Unschooling: vantaggi e svantaggi

educazione formazione Jan 29, 2019

Sono sempre più le famiglie che scelgono percorsi alternativi alla scolarizzazione, ma su temi come unschooling e homeschooling c’è ancora molta confusione.

Taluni pensano che siano sinonimi, altri che si tratti di qualcosa che ha a che fare con il fondamentalismo religioso, e in generale vi è la preoccupazione che i bambini/ragazzi siano in qualche modo svantaggiati in confronto a coloro che seguono un percorso di studi tradizionale.

Perlopiù, si tratta di opinioni personali, credenze, percezioni che generalmente non sono supportate dai fatti e da esempi concreti; e visto che negli ultimi anni sono state condotte delle ricerche sull’argomento ritengo sia utile riferirci a quest’ultime per fare un po’ di chiarezza.

Al contrario di ciò che taluni pensano, gli studi sull'educazione parentale smentiscono queste credenze, dimostrando che gli homeschoolers non hanno alcun problema nelle relazioni interpersonali, tessendo amicizie di qualità e migliori relazioni con i genitori e altri adulti.

In generale, si tratta di ragazzi ottimisti, felici e che hanno sviluppato una buona abilità di regolazione emotiva e ottime competenze sociali. Non ci sono studi che dimostrano il contrario (fonte).

Come sottolineato dagli studiosi, queste ricerche non provano certamente una relazione causa-effetto, ma peraltro sfatano il mito (o timore) per cui l’homeschooling abbia un’influenza negativa sulle competenze sociali/emotive (fonte).

Unschooling e homeschooling non sono però la stessa cosa. Gli homeschoolers fanno scuola a casa, ma nel caso degli unschoolers non è così che funziona, e dunque non è possibile generalizzare con le ricerche condotte sull’homeschooling.

A differenza degli homeschoolers, gli unschoolers sono totalmente liberi di seguire i loro interessi (e apprendere in virtù di quelli che sono i loro interessi). I genitori partono dal presupposto che il bambino è biologicamente programmato per educare se stesso. Non stabiliscono un programma e non richiedono ai bambini/ragazzi di seguire dei compiti particolari a scopo educativo. Non ci sono test e non vengono usati altri strumenti di valutazione in tal senso.

I genitori supportano in ogni modo l’auto-apprendimento del bambino/ragazzo, attraverso l’ambiente e fornendo gli strumenti necessari e le opportunità che gli permettano di realizzare ciò che vuole. Il concetto di base è che i bambini/ragazzi sono responsabili della loro stessa educazione e imparano in base alle esperienze di vita quotidiana (anche se questo approccio non è certamente di tipo montessoriano, M. Montessori scriveva: “L’educazione non è ciò che il maestro dà, ma è un processo naturale che si svolge spontaneamente nell’individuo umano; che essa non si acquisisce ascoltando delle parole, ma per virtù di esperienze effettuate nell’ambiente”). Insomma, vita e apprendimento non vengono considerate due cose distinte e separate, ma la vita stessa è apprendimento, e viceversa.

Il termine unschooling riporta agli anni Settanta e molti considerano John Holt esserne il padrino. Egli sosteneva che i bambini sono dei "natural learners” (come detto, biologicamente programmati per educare se stessi), che intuitivamente si comportano come dei veri e propri scienziati, imparando attraverso l’osservazione, l’esperienza, e sperimentando.

Era convinto del fatto che la scuola non favorisce il processo di apprendimento naturale e influisce negativamente sulla capacità di pensiero creativo e indipendente. Ne concluse che qualsiasi tentativo, da parte di educatori o genitori, di dirigere l’educazione del bambino è da considerarsi un'interferenza sfavorevole all’apprendimento.

Alla base della "teoria della descolarizzazione" vi è il pensiero che ogni essere umano viene al mondo per uno scopo, con dei doni e talenti straordinari da offrire al pianeta. Si tratta dunque di supportare l’individuo a sviluppare le sue potenzialità, a pensare in modo critico e indipendente, e fornirgli gli strumenti necessari per realizzare la propria vocazione… per diventare se stesso, senza interferenze. In fondo, come ha scritto Alice Miller: “Quando gli sia consentito di vivere e di crescere armoniosamente, il bambino non ha bisogno di essere diretto dall’esterno né di ricevere educazione di sorta.”

Nella nostra società siamo però molto condizionati a pensare che i bambini/ragazzi imparano e vengono educati solo a scuola. Il maggior fraintendimento è dunque quello che “descolarizzazione” significhi una genitorialità in qualche modo negligente; ma in realtà è tutto il contrario, visto che questo percorso richiede una certa consapevolezza, un impegno maggiore e un livello più profondo di interazione e connessione con i propri figli.

