Democrazia e adulti di successo senza un'educazione tradizionale

educazione formazione Feb 12, 2019

Sui temi scuola e democrazia, Michael P. Farris, Fondatore e Presidente della Homeschool Legal Defense Association, ha detto una cosa molto interessante, su cui noi tutti dovremmo riflettere: “Un popolo che crede nella libertà non emergerà mai da un sistema che inizia con la coercizione.”

Ovviamente, qui non si tratta di mettere in discussione o puntare il dito contro l’educazione, come taluni potrebbero pensare, visto che spesso si crede che educazione e scuola siano la stessa cosa (è altresì fondamentale fare una distinzione fra scuola e educazione, in quanto non sono la stessa cosa e la scuola è semmai una piccola parte dell’educazione intesa nel senso più ampio del termine).

La fondamentale importanza dell’educazione è ampiamente riconosciuta, e questo vale anche per quanto riguarda la democrazia. Infatti, una persona ignorante non può essere libera. Non è in grado di fare delle scelte consapevoli, esercitare i propri diritti di cittadinanza e neanche di inserirsi positivamente nel contesto sociale e professionale che contraddistingue una democrazia.

Il problema, troppo spesso ignorato, è piuttosto pensare di costruire una società democratica (composta da individui autonomi e indipendenti) usando però dei mezzi che non sono propriamente in linea con il fine: obbligatorietà, curriculum determinato dallo Stato, controllo autoritario nella classe, e sistema delle punizioni/ricompense che contraddistinguono l’istruzione pubblica.

A tal riguardo, la scolarizzazione obbligatoria ha sempre destato qualche preoccupazione e perplessità in coloro che credono fermamente nell’idea di democrazia; e nel corso degli anni ciò ha contribuito alla nascita di nuove realtà che potessero offrire agli studenti più opportunità di confrontarsi con un contesto democratico, dove hanno lo stesso peso degli adulti e in cui possono apprendere attraverso attività auto-dirette.

Le scuole democratiche si basano su un modello che rispecchia l’ideale sociopolitico di una democrazia diretta, ma non hanno nulla a che vedere con la cosiddetta educazione convenzionale. Si parte infatti dal presupposto che ogni persona viene al mondo biologicamente programmata all’auto-apprendimento e che l’educazione è responsabilità dell’individuo.

Anche se questo modello è applicato concretamente con successo da alcuni decenni, la critica più comune (forse più che altro dettata dalla paura di ciò che non si conosce), è quella che i bambini che non seguono un percorso formativo tradizionale non siano in grado di acquisire le conoscenze, le capacità et cetera dei loro coetanei che frequentano le scuole pubbliche; abbiano poi delle difficoltà a confrontarsi con la complessità della nostra società moderna; e che non siano sufficientemente motivati per avere successo nel mondo accademico e professionale.

In verità, è vero l’opposto!

La scuola che si basa sul modello di fabbrica (e “taglia unica per tutti”) è oggi considerata un uso inefficiente del tempo dei bambini. Questo perché, come riportano molti fautori della “descolarizzazione” che si riferiscono al pensiero di John Holt, “richiede ad ogni bambino di apprendere argomenti specifici in un modo particolare, ad un ritmo particolare e in un momento specifico, indipendentemente dalle esigenze attuali, future, dagli obiettivi o dalle conoscenze preesistenti di quell'individuo che lui o lei potrebbe avere sull'argomento.”

Come ha sottolineato Gian Piero Quaglino, Accademico ed esperto di formazione, già professore ordinario di psicologia della formazione all’Università di Torino, l’auto-formazione, o apprendimento auto-diretto, è più in sintonia con i processi naturali di apprendimento e sviluppo psicologico (fonte). Imparando in modo naturale i bambini sono meglio equipaggiati per poi confrontarsi con le sfide della vita. Gli studi condotti con l’aiuto di adulti che non hanno seguito un percorso non convenzionale lo dimostrano inequivocabilmente (vedi qui, e qui).

Per quanto riguarda la letteratura sull’argomento, ad oggi le ricerche non sono moltissime e riportano principalmente alle due scuole più note in questo ambito: Summer Hill e Sudbury Valley School.

