La Sudbury Valley School: un modello educativo all'avanguardia

educazione formazione Apr 27, 2019

Ogni bambino viene al mondo per realizzare se stesso.

Noi tutti siamo nati con una nostra volontà personale, con una insaziabile curiosità, con una innata creatività… ma poi, crescendo, succede qualcosa… e sono davvero pochi gli adulti che vivono una vita appagante si sentono davvero realizzati.

Purtroppo, siamo ancora lontani dall’aver compreso come funziona veramente la natura umana e nella nostra società è ancora molto diffusa la credenza che il bambino sia un vuoto creativo da riempire con le nozioni della cultura dominante. Largamente influenzati da quel comportamentismo che ha dominato la scena nella seconda metà del secolo scorso, siamo ancora convinti che i bambini vadano addomesticati, esattamente come viene fatto con gli animali!

In questo modo, non permettiamo ai bambini apprendere in modo naturale e essere/divenire liberamente ciò che sono, ma imponiamo il nostro mondo su di loro. Attraverso un sistema di punizioni e ricompense li educhiamo sin dalla culla a essere conformi ai nostri standard e alle nostre aspettative. In fondo, è proprio questo che insegna la vecchia ideologia pedagogica: la volontà del bambino deve essere stroncata; egli deve sottomettersi all’adulto per essere modellato a suo piacimento.

Stessa cosa per quanto concerne la scuola. L’organizzazione scolastica standardizzata è nata sulle basi del sistema prussiano, per rispondere ai fabbisogni dell’economia industrializzata e favorire le priorità e la convenienza di terzi, e non dello studente. Inoltre, non è certamente frutto della conoscenza scientifica su come i bambini apprendono, ma piuttosto del nostro del nostro passato — della nostra storia (le scuole sono nate per servire fini religiosi e politici, e il sistema scolastico che oggi conosciamo è stato deliberatamente progettato fra il XVIII e XIX secolo, con il preciso intento di indottrinare i bambini, educarli all’obbedienza e formare degli operai compiacenti e produttivi che avrebbero lavorato bene nel sistema).

Risultato dell’educazione moderna? “Nessuno è ciò che sarebbe diventato se fosse lasciato libero.” (Osho)

E questo è davvero molto grave in termini evolutivi. Lo scrittore italiano Amedeo Rotondi lo spiegò molto elegantemente: “Ciascuno ha nella vita qualche cosa di particolare da fare, che nessun altro all’infuori di lui può fare esattamente alla stessa maniera. Se ci si mette, all’inizio, nel vero asse della propria vita, la si realizza armoniosamente. Se si resta a fianco del vero asse della propria vita, si vegeta in un comportamento deviato e in uno stato scorretto.

Purtroppo, oggi la maggior parte delle persone non occupano il loro spazio e non stanno facendo ciò per cui sono nate (e ciò vuol dire che non sono assolutamente allineate al vero asse della propria vita!). Le ricerche condotte dalla società Gallup in 141 paesi nel 2013 e 155 nel 2017 (State of the Global Workplace report) lo dimostrano in modo inequivocabile: a livello globale 9 persone su 10 non trovano un senso in ciò che fanno, che è come dire che vivono una vita insensata!

Il problema di fondo è che si è perso il senso della vocazione… e della vita! Va inoltre sottolineato che in qualità di esseri umani noi non possiamo sopportare una vita priva di significato. Senza uno scopo, veniamo deprivati della nostra ragione di esistere, come avevano già scoperto illustri pensatori del calibro di Abraham Maslow, Carl Gustav Jung, Fëdor Dostoevskij), e tutto questo è davvero disastroso!

Incrociando i dati summenzionati con il fatto che il rimpianto più comune delle persone in punto di morte è quello di non aver avuto il coraggio di vivere una vita autentica e fare ciò che veramente avrebbero voluto, ma essere invece scese a compromesso con le aspettative degli altri (vedi il libro Vorrei averlo fatto, di Bronnie Ware) ci troviamo di fronte a un quadro davvero inquietante: nasciamo con un enorme potenziale e moriamo pieni di rimpianto per non averlo realizzato!

Ricapitolando, ognuno di noi viene al mondo con dei doni e talenti straordinari, che per molti rimangono però (e purtroppo!) inespressi, in quanto letteralmente soffocati da modelli educativi altamente controproducenti e limitanti. Siamo addirittura arrivati al punto di credere che educazione e scolarizzazione siano sinonimi, e attraverso la nostra inconsapevolezza e un sistema educativo obsoleto (e totalmente disconnesso dalla realtà e dai bisogni di questa nuova economia) continuiamo a formare impiegati prevedibili/mediocri e consumatori psichicamente schiavizzati piuttosto che imprenditori e leader.