A paragone con l’homeschooling, sull’unschooling non sono molte le ricerche rigorose e imparziali. Negli States, ad esempio, non essendoci una lista pubblica di nominativi (homeschoolers e unschoolers vengono spesso mischiati senza distinzione) risulta difficile estrarre un campione statistico attraverso i metodi tradizionali e questo non permette una valutazione approfondita. Inoltre, di norma le ricerche si focalizzano più che altro sui risultati scolastici/accademici oppure sono condotte con l'aiuto dei genitori per identificare quali sono le motivazioni dietro le loro scelte, e raramente vedono come intervistati gli unschoolers.

Nel 2015, Peter Grey e Gina Riley hanno ovviato a questo problema con una ricerca molto interessante su 75 adulti che hanno fatto unschooling.

Sulle basi di studi precedenti, Grey e Riley evidenziano degli aspetti basilari a conferma del fatto che l’unschooling è un percorso educativo che si sviluppa naturalmente sulle basi di una genitorialità consapevole. In generale, i genitori non vedono se stessi come “maestri” ma piuttosto come dei facilitatori; e più che una scelta educativa, si tratta di una filosofia di vita (fonte). Sembrano infatti più inclini a uno stile di vita più naturale: maternage ad alto contatto e disciplina dolce, ecosostenibilità, alimentazione naturale, et cetera. (fonte, fonte).

La letteratura sul tema tende dunque a confermare quanto emerso da uno studio precedente condotto dai due ricercatori americani su 232 genitori di unschoolers. Costoro hanno affermato di aver optato per questo percorso come logica conseguenza del loro stile di vita.

Stando alle loro risposte, i benefici dell’unschooling sono una migliore capacità di apprendimento, un’attitudine migliore nei confronti dell’apprendimento, un miglior stato psicologico e sociale, maggior contatto con i famigliari, più armonia e libertà.

La sfida più grande è invece superare la critica e/o le pressioni sociali da terzi e/o dai propri condizionamenti e dal proprio modo abituale/acquisito di pensare all’educazione (fonte).

Di seguito i risultati della ricerca pubblicata nel 2015: Grown Unschoolers’ Evaluations of Their Unschooling Experiences: Report I on a Survey of 75 Unschooled Adults. Questo studio è stata condotto con l’aiuto di 75 adulti che sono stati scelti in base a dei criteri prestabiliti: “Descolarizzati” per almeno quelli che sarebbero stati gli ultimi due anni di High school (dunque: 11th e 12th grade) e età minima 18.

Età media: 24 anni (da 18 a 49), suddivisi come da tabella:

  • 24 niente scuola (0 anni),
  • 27 niente scuola dopo 6th grade: media 5 anni (da 1 a 7 anni di scuola),
  • 24 niente scuola dopo 8th grade: media 8 anni (da 1 a 11 anni di scuola).


 I vantaggi

  • 77% tempo per seguire i propri interessi
  • 75% libertà e indipendenza
  • 60% possibilità di apprendere secondo le proprie modalità/tempistiche

In relazione ai primi due punti, è interessante notare che si tratta di due categorie molto simili, e combinando le risposte in una sola categoria la percentuale è salita a 95%. Ciò significa che quasi tutti hanno valutato in modo molto positivo una o l’altra categoria, o entrambe.

Gli effetti che la “descolarizzazione” ha avuto in età adulta

  • 75% maggiore autodeterminazione / motivazione
  • 48% miglior senso di responsabilità
  • 44% volontà di continuare gli studi (a volte espresso come volontà di continuare gli studi grazie al fatto di non essersi confrontati con stress/burn-out legati alla scuola)
  • 33% maggior facilità nella transizione all’età adulta
  • 28% minore stress (in modo particolare associato alla scuola)
  • 24% tempo trascorso con la famiglia. Su questo aspetto, è molto interessante notare che nel sondaggio che ha visti coinvolti 232 genitori, oltre a "miglior capacità di apprendimento" una categoria molto quotata era la vicinanza, o il contatto con la famiglia (57%). Questo però non sorprende. È risaputo che i genitori danno forse più valore a questo aspetto. Indipendentemente dal suo amore e affetto, il destino di un figlio è quello di trovare e seguire la sua strada, verso la sua autonomia e indipendenza, e questo può anche spiegare il motivo per cui i ragazzi vedono piuttosto vantaggi in termini di libertà, indipendenza e responsabilità personale (invece che relazioni famigliari).

