Il problema dell’educazione è l’educazione

educazione formazione genitorialità consapevole leadership psicologia Jul 05, 2019

Sembra paradossale. Lo so. Ma è così: alla base di tutti i nostri problemi c’è l’educazione.

A tal riguardo, è stravagante notare come praticamente in tutti i campi ci appoggiamo alla scienza per argomentare le nostre discussioni o semplicemente per seguire una certa linea d’azione, ma non per quanto riguarda l’educazione.

In relazione a ciò, i fatti dimostrati e le conoscenze che abbiamo oggi sull’infanzia ci dicono in modo chiaro e inequivocabile che i vecchi metodi educativi sono alla base di una varietà di problemi legati alla salute, psicologici, sociali. Eppure, sono in molti a giustificarli, e addirittura promuoverli.

Sappiamo con certezza che la fonte dei condizionamenti riporta generalmente all’infanzia e al periodo prenatale e trova la sua origine nella famiglia e nella società (che è poi la famiglia della famiglia) in cui nasciamo e cresciamo. Eppure, continuiamo a minimizzare l’esperienza infantile.

È stato ampiamente dimostrato che la scuola soffoca la creatività, considerata essere la qualità di leadership più importante in questa nuova economia, anche denominata Imagination Age. Eppure, invece che rivoluzionare le cose, prediligiamo qualche pallida riforma finalizzata a una maggior standardizzazione.

Come premessa, ci tengo a sottolineare che qui non si tratta di puntarci il dito l’uno contro l’altro, e rimanere invischiati nella solita tiritera che vede ogni parte in causa ergersi al di sopra delle altre, sostenendo che i propri metodi e le proprie idee sono migliori. Al contrario, qui si tratta di fermarci a riflettere un attimo, abbassando la metaforica pistola e rendendoci finalmente conto che stiamo dando troppe cose per scontate per quanto concerne l’educazione (tema che dovrebbe interessare tutti, anche chi di figli non ne ha, essendo alla base della nostra società democratica).

Troppo spesso, la nostra incapacità di pensiero critico e indipendente (dovuta all’educazione che abbiamo subito) non ci permette di vedere al di là della punta del nostro naso. Così, senza pensarci su, abbiamo preso per verità assoluta molte teorie, idee e/o opinioni che hanno poi dato origine a quell’incredibile mosaico che è la nostra mente.

Il nostro armamentario mentale non è frutto di approfondita ricerca, ma perlopiù un insieme di luoghi comuni, stereotipi, pensieri e informazioni che abbiamo accolto passivamente e preso per veri, e che si sono trasformati nel nostro sistema di credenze, che ci governa.

Per quanto concerne l'educazione, abbiamo una personale visione dell’infanzia e dell’essere umano, di come vanno educati i bambini, et cetera, e tutto questo riporta alla nostra personale esperienza di vita. Generalmente, ciò che noi stessi abbiamo vissuto, riproponiamo ai nostri figli, sfoderando immediatamente la spada di fronte a qualsiasi critica (o semplicemente modo di pensare diverso) e difendendo a spada tratta il nostro operato, e ovviamente quello dei nostri genitori.

Ora, qui non è mia intenzione colpevolizzare nessuno. I nostri genitori erano inconsapevoli, così come lo erano i nostri nonni e i genitori di quest’ultimi...  e anche noi! Siamo tutti vittime dell’educazione. Io credo che tutti abbiano sempre cercato di fare del loro meglio, ma il problema di fondo è che nel corso della storia ci siamo fidati troppo delle teorie, e troppo poco di noi stessi (ma anche qui, come vedremo di seguito, c’è un motivo ben preciso).

Senza andare troppo indietro nel tempo, gli ultimi duecento anni sono stati letteralmente dominati dalla cosiddetta pedagogia nera (alcuni autori — come ad esempio lo scrittore Erich Maria Remarque, il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, la psicoterapeuta e saggista Alice Miller — hanno avanzato l'ipotesi, da me condivisa, che questa ideologia pedagogica, oltre che essere assolutamente controproducente e limitante, abbia favorito i regimi totalitari e largamente contribuito a portare il mondo verso i due conflitti mondiali).