Oggi però sappiamo che la nuova economia non premia più obbedienza e docile remissività; bensì coraggio, audacia, creatività, motivazione, leadership (tutte qualità sistematicamente soffocate dal sistema educativo moderno) e che per avere successo nella nuova economia i ragazzi devono funzionare come degli imprenditori, ma continuiamo a formare i giovani come se fossimo rimasti fermi al secolo scorso.

L’economia è mutata radicalmente, mentre la scuola è rimasta la stessa di sempre e continua a perseguire i vecchi obiettivi. Molti parlano di riforme (e pare che l’obiettivo sia una standardizzazione sempre maggiore, come se lo scopo fosse quello di preparare gli allievi per i test standardizzati piuttosto che per la vita e per il mondo reale!), quando in verità abbiamo bisogno di una rivoluzione!

La differenza fra riforma e rivoluzione è molto semplice: nel primo caso si tratta di abbellire un po’ una certa struttura, strizzando l’occhiolino ai principi fondamentali su cui la stessa si basa; mentre la rivoluzione è un cambiamento radicale… ed è proprio ciò di cui abbiamo necessità. Abbiamo bisogno di ripensare i principi educativi su cui educhiamo i nostri figli e… di una scuola nuova!

UNA SCUOLA VERAMENTE NUOVA

La Sudbury Valley School (SVS) si trova a Framingham, nel Massachusetts (USA). È stata fondata nel 1968 da un gruppo di educatori e genitori sulle basi di una visione educativa che favorisce la libertà dell’individuo in un contesto democratico.

Il concetto di democrazia è sempre stato alla base, anche se nel primo opuscolo che uscì per annunciare l'apertura della scuola la democrazia non era menzionata. Scritto nel 1965 e intitolato Una proposta radicale, l'opuscolo recitava: “Il principio guida della scuola è che ogni membro sia libero di perseguire i propri interessi, ovunque essi possano condurre.” Per i membri fondatori, l’idea di democrazia nella scuola era un obiettivo socio-politico; un aspetto formativo implicito che riguardava la scuola in sé, vista come luogo dove i bambini si preparano a diventare adulti e far parte della società.

La filosofia della SVS si basa sull’idea che l’educazione è responsabilità dei bambini. Fondamentalmente, i bambini sono biologicamente programmati per educare e realizzare se stessi, e tutto ciò di cui hanno necessità è un ambiente ricco di opportunità. Le modalità di apprendimento si svolgono attraverso il gioco libero, la curiosità insaziabile, l’esplorazione e le attività auto-dirette.

L’auto-apprendimento, come ha affermato il Professore di psicologia all’all’Università di Torino Gian Piero Quaglino, è più in sintonia con i processi naturali di sviluppo psicologico e più efficace proprio perché diretto da motivazione intrinseca, e quindi l’individuo è spinto a seguire i propri interessi e la propria vocazione, piuttosto che qualcos’altro che gli viene imposto da terzi.

Personalmente, condivido pienamente questo approccio e, per fare eco alla psicoterapeuta e saggista svizzera Alice Miller, sono fermamente convinto che “Quando gli sia consentito di vivere e di crescere armoniosamente, il bambino non ha bisogno di essere diretto dall’esterno né di ricevere educazione di sorta.” Così come imparano a parlare, i bambini possono imparare anche tutto il resto e diventare adulti realizzati e di successo.

Alla SVS i bambini (4-19) non sono segregati per classi di età e hanno la straordinaria opportunità di interagire liberamente con chi vogliono. Gli allievi sono liberi di giocare, esplorare, socializzare e seguire i loro specifici interessi, fintanto che non violano le regole della scuola (che sono decise in modo democratico e hanno a che fare esclusivamente con il mantenimento della pace e dell’ordine, e non con l’apprendimento). Il risultato è una combinazione davvero unica di libertà e responsabilità, che da sempre è uno dei tratti distintivi della scuola.

A tal riguardo, come traspare dal sito web della scuola va anzitutto specificato che il modello educativo della Sudbury Valley School non è una variante dell’istruzione standard e convenzionale, e neppure una versione progressista della scuola tradizionale. Non si tratta di una scuola Montessori, di una scuola Dewey o di una scuola costruttivista piagetiana. È qualcosa di completamente diverso.

Questo modello si basa su un semplice dato di fatto: la sopravvivenza di ogni specie dipende dall’ambizione dei suoi giovani di sviluppare le abilità di cui hanno necessità per diventare adulti di successo e agire/operare in modo efficace nel mondo (cosa che oggi, nella nuova economia, significa funzionare come degli imprenditori). In relazione a ciò, la scuola offre a ogni studente un luogo dove poter realizzare questa ambizione e scoprire/sviluppare i suoi punti di forza e la propria unicità/individualità.

Mi rendo conto che per molti questa filosofia non è molto semplice da comprendere, perché da alcune generazioni siamo persuasi a pensare che educazione e istruzione scolastica tradizionale siano sinonimi, e avendo quasi tutti noi frequentato scuole pubbliche o private basate su un ideologia diversa risulta un po’ complicato contemplare delle alternative… Perciò, per capire meglio come funziona questo modello è importante aprirsi a una nuova mentalità, decisamente diversa da quella che domina il pensiero educativo attuale.