Una delle prime ricerche è stata condotta da Emmanuel Bernstein e pubblicata sul Journal of Humanistic Psychology nel 1968 (fonte). In questo studio “informale”, Bernstein ha identificato 50 ex allievi di Summer Hill che vivevano a Londra e dintorni e li ha intervistati presso il loro domicilio. Da questo “follow-up” study si evince che quasi tutti i ragazzi che avevano frequentato la scuola lavoravano in ruoli che richiedevano un’istruzione superiore di un certo livello (due medici, due avvocati, uno zoologo, un professore universitario) e questo è già un indizio a conferma del fatto che non solo i giovani “descolarizzati” sono propensi a continuare gli studi (istruzione superiore) e vantano anche delle carriere di successo.

Ciò è perfettamente in linea con i dati che emergono da altre ricerche più recenti (fonte) e con quando scoperto da Peter Grey e David Chanoff nel loro studio del 1986, condotto con l’aiuto dei primi diplomati della Sudbury Valley School (SVS): Democratic Schooling: What happens to young people who have charge of their own education? (fonte).

Andiamo dunque a vedere questa ricerca più nel dettaglio.

La SVS è una scuola democratica dove i bambini di tutte le età sono liberi di imparare, di seguire i propri interessi e sono responsabili della loro educazione. Non ci sono richieste particolari: i bambini/ragazzi sono totalmente responsabili della loro educazione. Il concetto di fondo si basa sulla premessa che il bambino ha una innata capacità di imparare e acquisire le conoscenze, competenze, capacità, e valori della cultura in cui cresce (devono essergli fornite tutte le opportunità di apprendimento, ma va lasciato totalmente libero di utilizzarle come meglio crede, o non avvalersene affatto). Non ci sono indirizzi di studio, compiti o atteggiamenti persuasivi/coercitivi da parte degli adulti per indurre l’apprendimento e anche se questo percorso è per niente simile al concetto di scuola, i risultati dimostrano che nella nostra cultura/economia questi bambini/ragazzi non riscontrano difficoltà nell’essere ammessi a liceo/college/università, né nell’adattarsi alla vita accademica, e diventano adulti di successo in una varietà di carriere senza il bisogno di nulla che somigli al una scuola tradizionale.

Per quanto riguarda l’istruzione superiore e la carriera, gli intervistati hanno evidenziato che hanno ampiamente beneficiato della filosofia di un scuola democratica, che ha permesso loro di seguire i propri interessi e cristallizzare così un senso di responsabilità e iniziativa personale, curiosità, abilità di comunicazione/relazionali e competenze sociali, e un maggiore apprezzamento dei valori democratici.

Di seguito i risultati dello studio del 1986.

Sono stati identificati 76 ex allievi che corrispondevano ai criteri della ricerca. 69 (91%) hanno partecipato, rispondendo a un questionario che conteneva tutta una serie di domande sulle attività che svolgevano quando erano alla SVS, e su cosa hanno fatto dopo la SVS.

Le persone sono state suddivise in due gruppi. Nel gruppo 1 i ragazzi che non hanno frequentato la scuola più del 6th grade prima della SVS (14), e nel gruppo 2 gli altri, che hanno frequentato la scuola fino al 7th grade o più anni.

Dalla ricerca si evince che nell’83% dei casi, almeno un genitore era in possesso di una laurea e nel 74% dei casi uno dei due genitori lavorava in ambito commerciale / business (a livello manageriale, o come professionista indipendente). A quanto pare, la decisione di iscrivere i propri figli alla SVS (ricordiamo, erano i primi anni di operatività della scuola) era dovuta principalmente ad alcuni fattori come: problemi e insoddisfazione riguardo la scuola tradizionale (ribellione: 1) rifiuto di andare a scuola o di seguire le istruzioni di docenti e autorità, o qualche problema legato all’apprendimento o di tipo emotivo, inclusi stress e ansia), e 2) le convinzioni dei genitori (che rispecchiavano il modello SVS) o una combinazione fra le due cose.

In linea di massima, dal sondaggio emerge che alla SVS i ragazzi hanno investito il loro tempo in una varietà di modi: socializzando, lavorando a dei progetti, leggendo, facendo sport, giocando. Impossibile generalizzare. L’unica generalizzazione che si potrebbe fare è che il tempo non è stato utilizzato come se avessero frequentato una scuola tradizionale. Nulla che somigli vagamente all’educazione convenzionale, insomma.