Il fine di questo genere di educazione è quello di formare sudditi obbedienti. Di insegnare le persone ad aspettare che qualcuno dia loro degli ordini, che dica loro esattamente cosa fare (era proprio questa la linea di difesa dei gerarchi nazisti al processo di Norimberga: "Abbiamo semplicemente eseguito gli ordini").

Al tempo, gli educatori dicevano alle genti che è perfettamente normale che l’anima abbia una sua volontà personale, ma che deve essere annientata nei primi due anni di vita in modo tale da poter plasmare il bambino a proprio piacimento. Molto semplicemente, il bambino deve rinunciare a sé stesso e genuflettersi dinanzi alla volontà dell’adulto (tutti i vecchi libri di pedagogia, e anche molte pubblicazioni più recenti, sono stracolmi di consigli e suggerimenti su come combattere contro la testardaggine e l’ostinazione già del lattante e poi del bambino piccolo, con metodi che spaziano dalle percosse alla più sottile manipolazione psicologica).

Il principio basilare di questa ideologia è che la volontà del bambino va stroncata sul nascere: il bambino deve imparare sin dalla culla a seguire gli altri e non se stesso. Questo è in buona sostanza il succo dell’educazione all’obbedienza: essere conformi alle aspettative di terzi, vivere la volontà altrui come propria.

Gli educatori di quei tempi lo dicevano molto chiaramente (e anche oggi lo sentiamo dire troppo spesso): non è mai troppo presto per educare all’obbedienza.

Il medesimo discorso fu applicato alle scuole.

Il nostro sistema educativo non è stato ideato per sviluppare le potenzialità di ogni individuo, e non è neppure frutto della conoscenza scientifica su come i bambini apprendono (infatti i bambini non apprendono come le scuole insegnano!), ma piuttosto del nostro passato, della nostra storia.

Va infatti ricordato che le scuole sono nate per servire fini religiosi e politici, e che il sistema scolastico che oggi conosciamo è stato deliberatamente progettato con il preciso intento di indottrinare i bambini, educarli all’obbedienza e formare lavoratori compiacenti e produttivi che avrebbero lavorato bene nel sistema.

Secondo gli architetti del sistema scolastico moderno (leggi qui per scoprire la vera storia della scuola e dell'educazione) lo scopo della scuola doveva essere quello di spezzare/distruggere la volontà nei bambini, e condizionarli in modo tale che da adulti non avrebbero più potuto pensare in modo diverso da quello a loro imposto.

Il problema è che oggi non mettiamo in discussione nulla ti tutto ciò.

A livello globale, si tratta ormai della normalità. Continuiamo a ripetere dei vecchi schemi, di generazione in generazione, senza renderci conto del danno enorme che stiamo facendo, e addirittura incolpando le nuove generazioni del fardello che noi stessi stiamo lasciando loro in eredità.

Forse taluni trovano difficile pensare che dietro quell’educazione che consideriamo “normale” e “necessaria” vi sia un meccanismo perverso e per niente luminoso, e magari risulta complicato andare a rovistare negli eventi storici sopra descritti… e allora spostiamo l’attenzione sulla nostra storia personale, fino ad arrivare al presente, per poi dare una sbirciatina al futuro...

Siamo nati con una innata creatività e insaziabile curiosità, biologicamente programmati per educare noi stessi. Noi tutti siamo nati con dei doni e talenti straordinari e ognuno di noi è il suo progetto di vita.

Da bambini eravamo connessi con noi stessi, pieni di vitalità, molto curiosi, con una fervida immaginazione… ma poi, crescendo, qualcosa è cambiato.

Abbiamo presto scoperto che non eravamo liberi di essere ciò che eravamo...

Gli adulti, genitori in primis, hanno iniziato a dirci che dovevamo essere in questo o quel modo, che dovevamo fare questo o quello per diventare qualcuno (che, implicitamente, significa che così come siamo non andiamo bene). Che dovevamo comportarci come loro ci dicevano (“Non fare questo”, “non fare quello”, “non fare quell’altro”, “no”, “non è possibile”, “non si può”). Ci siamo dovuti conformare alle loro aspettative per essere accettati, per essere amati. Abbiamo accolto in noi i loro dubbi, le loro preoccupazioni, le loro paure...