Infatti, questo approccio ciò stravolge completamente i parametri a cui siamo stati abituati attraverso la nostra formazione, istruzione, cultura. È un cambio di paradigma non indifferente e implica seguire il bambino, consapevoli del fatto che egli ha una sua volontà personale e sappia cosa è meglio per lui, piuttosto che dirigerlo e indirizzarlo dove e come vogliamo noi. È fondamentale partire dalla premessa che non sono gli adulti a dover controllare l’educazione; ma che l’educazione è una responsabilità dei bambini.

In generale, a tutt’oggi (e nella maggior parte dei casi) si parte dal presupposto che l’adulto debba insegnare ai bambini, che sono considerati come un recipiente, come una specie di vuoto creativo. Non vi è alcuna fiducia nel bambino e nelle sue straordinarie capacità di auto-apprendimento. Modificare questa credenza, che ancora domina il palcoscenico educativo nella nostra società moderna, richiede certamente un atto di fiducia e partire da premesse nuove. Ovvero, che ogni bambino viene al mondo per un’intenzione — per necessità di vocazione, ed è compito di ognuno trovare la sua strada (e non spetta ad altri giudicare o dire cosa si dovrebbe fare o meno!). A livello di crescita e sviluppo, ciò è perfettamente in linea con quanto sosteneva lo psicoanalista austriaco Otto Rank: “L’uomo deve diventare quello che è, lo deve volere e realizzare da sé, senza costrizione o giustificazioni e senza il bisogno di addossare ad altri la responsabilità."

L’idea alla base della scuola è che i bambini, come tutte le persone, sono naturalmente curiosi e in ogni fase della loro vita sono impegnati a dare un senso alle cose e aumentare la loro comprensione del mondo. A meno che il processo di apprendimento naturale non sia in qualche modo interrotto (da continue interferenze da parte degli adulti o da metodi educativi obsoleti) l’insaziabile curiosità del bambino lo porta ad apprendere sempre più. Passo dopo passo, ogni singolo individuo viene esposto a un'enorme quantità di informazioni, e non è necessario che vi sia qualcuno a dirigere, indirizzare, guidare. Per di più, va anche detto che nessuno di noi può sapere qual è la particolare funzione che un altro individuo è chiamato a svolgere, e dunque chi può sapere cosa è meglio per lui se non egli medesimo?

In realtà, si tratta di un processo di apprendimento è perfettamente naturale: si impara vivendo (non vi è infatti una distinzione fra vivere e apprendere). Per fare un esempio, i bambini non imparano che hanno bisogno dell’aritmetica per usare il danaro, o che devono essere in grado di saper leggere per poter leggere un segno come accade in contesti artificiali completamente disconnessi dalla realtà. Apprendono in modo del tutto naturale, dalle esperienze di vita concreta che il mondo reale offre. Grazie a ciò, l’educazione della SVS porta a sviluppare un insieme di tratti e caratteristiche che la maggior parte delle persone non si aspettano che i bambini posseggano. Per citare qualche esempio:

  • Vivere la vita con intenzione (e non in modo accidentale).
  • Sviluppare la mentalità del leader (e non quella della vittima).
  • Assumersi la più totale e completa responsabilità della propria vita (e non incolpare gli altri o il mondo per le proprie circostanze).
  • Essere rispettosi della legge (indipendentemente da ciò che si fa, non infrangere o ignorare le regole della società).
  • Valorizzare l’esperienza piuttosto che le credenziali (considerare diplomi etc. utili per raggiungere i propri scopo, secondo le proprie necessità, ma privilegiare l’esperienza).
  • Credere che se ci si mette nel vero asse della propria vita la si realizza armoniosamente, e che un buon lavoro e il denaro si materializzeranno in qualche modo (questa è una credenza comune alle élite, non così comune per quanto riguarda la massa).
  • Rifiutare la violenza come mezzo per risolvere i problemi.
  • Abbracciare il merito e rifiutare il pregiudizio (non esserlo solo a parole, ma integrare degli elevati valori umani).
  • Volere che la propria vita sia appagante, significativa, divertente.

UN MODELLO DECISAMENTE RIVOLUZIONARIO… CHE FUNZIONA!

Il modello della SVS è decisamente rivoluzionario e gli ultimi 50 anni hanno ampiamente e concretamente dimostrato che funziona a meraviglia.

Alla Sudbury i ragazzi sono responsabili della loro educazione sono liberi di seguire i loro interessi. Vi è un enorme rispetto dell’individuo e delle capacità che ognuno ha di pianificare le proprie attività quotidiane, e questo indipendentemente dall’età.