Gli svantaggi

  • 37% non ci sono stati svantaggi. Per gli altri, nella maggior parte dei casi i vantaggi hanno nettamente superato gli svantaggi.
  • 28% l’opinione degli altri: aver a che fare con critiche e ignoranza (questo è uno degli svantaggi menzionati più frequentemente dagli studi precedenti che hanno visti coinvolti i genitori: 46%. È infatti probabile che siano i genitori degli unschoolers a dover fare maggiormente i conti con la critica e il giudizio di terzi, piuttosto che i loro figli).
  • 21% isolamento a livello sociale (compresa la difficoltà a socializzare con i bambini che vanno a scuola a causa dei loro impegni).
  • 11% qualche difficoltà di apprendimento (in questo caso si tratta di 8 persone su 75, di cui tre hanno affermato che si è trattato di un grosso problema. Per gli altri cinque si è trattato di problemi di lieve entità, risolti facilmente quando è stato necessario).

Le 3 persone che hanno riscontrato grosse difficoltà per quanto riguarda l’apprendimento sono anche le uniche che hanno indicato più svantaggi che vantaggi in relazione alla loro esperienza. In questo frangente è molto utile approfondire la questione e portare lo sguardo sulle motivazioni di fondo, in modo tale da identificare le condizioni per cui l’unschooling non è una buona idea. Dai loro racconti emerge infatti che anche se provengono da tre diverse famiglie le loro storie sono molto simili. Tutti hanno sottolineato che i genitori non hanno dato loro nessuna possibilità di scelta e si sono sentiti isolati, ignoranti, stigmatizzati. Inoltre, vi è evidenza di problemi all’interno del nucleo familiare, legati alla depressione della mamma e un papà non coinvolto e disinteressato. In due casi, gli intervistati hanno risposto che il loro isolamento è stato parzialmente dovuto alle credenze religiose dei loro genitori (fondamentalisti cristiani). Questi sono ovviamente tutti fattori da tenere in considerazione a priori qualora si volesse optare per un percorso di questo tipo.

Alla domanda se sceglieresti unschooling per i tuoi figli hanno risposto solo 74 persone (su 75)

  • 67% (50) codificato come sì, a meno che fossero state altre le preferenze del bambino o le circostanze non lo avessero permesso.
  • 25 (19) codificato come probabile. avrebbero ponderato le loro decisioni tenendo in considerazione anche altre alternative, come scuola progressiva o democratica.
  • 7 (5) codificato come no. Non avrebbero optato per questo percorso, o comunque non favorevoli. Di questi cinque, 2 fanno parte dei 3 che erano scontenti della loro esperienza (vedi sopra); una persona ha dichiarato che la sua esperienza è stata buona ma non quella del suo fratello minore e perciò era sfavorevole eccetto se si trattasse di individui motivati; un’altro ha espresso preferenza verso le scuole democratiche; e un quinto, un militare di professione, ha detto di preferire le scuole semi-strutturate in stile Montessori cosicché il bambino avrebbe imparato ad adattarsi a una struttura “imposta”.

Qui è interessante a notare che di tutti gli intervistati che avevano figli in età scolastica stavano facendo unschooling. Nessun bambino in età scolastica era iscritto scuola o stava facendo (curriculum-based) homeschooling.

In conclusione, i vantaggi sono nettamente maggiori degli svantaggi, anche se, come detto, è molto importante tener conto di tutte le variabili se si vuole seguire un percorso di questo tipo.

Un’altra cosa certamente molto importante da notare è che, come emerge da quanto scritto sopra, non si tratta semplicemente di educazione, ma di uno stile di vita.

In fondo, il concetto di base è che ognuno deve seguire la sua chiamata e che il bambino ha  una sua vocazione da realizzare, così come noi tutti e noi adulti non dobbiamo interferire nella sua vita.

Ogni bambino è un leader, e questo a livello educativo stravolge i parametri a cui siamo stati abituati attraverso la nostra formazione, istruzione e cultura. Infatti, si tratta di un cambio di paradigma non indifferente e implica seguire il bambino, rispettandolo e amandoli senza condizioni, consapevoli del fatto che egli ha una sua volontà personale e sappia cosa è meglio per lui, piuttosto che dirigerlo e indirizzarlo dove e come vogliamo noi.

“La sostanza del mio pensiero può riassumersi in 'abbiate fiducia dei bambini' Non c’è nulla di più semplice, o più difficile. È difficile perché per fidarci dei bambini dobbiamo prima fidarci di noi stessi e a molti di noi è stato insegnato, da bambini, che non ci si poteva fidare di noi.” John Holt

 

 

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l’estratto del libro su questo link).

Photo by Carli Jeen on unsplash

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