Abbiamo preso per vero tutto quel che ci dicevano. Non abbiamo avuto la possibilità di scegliere liberamente, in base alla nostra volontà personale. Altri hanno scelto per noi. Abbiamo presto capito che l’obbedienza è premiata, la disobbedienza punita. Siamo stati educati in un certo modo: con le busse, con i ricatti, le minacce, i castighi, la logica del rinforzo positivo et cetera.

Ci hanno detto chi eravamo prima ancora che potessimo porci tale interrogativo. Non ci è stato permesso di fare esperienza di noi stessi, e le fondamentali domande che iniziavano a passarci per la testa irritavano gli adulti e venivano banalizzate, schernite. Così, dopo qualche tentativo, abbiamo scelto di non porle più. Crescendo, siamo stati sempre più spinti verso il conformismo e l’omologazione. Attraverso metodi di insegnamento che prediligono il nozionismo e il pensiero lineare siamo stati imbottiti di risposte preconfezionate da imparare a memoria.

Come ha evidenziato Gregory Bateson, ci è stato imposto un certo modo di ragionare che ha frenato la nostra spinta curiosa e critica verso nuove conoscenze, e che ha inibito quell’autentico interrogarsi libero da pregiudizi tipico dei bambini, che domandano il perché e il come mai di tutte le cose. Convinti del fatto che solo un tipo di intelligenza è valido (oggi grazie allo psicologo Howard Gardner sappiamo invece che non è così, e che sono varie le manifestazioni fondamentali dell’intelligenza), ci hanno etichettati come stupidi se non imparavamo come loro insegnavano...

Ci è stato inoltre insegnato che vi è un solo modo di fare le cose (come da logica industriale che riporta al Taylorismo) e siamo stati forzati ad apprendere tonnellate di dati triviali in modo meccanico, facendo lavorare solo quella parte del cervello perfetta per il ragionamento e la matematica (ma non per l’amore, la passione, l’ispirazione). Obbligati a usare il pensiero divergente (immaginazione, possibilità) e convergente (giudizio) allo stesso tempo, abbiamo letteralmente spento la nostra innata curiosità e ucciso la passione per l’apprendimento.

Non ci è stato permesso di divagare (chi crea divaga sempre!), di imparare sbagliando, di dedicarci ai nostri interessi, di scoprire le nostre passioni… di scoprire chi eravamo veramente e cosa veramente volevamo. La vecchia psicologia ha dichiarato (erroneamente) che il bambino è un vuoto creativo da riempire con le nozioni della cultura dominante e così abbiamo sempre fatto. Qualcuno ha deciso che certe nozioni sono indispensabili e le ha suddivise in tanti piccoli pezzettini da imparare a memoria secondo la logica delle punizioni e ricompense (o del bastone e la carota se preferiamo).

Ci hanno detto e ripetuto: “colora bene, dentro i margini!”, “fai il bravo”, “non puoi fare quello che vuoi, devi fare come dico io”, “obbedisci”. Il messaggio che ci è stato fatto passare è che ciò che volevamo non era possibile. Non sarebbe stato possibile essere un artista, un leader, un astronauta, un viaggiatore, un sognatore. Dovevamo fare qualcosa di conveniente, di pratico. Non solo i nostri genitori e maestri di scuola hanno riso dei nostri sogni, anche i nostri compagni e amici lo hanno fatto.

“Non mirare troppo in alto che ti bruci, come Icaro” è un tarlo che ci è entrato pian piano nella mente, facendo sì che dimenticassimo i nostri alti ideali e facendoci abbracciare l’ignavia e la mediocrità come stile di vita.

Anche il marketing e la propaganda hanno fatto un ottimo lavoro, indirizzando il nostro modo di pensare e le nostre abitudini e governando la nostra vita. Nella nostra società moderna tutto ha contribuito a smorzare il nostro slancio vitale (a tal riguardo, va anche notato che l’adulto sopporta poco l’innata creatività e vitalità dei bambini, in generale, perché risveglia in quest’ultimo la grande sofferenza legata all’educazione che gli è stata impartita, e che ha soffocato in sé stesso queste straordinarie qualità umane, portandolo a disconnettersi totalmente dalla sua vera essenza).