Gli allievi non sono diretti o incoraggiati a seguire una certa strada e non sono previste (né vengono effettuate) valutazioni della loro performance. Come dapprima menzionato, le regole in vigore non hanno a che vedere con l’apprendimento, ma servono piuttosto a proteggere la libertà individuale (nel pieno rispetto della convivialità) e sono decise democraticamente. Questo significa che i ragazzi sono liberi di fare quella che è la loro vera volontà ed è proprio questa libertà incarna il principio fondamentale della SVS.

A questo proposito, ritengo sia fondamentale ricordare che, come ha spiegato Donald Michael Kraig in un suo libro, fare la propria volontà non significa "fare quello che si vuole" ma si tratta piuttosto di una nozione thelemica; ovvero, scoprire qual è la propria vera volontà e dedicarsi ad essa. Contrariamente a quanto accade nelle scuole convenzionali, ai bambini non viene detto cosa devono fare, con chi farlo, e cosa devono imparare ma sono liberi di giocare, sperimentare, conversare e focalizzarsi sulle attività che prediligono e di cui sentono la necessità ed è proprio così che avviene l’apprendimento.

La scuola offre un ambiente sicuro e protetto dove i giovani possono educare se stessi: l’educazione dei bambini è una loro responsabilità (e non dell’adulto) ed è questa libertà fondamentale a essere la vera essenza del modello. Direttamente dal sito della scuola: “Da essa derivano il fermento intellettuale, la gioia della creatività e l’effervescenza emotiva che permea la comunità. La libertà consente il mix di età, la mobilità e le conversazioni che sono la chiave per raggiungere il massimo livello di eccellenza in ogni attività. L’accesso all’intero mondo dell’esperienza umana reso possibile dall’era digitale è la ciliegina sulla torta.”

Da ciò, traspare molto chiaramente che alla Sudbury Valley School la straordinaria creatività umana e lo sviluppo tecnologico si mescolano in un particolare aroma evolutivo che permette a ogni allievo di rimanere perfettamente allineato al vero asse della sua vita e sviluppare così il proprio potenziale. Sin dal principio vi è infatti stata la consapevolezza che dalla notte dei tempi l’essere umano è dotato di una mente molto creativa, di una straordinaria inventiva e incredibili capacità di problem-solving; e che la chiave dell’auto-realizzazione non si trova nelle complesse teorie della psicologia dello sviluppo o in mentori adulti, ma piuttosto nell’opportunità di avere a disposizione un ambiente ricco di opportunità dove poter educare se stessi.

L’apprendimento attraverso attività auto-dirette è decisamente molto efficace e più in linea con le richieste dell’era in cui oggi viviamo. Così come accade nel mondo reale, è importante che ai bambini venga fornito un ambiente adeguato, dove possano interagire liberamente con altre persone di diverse età (esattamente come accade nella nostra società) e fare esperienza degli strumenti che vengono utilizzati della nostra cultura.

Alla SVS l’apprendimento è in per buona parte incidentale, e dunque avviene in modo spontaneo, casuale, istintivo (e perfettamente in linea con il modo in cui non tutti apprendiamo in modo naturale). Sostanzialmente, si può dire che l’apprendimento avviene parallelamente alle attività auto-dirette degli studenti (gioco e esplorazione) e la scuola offre un ambiente ricco di opportunità e strumenti per facilitare questo processo.

I bambini imparano moltissimo da altri bambini di età diverse e questo è uno dei punti di forza della scuola. Se volgiamo lo sguardo alle scuole tradizionali notiamo che una delle principali caratteristiche è che sono segregati in classe per età e non inseriti in una comunità di persone di diverse età. Alla SVS gli studenti possono invece confrontarsi liberamente con altri compagni di diverse età e con degli adulti che hanno il ruolo di staff (e non di insegnanti).

In questo modo i ragazzi sono regolarmente confrontati con le attività e idee di altre persone che possono essere più giovani o avere degli anni in più e questo offre delle grandiose opportunità in termini di apprendimento e responsabilità individuale. Ad esempio, un ragazzo impara ad assumersi maggiori responsabilità quando confrontato con dei bimbi più piccoli, mentre quello più piccolo può apprendere molte cose da quelli più grandi. Com’è risaputo, i bambini imparano molto meglio fra di loro, e naturalmente hanno una forte tendenza a imparare di più da un bambino/ragazzo più grande di qualche anno piuttosto che dagli adulti, dove il divario è molto maggiore (dal sito della scuola: “L’opportunità di scoprire tutto ciò che vuoi da persone che ne sanno un po’ di più e da altri che ne sanno molto di più, è semplicemente meravigliosa”).

In generale, nella nostra società i bambini sono invece reclusi nelle aule scolastiche e viene loro impedito di partecipare attivamente alla vita sociale. Quotidianamente, hanno modo di interagire con pochi adulti, che sono tutti docenti. Come può questo prepararli adeguatamente per la vita e per il mondo reale?

In questa nostra società moderna abbiamo la tendenza a rinchiudere bambini e anziani in certi appositi (scuole e case per anziani) e per classi di età perché si pensa che da bambini il cervello si sviluppa in fasi specifiche legati all’età, e che in età avanzata vi sia un declino costellato da deficit che ne inibiscono il funzionamento. Sarebbe però interessante vedere se non c'è invece una correlazione fra le varie teorie che portano a queste suddivisioni, i cosiddetti disturbi dell’apprendimento e la varietà di disturbi che si verificano negli anziani…

Questo lo affermava anche Maria Montessori, dicendo che “Il maggior perfezionamento dei bambini avviene attraverso le esperienze sociali” e affermando con forza che mettere insieme le persone della stessa età in un ricovero è una cosa inumana e crudele. Così facendo, si rompe il filo della vita sociale in quanto tagliamo il nutrimento che ne è alla base. Secondo la nota educatrice italiana, la segregazione è l’errore fondamentale che dà luogo a ogni specie di altri errori e all’isolamento artificiale che impedisce lo sviluppo del senso sociale.

Perché in generale vi sono queste suddivisioni allora? Ci sono diverse spiegazioni che portano a prendere in considerazione degli aspetti che riguardano la demografia e l’economia della vecchia era industriale, ma indipendentemente da quali siano le vere ragioni che si celano dietro queste scelte, questo vecchio approccio è oggi assolutamente disconnesso dalla vita reale di questa nostra società moderna. Una delle risposte più frequenti a questa domanda è che la suddivisione per classi di età facilita il lavoro dell’insegnante, ma anche qui, partiamo da un modo di pensare decisamente vecchiotto e togliendo il ruolo dell’insegnante questa divisione non trova più un senso, neppure sotto questo punto di vista.

LIBERTÀ, DEMOCRAZIA E RESPONSABILITÀ PERSONALE

La filosofia alla base del modello è molto semplice: si tratta di un luogo dove i bambini sono trattati come persone, nella totalità dell’essere umano, e non come degli esseri inferiori, incompleti o dei non-ancora-adulti.

Concretamente, la Sudbury Valley School è stata costruita sulle basi dei valori fondamentali che hanno ispirato i padri fondatori degli Stati Uniti d’America: Libertà, Democrazia, Responsabilità. La SVS viene infatti considerata una “American Immersion School”: un luogo che incarna pienamente gli ideali americani che hanno ispirato il Paese dal momento in cui è stato fondato — una “scuola del futuro” progettata in modo tale da permettere ai bambini di diventare degli adulti che possano garantire un futuro al proprio paese.

In fondo, come ha detto Michael P. Farris, “Un popolo che crede nella libertà non emergerà mai da un sistema che inizia con la coercizione.” Gli fa eco Gherardo Colombo: “Una cosa è certa: non si può educare alla libertà usando metodi che portano all’obbedienza.”

Come abbiamo già avuto modo di vedere, alla SVS i bambini sono responsabili della loro educazione e apprendono attraverso delle attività auto-dirette che sono totalmente liberi di scegliere in base alla loro volontà. Non ci sono test, stelline o altre ricompense. Non c’è un curriculum. Non vi sono note, né valutazioni. Non ci sono bocciati e promossi. Non ci sono corsi (a meno che non decisi comunemente). Nessuna coercizione o incoraggiamento a imparare, e nessuna aspettativa che lo staff sia in qualche modo responsabile dell’apprendimento dei bambini (alla SVS si parte dal presupposto che i bambini sono naturalmente dotati di tutte quelle qualità considerate innate nell’essere umano, come creatività, immaginazione, curiosità, responsabilità, giudizio et cetera, e che dunque non debbano essere insegnate. Ciò che gli adulti hanno in più dei bambini è l’esperienza, e in questo frangente lo staff è sempre disponibile nei confronti degli studenti per qualsiasi necessità/richiesta).

La facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo (o Libertà, secondo il dizionario Treccani) è rispettata nel modo più assoluto.

Vi è un profondo rispetto per l’individuo e la sua libertà. All’interno della scuola ognuno è responsabile per se stesso e per la propria educazione, ed anche verso la collettività di cui fa parte. Questo approccio rispecchia la vita reale, in quanto si tratta di una comunità dove le responsabilità sono reali e concrete e le cose funzionano esattamente come nella società al di fuori dalle mura scolastiche.

I principi fondamentali che governano la scuola riflettono esattamente i principi e valori americani:

  1. Ogni essere umano è dotato di Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità e che la componente principale della società è l’individuo, la cui libertà di vivere una vita appagante è un diritto che la società deve proteggere.
  2. La società deve proteggere questi Diritti attraverso il principio del consenso dei governati. Nel caso della SVS si tratta dello School Meeting, che crea le regole che delineano i confini delle libertà individuali in modo tale da proteggere le stesse all’interno della comunità (Le regole della scuola sono decise dallo School Meeting e non hanno a vedere con l’apprendimento. Fondamentalmente, si tratta di una “democrazia partecipativa” dove ognuno ha lo stesso “peso”: il voto del bambino/allievo vale come quello dell’adulto/staff).
  3. Come garante di quanto sopra, vi è un sistema giudiziario equo, con il potere di sorvegliare le azioni di individui e legislatori (Le regole che sono state democraticamente decise vengono fatte rispettare dal Comitato giudiziario istituito dallo School Meeting).

La Sudbury Valley School è una comunità veramente democratica, dove i bambini vivono e respirano la vera democrazia (alla SVS tutte le decisioni che riguardano la scuola, incluse le decisioni inerenti le assunzioni del staff e i codici di condotta sono decise dallo School Meeting), non come nelle aule scolastiche tradizionali dove bisogna sottomettersi e obbedire all’autorità, senza poter avere alcuna voce in capitolo.

Insomma, il punto è viverla la democrazia, e questo è anche logico: come pretendere di vivere in una società veramente democratica quando i bambini sono educati per anni attraverso un sistema repressivo e autoritario?

Per quanto riguarda la democrazia, dobbiamo però fare un piccolo sforzo e pensare all’America di un tempo, e non quella attuale. Infatti, già negli anni ’40, in un discorso pronunciato di fronte all’Association for the Advancement of Science, il noto giornalista e politologo statunitense Walter Lippmann si pronunciò in questi termini:

“…negli ultimi quaranta o cinquant’anni coloro che sono responsabili dell’educazione hanno progressivamente rimosso dal curriculum di studi la cultura Occidentale che ha prodotto il moderno stato democratico. Le scuole e le università hanno pertanto mandato nel mondo uomini che non comprendono più il principio creativo della società in cui vivono… Privati della loro tradizione culturale, i nuovi uomini istruiti occidentali non posseggono più, nella forma e nella sostanza delle loro menti e spiriti, le idee, le premesse, le motivazioni, la logica, il metodo e i valori della saggezza accumulata, che sono il talento dello sviluppo della civilizzazione Occidentale… l’educazione prevalente è destinata, se continua così, a distruggere la civiltà e, di fatto, la sta distruggendo. Mi rendo conto che questa tesi costituisca una radicale accusa all’educazione moderna. Ma credo che l’atto di accusa sia giustificato e sussiste il prima facie case [ovvero elementi di prova sufficienti per richiedere il rinvio a giudizio] per l’accusa.”

La vera essenza degli USA la si può cogliere nella Dichiarazione d’indipendenza:

  • Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.”

Daniel Greenberg, uno dei fondatori della scuola, sottolinea che alla Sudbury non si parla o predica solo della democrazia, ma ciò che conta è l’esperienza diretta e concreta. Alla Sudbury si vive in una democrazia. Il punto di partenza è l’individuo e vi è un profondo rispetto per i suoi inalienabili diritti, indipendentemente da età, razza, genere, origine, credenze, et cetera.

A tal riguardo, come fa notare Greenberg in un suo articolo, è molto interessante notare che praticamente tutte le forme di organizzazione diverse dall’America basano le loro strutture socio-politiche/economiche sul primato della comunità sull’individuo. Non fanno eccezione gli Stati europei, che neppure dopo la Seconda Guerra mondiale hanno scelto di sperimentare una forma di auto-governo simile al modello americano (riferendosi a quando le colonie hanno dichiarato la loro indipendenza).

Se per questo, come evidenzia l’autore, non vi è menzione dell’individuo neppure nel concetto di democrazia che risale all’antica Grecia, dove non era l’individuo a essere importante ma la Città-Stato. Di fronte ai suoi quesiti, Greenberg trova una risposta nelle particolari circostanze che hanno dato vita agli Stati Uniti e nel fatto che l’identità nazionale di un tempo era bastata sulla sacralità suprema di ogni singola vita umana, e ne conclude che effettivamente si trattava di un’innovazione storica troppo radicale.

In più, va anche detto che la società non favorisce l’individuo e l’iniziativa personale. Come ha scritto Osho, “Alla società il bambino non interessa: essa è interessata unicamente alla perpetrazione della propria struttura. Alla società non interessa l’individuo; ne è una ferma oppositrice, in quanto è favorevole alla collettività. E la collettività è stata sempre nevrotica e abnorme. La società è orientata verso il passato, l’individuo verso il futuro. L’individuo dovrà vivere nel futuro e la società conosce solo il passato in cui essa è vissuta. La società non ha futuro alcuno, è composta unicamente dal passato. E continua a imporre quel passato sul bambino.”

Questo è un punto chiave da prendere in considerazione, proprio per il fatto che la nostra società è stata costruita su delle premesse che ostacolano la realizzazione personale, e come conseguenza l’evoluzione e il progresso della società intera. Non deve dunque esserci il primato della comunità sull’individuo, ma l’individuo deve essere libero di essere e divenire ciò che è all’interno e nel pieno rispetto di una comunità veramente democratica che ne protegge gli inalienabili diritti. Facendo eco alle parole dello psicanalista austriaco Otto Rank, "L'individuo deve, cioè, divenire da sé quello che è, e non trasformarsi, come accade nell'educazione e nella terapia psicoanalitica, in un buon cittadino che accetta senza obiezioni l'ideale generale, deprivato di una propria volontà personale.”

La responsabilità è una questione innanzi tutto individuale. E uno dei punti cardine che si celano dietro la filosofia SVS è proprio questo: la convinzione basilare a livello socio-politico è quella che il modo migliore per diventare adulti che possano funzionare al meglio all’interno di una democrazia è di avere pieni diritti democratici sin da bambini. Al contrario, un sistema scolastico autoritario e gerarchico non è per niente efficace nel prepararli a essere dei cittadini responsabili in una democrazia (questo è decisamente uno degli aspetti che distingue il modello SVS da qualsiasi altra innovazione in campo educativo: “Una scuola democratica come preparazione per una società democratica”, in buona sostanza era questa l’essenza dell’argomentazione socio-politica dei fondatori della SVS nei confronti dei sistemi scolastici prevalenti, privati e pubblici e per il modello che evangelizzavano).

Per riassumere, le premesse fondamentali della scuola sono molto chiare e semplici: 1) tutte le persone sono curiose per natura, 2) l’apprendimento più efficace, duraturo è profondo ha luogo quando è iniziato e perseguito dallo studente, 3) tutte le persone sono creative se hanno la possibilità di sviluppare i loro unici talenti, 4) il mix di età fra studenti promuove la crescita in tutti i membri del gruppo e 5) la libertà è essenziale per lo sviluppo della responsabilità individuale. In fondo, per diventare un cittadino che si sa muovere in modo efficace nell’America moderna e nel mondo l’individuo deve sapersi assumere la più totale ed assoluta responsabilità di se stesso.

IL RUOLO DEL GIOCO E L’IMPORTANZA DEL CONVERSARE

Nella nostra società moderna il mondo adulto ritiene che giocare sia una perdita di tempo, e questo rispecchia le idee di molti educatori del passato (e la tipica mentalità industriale). Eppure, il gioco è importantissimo a livello pedagogico.

Il filosofo francese Michel De Montaigne diceva che “I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie.” Oggi questa verità è presa in seria considerazione anche nel campo dell’intelligenza artificiale, dove gli scienziati stanno imparando proprio dai bambini per quanto riguarda gli sviluppi in questa disciplina.

Il professore in scienze cognitive Josh Tenenbaum ha infatti sottolineato che i bambini non imparano in modo passivo come si tende a credere, ma sperimentano in modo attivo, interagendo con il mondo che li circonda e esplorandolo. Sono esattamente come degli scienziati in laboratorio e il gioco è per loro una cosa davvero molto seria. E anche le conversazioni lo sono. Come recita un proverbio cinese: “Una singola conversazione con un uomo saggio è meglio di dieci anni di studio.”

Come già detto, è così che l'apprendimento avviene, in modo incidentale, proprio attraverso il gioco, l’esplorazione e le conversazioni. Non si tratta infatti di imparare tonnellate di dati triviali a memoria, che poi vengono immediatamente dimenticati dopo il test e di stare in silenzio tutto il giorno, seduti ad ascoltare un docente che parla di qualche tema che nella maggior parte dei casi non ha niente a che vedere con i propri interessi. Si tratta piuttosto della straordinaria opportunità di poter sperimentare tutto ciò che riguarda i propri interessi, giocando e conversando e sviluppando così le competenze che servono e serviranno nella propria vita e la capacità di pensiero critico e indipendente.

In qualità di esseri umani noi tutti gravitiamo attorno a ciò che ci interessa. Sono i nostri interessi personali che catturano la nostra curiosità, e siamo inclini a scegliere le nostre attività sulle basi di ciò che noi vogliamo, e non quello che gli altri vogliono (ricordiamolo: ognuno di noi nella vita ha una speciale funzione da compiere che gli è propria ed è al nostro sviluppo personale che dobbiamo pensare).

È un processo di apprendimento del tutto naturale che porta l’individuo a scoprire ciò che gli serve, e crescere verso la sua autonomia e indipendenza, acquisendo tutte le capacità e competenze che gli sono necessarie (oggi questo molte aziende all’avanguardia come Google, Hubsbot e simili lo hanno capito e non obbligano i loro dipendenti a lavorare con rigidi schemi o orari fissi. In più, la creatività è privilegiata. I collaboratori hanno molta libertà di azione e quando il proprio lavoro corrisponde ai propri interessi / alla propria vocazione tutto diventa un gioco).

Confucio diceva: “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita”, ed è proprio questo il senso. È fondamentale che ognuno trovi un posto nel mondo alla sua specifica vocazione. Il punto è mettersi sin dall’inizio nel vero asse della propria vita: solo così la si può realizzare armoniosamente! Di norma, quel che però facciamo è dirottare le persone dal vero asse della loro vita ed è questo il motivo alla base di tanto malcontento a livello professionale (che poi influisce negativamente su tutte le altre aree della propria vita). Nessuno è al suo posto e pochi hanno la loro passione per mestiere.

Questa affermazione dell’incisore e grafico olandese Maurits Escher racchiude in sé l’essenza di quanto sopra: “Il mio lavoro è un gioco, un gioco molto serio.” Per chi ama ciò che fa, il lavoro non è un calvario. Chi è innamorato del proprio lavoro non vive per il venerdì e non si lamenta tutto il resto della settimana. E per i bambini è la stessa cosa. È vitale, basilare che abbiano la possibilità di giocare (e non solo fino ai 4-6 anni… quando inizia la scuola! Infatti, non è vero quel che dicono taluni che poi a questa età i bimbi smettono di giocare: sono gli adulti che gli impongono di smettere!) e abbiano accesso libero agli strumenti della cultura, e tutto il tempo necessario per dedicarsi all’apprendimento attraverso attività auto-dirette, senza essere interrotti di continuo dal suono di qualche campanella o da altri elementi disturbanti (lo stesso vale per noi: pensiamo a quando siamo intensamente concentrati nel nostro lavoro… quale sarebbe il risultato se fossimo continuamente interrotti?). Solo così potranno realizzare se stessi e trasformare il loro potenziale in realtà.

Oggi lo sappiamo: il gioco libero è fondamentale per lo sviluppo del bambino, e lo sono anche le conversazioni. Alla SVS gli allievi parlano di tutto, fra loro e con lo staff. Sono quotidianamente esposti a una varietà di idee e argomenti e siccome non vi è nessun dogma e nessuna autorità che impone la propria verità tutto diventa qualcosa su cui riflettere.

Come ha evidenziato lo psicologo russo Lev Vygotsky, la conversazione è importantissima per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo dell’individuo ed è fondamento di un livello di pensiero superiore. Inoltre, come ha affermato il filosofo e ricercatore italiano Paolo Flores d’Arcais, la condizione essenziale del dialogo “È la capacità di porsi dal punto di vista dell’altro” e questo vuol dire che essere capaci di dialogare incrementa anche l’empatia, tratto basilare per quanto riguarda la leadership.

Va inoltre detto che tutto ciò che facciamo ha in qualche modo a che fare con la parola. Usiamo la parola per parlare, leggere e scrivere, ed è il nostro strumento per comunicare con gli altri, e con noi stessi. Attraverso il nostro pensiero e le nostre parole creiamo la nostra realtà di vita. Il libero fluire delle idee, la capacità di scegliere i nostri pensieri e le nostre parole, l’abilità nella comunicazione, nell’ascolto, nell’influenza e nella persuasione sono alla base della nostra quotidianità. Si tratta fondamentalmente di giocare con pensieri e idee, condividerli, socializzare e connetterci con gli altri (ricordiamolo: siamo animali sociali), et cetera.

Nella società industriale governata dall’autorità e nelle scuole tradizionali il gioco non è mai stato ben visto e vi è una forte tendenza a soffocare la libera espressione (e poi, va detto: in una catena di montaggio non c’era mica bisogno di creatività!). Questo perché l’essenza del gioco sono la libertà, la creatività, l’indipendenza e la realizzazione di un potenziale che non può essere governabile, misurabile, prevedibile, e questo fa paura a quella mentalità che invece vuole mantenere il controllo su tutto.

Come sappiamo, una società che privilegia il controllo e la repressione non ama molto gli spiriti liberi (che in una società del genere soffrono, pagando un prezzo molto alto in termini di spreco del proprio potenziale). Oggi però siamo in una nuova era. La rivoluzione post-industriale è qui e ci si rende sempre più conto del fatto che le uniche persone che possono funzionare in modo efficace in questa nuova economia sono quelli che si sanno mettere in gioco (e giocare!) e sono dotati di tutte quelle qualità che possono solo essere acquisite in modo naturale giocando, esplorando, conversando sin dai primi anni di vita.

L’APPRENDIMENTO È UN PROCESSO NATURALE

La nostra mentalità è decisamente molto “scolarizzata” e quando pensiamo alla scuola ci viene in mente il sistema attuale di insegnare ai bambini a stare seduti in file perfette, stare attenti a ciò che dice l’insegnante e obbedire alle istruzioni. Facciamo molta fatica a contemplare qualcosa di diverso… e spesso non ci rendiamo conto che questo sistema non è stato creato in modo casuale, ma intenzionale e deliberato per rispondere al fabbisogno dell’economia industrializzata; ovvero, l’approvvigionamento di lavoratori a basso costo e obbedienti.

Seth Godin ha parlato di “imperativo burocratico di trasformare l’educazione nella stessa fabbrica”. