La scuola uccide la creatività

educazione formazione genitorialità consapevole Jun 09, 2019

Il sistema attuale di insegnare ai bambini a stare seduti per ore al medesimo posto, prendere ordini passivamente, stare in silenzio, obbedire a delle istruzioni, non mettere mai l’autorità in discussione, e certamente, non fare un lavoro creativo non è casuale… ma neanche frutto della conoscenza scientifica su come i bambini apprendono.

La scuola moderna è stato deliberatamente progettata con il preciso intento di educare i bambini all’obbedienza e formare impiegati compiacenti e produttivi che avrebbero lavorato bene... nel sistema!

Il sistema scolastico che tutti conosciamo non è stata ideata per sviluppare le potenzialità di ogni bambino, ma è nata centocinquanta anni fa come investimento per il nostro futuro economico, sulle basi dell’economia industrializzata (per approfondire: breve storia della scuola e dell'educazione).

Si tratta di un modello educativo che poteva magari andare bene un tempo, quando il sistema è stato messo davanti all’uomo (il secolo scorso, vedi Taylorismo). Infatti, se studiamo con attenzione gli avvenimenti del passato, comprendiamo che al tempo ciò che rendeva la forza lavoro molto produttiva era appunto il sistema (si riteneva di poter ovviare all’inefficacia non attraverso la ricerca di talenti, bensì attraverso l’organizzazione scientifica del lavoro: individuare e applicare un unico miglior modo per effettuare qualsiasi tipo di operazione a livello produttivo, per massimizzarne l’efficienza). Che si trattasse di Total Quality Management (TQM), Taylorismo o Fordismo, fu il sistema a fare da perno ed essere il pilastro fondamentale dell’economia del XX secolo, consentendo al lavoratore di operare in modo efficace e produttivo, senza particolari specializzazioni o qualifiche.

Oggi però non è più così.

Negli ultimi venti/trent’anni l’economia è cambiata radicalmente, ma noi continuiamo a perseverare educando i bambini attraverso dei metodi e modelli obsoleti, come se fossimo rimasti fermi a cent’anni fa. Siamo invece nel XXI secolo: nelle fabbriche ci lavorano i robot e sempre meno persone fanno e faranno dei lavori che possono essere automatizzati. In più, è il lavoratore che porta contributo al sistema, e non più il contrario come nel secolo scorso.

La rivoluzione post-industriale è qui

  • 50% posti di lavoro a rischio nei prossimi 15 anni (The future of employment: how susceptible are jobs to computerization, Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne, University of Oxford).
  • Entro il 2025 le macchine svolgeranno più compiti degli esseri umani, tuttavia la robotica creerà milioni di nuovi posti di lavoro. Si stima che saranno 58 milioni entro il 2022 (Jobs lost, jobs gained: workforce transition in a time of automation, McKinsey Global Institute).
  • Emergeranno nuove categorie professionali che rimpiazzeranno parzialmente o totalmente quelle vecchie, ma in qualsiasi modo le competenze richieste nel mondo del lavoro cambieranno in molte industrie, indipendentemente dal tipo di attività svolta, trasformando il modo in cui le persone lavorano e rendendo la formazione continua una necessità per tutti. 54% dei lavoratori dovranno fare una riqualifica professionale entro il 2022. Automazione e intelligenza artificiale contribuiranno ad aumentare la produttività e favorire la crescita economica, ma milioni di persone saranno costrette a cambiare lavoro. Si stima che 400-800 milioni di persone potrebbero essere sostituite e avranno necessità di trovare un nuovo impiego entro il 2030 (The future of jobs, World Economic Forum).
  • 65% dei bambini oggi alle elementari faranno un lavoro che ancora non esiste, usando tecnologie che ancora non conosciamo (The future of jobs 2018, World Economic Forum).

Se ci pensiamo, oggigiorno vi sono già moltissimi lavori che fino a 5-10 anni fa non esistevano, come ad esempio: social media manager, app developer, drone pilot, et cetera. Quanto sopra non è un qualcosa di astratto e situato in un futuro non meglio definito. È ciò che sta succedendo, adesso!

La tecnologia sta evolvendo a una velocità impressionante. Come sarà il mondo fra due anni, fra cinque, fra dieci? Non ci è dato saperlo. Sappiamo però che il futuro professionale dipenderà soprattutto dalla capacità di apprendere e acquisire sempre nuove competenze. Perché allora continuiamo a formare i nostri ragazzi come se fossimo rimasti fermi al secolo scorso?

Come conseguenza della meccanizzazione dei processi operativi, nel prossimo futuro, sempre più tempo sarà dedicato ad attività che le macchine non possono replicare, richiedendo più creatività, abilità sociali (social intelligence) e cognitive più avanzate, e capacità di apprendimento.

Yong Zhao, professore alla University of Kansas, lo ha detto molto chiaramente:  “Per avere successo nella nuova economia gli studenti devono funzionare come imprenditori.” (tradotto: lo studente, diretto da motivazione intrinseca, è spinto a seguire quella che è la sua vocazione, piuttosto che qualcosa che gli viene imposto da altri).

Ci troviamo nel bel mezzo di una vera e propria rivoluzione, la più epocale dall’introduzione della stampa a caratteri mobili cinquecento anni fa! Non vi sono vie prestabilite, e quel che oggi più serve è una mente dinamica e creativa. Lo confermano 1’500 CEO e leader del settore pubblico in 60 nazioni: in questa nuova economia, la creatività è considerata la più importante qualità di leadership (2010 Global Study, IBM).

A tal riguardo, abbiamo però un grosso, grossissimo problema: la scuola uccide la creatività. Ciò è stato ampiamente dimostrato da un massiccio studio longitudinale condotto da George Land e Beth Jarman. Nel 1968, i due ricercatori svilupparono un test per la NASA con il fine di poter selezionare gli ingegneri e scienziati più creativi. Per scoprire se la creatività è innata oppure la impariamo, decisero di sottoporre il medesimo test a un campione di 1600 bambini sui cinque anni. I risultati furono stupefacenti: il 98% ottenne un punteggio a livello di genio (highly creative range). Il test fu dunque ripetuto cinque e dieci anni dopo con gli stessi bambini. A dieci anni, la percentuale era scesa al 30%. A quindici, addirittura a 12. Da allora, più di un milione di adulti sono stati sottoposti al test e solo il 2% arriva a quel livello! Queste percentuali lasciarono di stucco i ricercatori, che identificarono il neo del problema nel percorso formativo tradizionale.

Tradotto: ogni bambino viene al modo con uno straordinario potenziale, ma la sua creatività viene letteralmente uccisa da modelli educativi obsoleti. Ogni bimbo ha il suo stile di apprendimento, perfettamente adatto alle sue esigenze e perfetto per imparare ciò di cui ha necessità, ma attraverso la scuola dell’obbligo ciò che facciamo è addestrarli a non apprendere nel modo che sarebbe per loro più consono e naturale. Detto altrimenti: la scuola non insegna nel modo in cui i bambini apprendono (leggi qui per saperne di più).

Anzitutto, va detto che il sistema scolastico continua a perseguire i vecchi obiettivi e vi è un focus esagerato sulla standardizzazione, quasi lo scopo fosse quello di formare i giovani per i test standardizzati piuttosto che per il mondo reale. A prima vista, alle nostre latitudini si potrebbe certamente elogiare la qualità del modello educativo offerto dalla scuola pubblica, ma se guardiamo le cose da un punto di vista più ampio ci rendiamo conto che nella nuova economia il primato negli standard è diventato una pecca. Di questo se ne sono da tempo resi conto i leader cinesi che, contrariamente a quanto si possa pensare, non sono per niente soddisfatti che i loro quindicenni ottengano dei punteggi altissimi nelle competizioni internazionali. Hanno infatti scoperto che il loro sistema è perfetto per ottenere degli ottimi risultati nei test, ma per altri aspetti decisamente controindicato in quanto soffoca creatività e imprenditorialità, qualità assolutamente basilari per avere successo nella nuova economia. Come ha dichiarato Jiang Xuaqin, direttore della International Division of Peking University High School, gli alti punteggi ottenuti dai loro studenti sono in realtà un segno di debolezza. Le sue esatte parole: “Le scuole cinesi sono molto brave a preparare i loro studenti per i test standardizzati. Per questo motivo, non riescono a prepararli per l’istruzione superiore e per l’economia della conoscenza.” (The test chinese schools still fail: high scores for Shanghai’s 15-year-olds are actually a sign of weakness, Wall Street Journal). Paradossalmente, mentre noi occidentali cerchiamo di emulare il sistema educativo cinese per ottenere dei migliori risultati, nelle competizioni internazionali, loro stanno facendo l’esatto contrario…