College e Università

Ci si potrebbe dunque aspettare che questi ragazzi abbiano una qualche avversione nei confronti dell’istruzione superiore, che siano anti-college/liceo/università ma anche qui è vero il contrario. È anche interessante notare che per quanto riguarda l’istruzione superiore non vi è più stata alcuna relazione con i problemi sperimentati dai ragazzi prima di frequentare la SVS (e ciò porta a pensare che le problematiche che hanno riscontrato nei confronti della scuola pubblica erano principalmente dovute alla natura coercitiva della scolarizzazione).

In cifre: al tempo dell’intervista, più di 50% (64% gruppo 1 e 47% gruppo 2) avevano completato o stavano completando il college. Dei rimanenti, un quarto aveva invece seguito un percorso di istruzione superiore, ma senza diplomarsi, per motivi come: mancanza di soldi, disincanto al confronto con la vita accademica (anche in questo caso vi è una corrispondenza con altri studi sull’argomento, vedi qui, dove le aspettative di alcuni sono rimaste disattese), oppure avevano dei bimbi piccoli. Altri ancora pare abbiano scelto di non continuare gli studi in quanto non lo ritenevano necessario, né richiesto dalla loro attività professionale.

I college che gli intervistati hanno scelto di frequentare spaziavano da quelli di prestigio e molto selettivi (secondo la lista di Edward B. Fiske del 1982: Selective guide to colleges) a quelli meno selettivi. Dei ragazzi che hanno seguito questa strada, 6 su 7 (86%) del gruppo 1 e 13 su 24 (54%) del gruppo 2 erano iscritti nei college considerati fra i più selettivi (fra circa i 220 sul suolo USA).

Benefici

Motivazione a continuare gli studi, responsabilità personale, abilità di fare ricerche, competenze sociali / ottime doti relazionali, il fatto di non aver timore dell’autorità, sviluppo di capacità/competenze/conoscenze nelle specifiche aree di interesse e capacità di problem-solving sono i maggiori benefici elencati dagli intervistati per quanto concerne il passaggio dalla SVS all’istruzione superiore. Grazie all’aver frequentato la SVS, non solo hanno acquisito gli skills necessari per confortarsi con le sfide della vita di tutti i giorni, ma non hanno neanche avuto grosse difficoltà ad adattarsi alla vita accademica. Questo lo hanno spiegato in termini di attitudine positiva nei confronti dell’apprendimento, un maggior senso di responsabilità nei confronti della propria educazione, il fatto di non essere stati inibiti nei confronti dei docenti (come detto, il fatto di non aver timore dell’autorità) e la capacità di chiedere aiuto quando serve. In altri termini, possiamo affermare che si tratta di un atteggiamento interiore, di un’attitudine positiva che si è sviluppata grazie a un modello educativo che ha permesso loro la libertà di seguire la propria strada. Inoltre, hanno aggiunto, è stata una loro decisione quella di andare al college (e non sono stati obbligati a fare qualcosa che non interessava loro, come accade nella scuola tradizionale) e nei corsi che hanno scelto al college o all’università hanno potuto seguire ciò che più interessava loro, proprio come alla SVS.

Carriera

Una delle osservazioni che balza subito all’occhio (ed è in linea con altre ricerche) è che metà dei ragazzi nel gruppo 1 (7 su 14) hanno scelto delle carriere che hanno a che fare con l’arte e la creatività.

Molto spesso, dallo studio emerge che i ragazzi che hanno investito molto tempo in particolari attività hanno poi continuato a seguirle anche dopo essersi diplomati (e sono diventati musicisti, fotografi, stilisti, informatici, psicologi, businessman et cetera). Le preoccupazioni di chi crede che se non si segue un’educazione convenzionale si rimane in qualche modo illetterati o si avranno poi delle difficoltà per quanto riguarda l’istruzione superiore o la carriera sono pertanto da considerarsi assolutamente infondate. Questi studi dimostrano che i ragazzi che frequentano una scuola democratica vengono ammessi a degli ottimi college e hanno una carriera di successo (e sono diventati, o stanno diventando dei membri produttivi della società in una varietà di ambiti: dal business, alla musica, alla scienza, ai servizi sociali, alle arti et cetera. In qualsiasi modo, non vi è alcuna evidenza né segnale di “drop-out” dalla società americana “mainstream”). Al contrario, si può dire che il concetto che si cela dietro una scuola democratica è assolutamente in linea con le richieste dell’economia nel ventunesimo secolo (mentre vi è un divario enorme fra ciò che viene normalmente insegnato a scuola e le capacità e competenze richieste oggi per avere successo in questa nostra società moderna).

