui per realizzare il suo potenziale, che ha tutte le capacità necessarie per educare se stesso e che se lasciato libero andrà naturalmente verso ciò che è meglio per lui. Il nostro compito, per quanto riguarda i nostri figli è quello di provvedere le condizioni adeguate per ottimizzare le loro abilità naturali di apprendere e educare se stessi, rispettandoli, crescendo insieme (e non "facendoli crescere"), e accompagnandoli verso la loro autonomia/indipendenza/autorealizzazione... e per quanto riguarda tutti gli adulti... il mio consiglio è quello di iniziare a porsi una domanda molto semplice, e altrettanto profonda: cosa è davvero importante per me?

"E dopo venti, trent'anni di serrato condizionamento, ti dimentichi che, fin dall'inizio, non hai mai posto alcun interrogativo." Osho

 

 

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l’estratto del libro su questo link).

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