Con spirito acritico abbiamo creduto a tutto ciò che ci hanno insegnato, come i nostri genitori prima di noi, e i nostri nonni prima dei nostri genitori. Ci siamo lasciati ipnotizzare. Da bambini non avevamo le difese necessarie contro certe dottrine deleterie (contro l'educazione potremmo dire!). Ci siamo fidati. Abbiamo concesso il nostro potere personale agli altri, alle teorie. E abbiamo iniziato a non fidarci di noi stessi. In fondo, nessuno ha mai creduto veramente in noi (per fidarci dei bambini bisogna prima fidarsi di sé stessi, e in questo circolo vizioso la fiducia è sempre venuta a meno), e quando siamo educati a essere conformi alle aspettative degli altri quel che succede è che iniziamo a negare delle parti di noi stessi, sviluppando così una falsa immagine che si sostituisce al nostro vero volto e un luogo di controllo esterno. Tutto ciò, inutile dirlo, contribuisce a una totale distruzione della fiducia in noi stessi, soffocando tutto il nostro potenziale, che poi si trasforma in sofferenza.

Detto in altri termini, veniamo letteralmente disconnessi da noi stessi (mentre scrivo queste righe mi viene in mente il film: La bussola d’oro, dove i bambini vengono intenzionalmente scollegati dal loro Daimon) e questo è puro veleno per quanto riguarda la nostra realizzazione personale che, come spiegava Abraham Maslow, ha piuttosto a che vedere con il rimanere fedeli alla nostra vera natura! “Un musicista deve fare musica. Un artista deve dipingere. E un poeta deve scrivere se vuol essere alla fine in pace con se stesso. Ciò che un uomo può essere, egli deve essere”, diceva il noto psicologo statunitense.

Attraverso dei vecchi metodi educativi ormai obsoleti quel che viene fatto è invece l’esatto contrario. Da bambini siamo costretti a essere e divenire come altri vogliono, veniamo dirottati dal vero asse della nostra vita (è così che che poi si rischia di vegetare in uno stato negativo e in un comportamenti deviati), e iniziamo a vivere un vita vuota, cercando di anestetizzare il nostro tormento interiore e soffocare la nostra verità, medicando noi stessi con troppo alcol, troppo cibo, troppo shopping, troppa televisione, troppa tecnologia, droghe/psicofarmaci, et cetera.

Le conseguenze sono devastanti, per l’individuo e per la società.

A livello planetario, i dati sono allarmanti:

  • Nove persone su dieci non trovano un senso in ciò che fanno (State of the Global Workplace report, ricerca condotta dalla società Gallup in 141 paesi nel 2013 e in 155 nel 2017), che è come dire che vivono una vita insensata. A livello economico, la perdita in produttività è pari a svariati miliardi di dollari per nazione.
  • Il rimpianto più comune delle persone in punto di morte è quello di non aver avuto il coraggio di vivere la vita che veramente avrebbero voluto (di fare la loro vera volontà), ma di essere scese a compromesso con le aspettative degli altri (Vorrei Averlo Fatto, Bronnie Ware). Francamente, non credo possa esistere un dolore peggiore: rendersi conto, un giorno, quando è ormai troppo tardi, di aver sprecato la propria vita.
  • La depressione è la malattia più diffusa (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Già questi dati sono sufficienti per affermare che abbiamo perso il senso della vocazione e della vita, e questo a causa dell’educazione. È così che abbiamo sviluppato una falsa imagine di noi stessi, un concetto distorto del genere di persona che siamo, e dell’Esistenza, e di tutto ciò che proiettiamo davanti a noi.

E questo facciamo fatica a metterlo in discussione, molta fatica. Non ci rendiamo conto che tutti i nostri problemi derivano da una immagine distorta del nostro io, da una valutazione errata che abbiamo di noi stessi, che trova la sua origine nel modo in cui siamo stati educati…

Tutto questo ha un effetto deleterio su tutti gli aspetti della nostra vita e sul modo in cui ci relazioniamo con noi stessi, con gli altri, con il mondo intero. Non bastasse, non facciamo altro che ripetere gli stessi schemi, credendo di essere liberi ma vivendo una vita completamente dominata dai nostri automatismi.

Questo è il risultato della vecchia educazione (e non dimentichiamo che la società di oggi è l'esatto risultato dell'educazione di ieri). Per tutti questi motivi io credo che oggi ciò che più limita il nostro progresso e la nostra evoluzione è l’educazione.

Veniamo alla luce con un potenziale straordinario e tutte le capacità di realizzare noi stessi, ma veniamo educati a essere qualcuno che non siamo. Addomesticati a essere vittime, non leader.

Oggi ci troviamo però in un periodo di grandi cambiamenti e transizione. Tutto sta cambiando molto rapidamente a livello sociale, politico, economico. Le forze del cambiamento e della globalizzazione stanno rimodellando tutto. C’è più informazione, più consapevolezza, e i nodi legati all’educazione stanno venendo al pettine anche per quanto riguarda il lavoro.

Il sistema educativo che tutti conosciamo è infatti nato come investimento per il nostro futuro economico, sulle basi dell’economia industrializzata. Oggi però nelle fabbriche ci lavorano i robot, e sempre meno persone fanno e faranno dei lavori che possono essere automatizzati. Si stima addirittura che nei prossimi 15 anni il 50% dei posti di lavoro sarà a rischio e che il 65% dei bambini che sono oggi alle elementari faranno un lavoro che ancora non esiste, usando tecnologie che ancora non conosciamo.

Entro il 2025 le macchine svolgeranno più compiti degli esseri umani. Secondo la logica industriale, se non sei più che indispensabile e qualcuno può fare un lavoro a un prezzo minore (macchina o uomo che sia) la sostituzione sarà presto una certezza.

Questa nuova economia ha portato con sé molta destabilizzazione, ma anche moltissime nuove opportunità. Eppure, ci ostiniamo a educare i nostri figli seguendo vecchi metodi e modelli. Continuiamo a educare i nostri ragazzi all’obbedienza, a non essere creativi, a seguire la nostra volontà piuttosto che permettere loro di essere e divenire ciò che sono.

Testardi, chiediamo a gran voce “più scuola!” per risolvere i problemi che invece originano proprio dall’attuale sistema educativo! Anche a livello occupazionale questo è un grosso problema. La rivoluzione post-industriale è qui. La nuova economia non premia più obbedienza e docile remissività; bensì creatività, imprenditorialità, iniziativa personale, leadership (tutte qualità sistematicamente soffocate dal sistema attuale). Perché continuiamo a formare giovani che aspettano di essere scelti e che qualcuno dica loro cosa fare?

L’ideologia pedagogica va completamente rivista, così come tutte le teorie sull’esperienza umana. È oggi vitale partire da premesse diverse e pensare/immaginare/agire/educare in modo nuovo.

Il concetto è molto semplice: ognuno deve seguire la sua Chiamata. Ogni bambino è da considerarsi un artista, un leader, e questo a livello educativo stravolge i parametri a cui siamo stati abituati attraverso la nostra formazione, istruzione e cultura.

Infatti, si tratta di un cambio di paradigma non indifferente e implica seguire il bambino, consapevoli del fatto che egli ha una sua volontà personale e sappia cosa è meglio per lui, piuttosto che dirigerlo e indirizzarlo dove e come vogliamo noi.

Noi infatti non conosciamo la sua vocazione e non sappiamo qual è la speciale funzione che egli sarà chiamato a compiere, dunque non possiamo insegnargli a diventare questo o quello, ma la soluzione migliore è seguirlo e permettergli di essere e divenire liberamente ciò che è (i bambini hanno una innata capacità di auto-apprendimento e vanno supportati a realizzare ciò che vogliono, piuttosto che interferire continuamente nella loro vita, in quanto questo è l’errore fondamentale alla base di tutti i problemi!).

Come noi, i nostri figli sono al mondo per realizzare se stessi: per trasformare il loro potenziale in realtà. Perciò, due sono le cose che dobbiamo fare: 1) noi adulti/genitori dobbiamo ricordarci chi siamo in origine e riallinearci al vero asse della nostra vita e 2) evitare in qualsiasi modo di condizionare i nostri figli, e i bambini in generale, supportandoli in qualsiasi modo a realizzare ciò che vogliono, smettendola di interferire continuamente con le loro vite.

I bambini vanno rispettati, amati. Non si tratta di “farli crescere” (come fossero dei pomodori. Il termine infatti credo derivi dall’agricoltura), ma di crescere insieme.

Ha detto bene Alice Miller: “Quando gli sia consentito di vivere e di crescere armoniosamente, il bambino non ha bisogno di essere diretto dall’esterno, né di ricevere educazione di sorta.”

 

PS. Il punto di partenza è sempre la tua leadership personale.

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l'estratto su questo link).

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