Questa nuova economia non premia più obbedienza e docile remissività; bensì coraggio, audacia, creatività, motivazione, iniziativa, leadership! Problem-solving, pensiero critico e indipendente, capacità di apprendimento attivo, creatività, flessibilità, social intelligence et cetera sono ciò che serve oggi (fonte) e queste particolari caratteristiche si allineano alla perfezione con ciò che i ragazzi dicono di aver acquisito grazie all’aver frequentato una scuola democratica.

Va inoltre detto che al datore di lavoro (e questo riguarda il mondo del lavoro in generale) poco importa delle note o dei risultati di un test di matematica, o delle lezioni di storia o italiano alle elementari o alle medie. È piuttosto interessato al senso di responsabilità, all’abilità di prendere l’iniziativa, alla capacità di risolvere i problemi, al desiderio e all’abilità di imparare/apprendere sul posto di lavoro, alla capacità di relazionarsi con gli altri e di comunicare in modo efficace, all’impegno e all’interesse nell’ambito specifico et cetera. Tutte cose, queste, che vengono naturalmente integrate quando viene permesso ai bambini di sviluppare la loro individualità senza interferenze.

Per comprendere l’efficacia di questo modello educativo è utile portare lo sguardo anche su un altro studio più recente, condotto con l’aiuto di ragazzi che avevano frequentato la SVS. In questo caso, 199 ragazzi corrispondevano ai criteri della ricerca (aver frequentato la scuola per almeno gli ultimi 3 anni di quel che sarebbero stati corrispondenti a High School e che avevano già concluso questo percorso da almeno 4 anni), e 119 hanno partecipato allo studio (fonte). L’intervista è stata condotta da una persona in nessun modo associata alla scuola e che i ragazzi non conoscevano. Le domande riguardavano perlopiù le loro esperienze dopo SVS.

81 (68%) si sono iscritti al college (four-year degree) e 11 hanno seguito un’istruzione superiore. Quelli che si sono iscritti al college non hanno riscontrato particolari difficoltà (a detta degli intervistati, le difficoltà incontrate inizialmente riguardavano la struttura gerarchica degli istituti, la rigidità del rigore accademico, e l’immaturità dei compagni di corso).

Per quanto concerne la carriera, anche questo studio è in linea con quello presentato in questo articolo e rivela che una percentuale considerevole di ragazzi ha scelto un mestiere in questi ambiti: arti e design, comunità e servizio sociale, tecnologia e scienze matematiche. In risposta alla domanda: perché hai scelto questa carriera? 65% hanno risposto che si trattava di passione per il lavoro svolto, e 42% hanno menzionato il valore di servire gli altri. In generale, dalle risposte emerge che i punti di forza dei diplomati di una scuola democratica sono: senso di responsabilità personale, fiducia in se stessi, impegno, ottime capacità e competenze relazionali e autocontrollo.

Come ha sottolineato Peter Gray, ciò che emerge da queste ricerche è del tutto coerente con la natura e con la filosofia di una scuola democratica. Un’analisi di quanto affermato dagli intervistati sui loro valori personali indica il più alto rango per i valori democratici, come ad esempio: egualitarismo, libertà, tolleranza, responsabilità, e rispetto dei diritti dell’individuo (fonte).

Per concludere, guardandoci attorno possiamo essere d’accordo con il filosofo francese Jacques Maritain nel dire che “La tragedia delle democrazie moderne è che non sono ancora riuscite a realizzare la democrazia.” Questo ci riporta all’inizio di questo post e porci delle serie domande in tal senso. La buona notizia è che la soluzione ce l’abbiamo a portata di mano e riguarda ciò che ho scritto in questo articolo.

 

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l’estratto del libro su questo link).

 

 

 

Photo by Good free photo on unsplash


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