All’origine del soffocamento della creatività troviamo diversi fattori. In primo luogo, quello di non permettere ai bambini di fiorire naturalmente e di apprendere attraverso attività auto-dirette, secondo i loro tempi e i loro modi. Come ha scritto l’educatore americano John Holt, mandiamo i bambini a scuola per imparare a pensare, per diventare colti e istruiti, ma in realtà quel che stiamo facendo è insegnare loro a pensare male, costringendoli ad abbandonare il loro naturale stile di essere/pensare/apprendere a favore di metodi che non funzionano per niente bene, e che mirano perlopiù all’omologazione.

Più precisamente, educhiamo i bambini a usare il pensiero divergente (immaginazione, nuove possibilità) e convergente (giudizio, analisi, critica, valutare) allo stesso momento, e l’effetto è paragonabile a usare acceleratore e freno simultaneamente (attraverso moderne tecniche di brain imaging si è scoperto che usando questi due processi di pensiero contemporaneamente i neuroni lottano fra loro!). Molto semplicemente, il risultato è che qualsiasi nuova idea o intuizione viene immediatamente giudicata, censurata, considerata impossibile.

Unicamente focalizzati sulla parte del cervello che è perfetta per il ragionamento, la logica, la matematica ciò che facciamo è strangolare l’area che riguarda le profonde intuizioni e la genialità (The failure of success, George Land).

In relazione a ciò, oggi, grazie allo psicologo statunitense Howard Gardner, sappiamo anche che ci sono varie manifestazioni fondamentali dell’intelligenza. È risaputo che la più potente facoltà della mente è l’immaginazione e che quest’ultima ricopre un ruolo importantissimo nella nostra vita di tutti i giorni. Dunque, perché fossilizzarsi sui metodi tradizionali d’insegnamento e continuare a non permettere ai bambini di essere ciò che sono e di apprendere secondo i loro bisogni, sulle basi delle particolarità di ognuno?

Va inoltre detto che i difetti dell’apprendimento meccanico sono ben noti. E francamente potremmo anche dire senza mezzi termini che quel che in realtà stiamo facendo non è educare, ma addestrare la memoria dei bambini. Li costringiamo a usare la loro mente non per apprendere, ma per imparare a memoria tonnellate di nozioni che qualcuno ha ritenuto siano in qualche modo utili. Insomma, li costringiamo a fare ciò che noi diciamo e vogliamo, perché qualcuno ha deciso che si fa così. Questo può anche funzionare nel breve termine, nel senso che i bambini imparano a memoria ciò che devono sapere nei test, ma poi nel 99% dei casi dimenticano tutto dopo la prova. È vero, a prima vista non sembrano esserci controindicazioni nel corto termine, ma sul lungo raggio tutto questo è assolutamente nocivo e decisamente molto limitante sotto una varietà di aspetti: letteralmente, questo metodo di insegnamento uccide tutta una serie di qualità innate nell’essere umano, oltre che anestetizzare la creatività (How children learn, John Holt).

Per concludere, non dimentichiamo una cosa molto, molto importante: la nuova economia non premia più obbedienza e docile remissività, bensì coraggio, audacia, iniziativa, creatività, imprenditorialità, leadership.

Lo so, in perfetto stile kantiano, da generazioni siamo fissati con la questione legata all’obbedienza. Siamo convinti che la relazione adulto-bambino sia univoca, e che la volontà personale del bambino deve essere stroncata, che deve seguire non se stesso ma qualcun altro: deve obbedire, eseguire gli ordini, fare come noi diciamo (in fondo, è sempre stato questo l'obiettivo della cosiddetta pedagogia nera che ha dominato gli ultimi duecento anni e più: formare sudditi obbedienti!).

Taluni affermano addirittura che la motivazione intrinseca non esista... non rendendosi conto che non permettendo al bambino di manifestarsi per quel che è e di seguire quelli che sono i suoi interessi, ma dirigendolo dall’esterno attraverso il sistema dei premi e delle punizioni ("educandolo") non stiamo facendo altro che smorzare la sua vitalità e trasformarlo in qualcuno che non è; spostando il suo luogo di controllo all’esterno e condizionandolo gravemente (in psicologia, il luogo di controllo può essere interno o esterno ed ha a che fare con il controllo che crediamo di avere sulla nostra vita. Se è interno, vuol dire che crediamo nelle nostre capacità e siamo padroni del nostro volere e agire. Al contrario, se è esterno crediamo che la nostra vita sia controllata da forze e fatti esterni che sono indipendenti dalla nostra volontà). In altre parole, lo stiamo alienando da se stesso, dirottandolo dal vero asse della sua vita e questo è all'origine di una varietà di problemi con cui oggi siamo confrontati.

Questa nuova economia ha portato con sé molta destabilizzazione ma anche moltissime nuove opportunità che la mente atrofizzata dalla vecchia educazione non riesce però a cogliere. Fatto è che non possiamo pretendere di andare nel futuro con la stessa mentalità che ha contraddistinto il nostro passato...

Con l'educazione industriale ci siamo focalizzati esclusivamente sulla replica del passato (conoscenza) piuttosto che sulla creatività (e sulle nuove possibilità). Continuando a condizionare la mente dei bambini e impedendo loro ogni libertà di indagine e ricerca individuale e diretta non facciamo altro che strangolare la loro curiosità e passione per l'apprendimento. In questo modo, seguendo sempre il “modo giusto/standard” di fare le cose (da noi imposto) l’allievo potrà certamente diventare un bravo impiegato, un abile commerciante, un perfetto industriale ma mai una persona che crea.

Oggi è però la creatività che serve! E in relazione a ciò bisogna tenere in debita considerazione il mercato del lavoro. Infatti, secondo la logica industriale, se qualcuno può fare il tuo lavoro a un costo minore, uomo o macchina che sia, la sostituzione sarà presto una certezza. Vogliamo dunque continuare a insegnare ai bambini che vi è un unico modo di fare le cose (come nei fondamenti di Frederick Taylor e della sua organizzazione scientifica del lavoro del 1911), chiedendo loro di imparare delle risposte a memoria prima ancora d’aver posto le domande, e obbligandoli a eseguire gli ordini alla lettera, non solo non permettiamo loro di trovare uno spazio nel mondo alla loro specifica vocazione, ma neppure un lavoro!

Ha detto bene l'autore americano Seth Godin: "Se fai un lavoro dove qualcuno ti dice esattamente cosa fare, quel qualcuno troverà sicuramente altre persone meno costose per farlo."

Vogliamo dunque continuare a educarli a non essere creativi in un mondo dove “La creatività è importante quanto l’alfabetizzazione” (Sir Ken Robinson)?

Come ha scritto il sedicente futurologo Alvin Toffler, “Le scuole stanno preparando le persone per una società che non esiste più.” Continuando a favorire una pedagogia il cui scopo dichiarato è livellare, pareggiare, omologare stiamo creando un esercito di futuri disoccupati impreparati a fronteggiare le sfide della nuova economia e coglierne le opportunità. Sulle basi di vecchie teorie e modelli educativi obsoleti stiamo storpiando e deformando i nostri ragazzi, impedendo loro qualsiasi possibilità di trasformare il loro potenziale in realtà e realizzare se stessi.

Tutto questo può e deve cambiare, partendo dal nostro modo di pensare… e di educare!

 

“La creatività è senza dubbio la risorsa umana più importante. Senza creatività non ci sarebbe progresso e ripeteremmo sempre gli stessi schemi.” Edward De Bono

“La creatività è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, mentre la creatività abbraccia il mondo stimolando il progresso e dando impulso al futuro.” Albert Einstein

 

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l’estratto del libro su questo link).


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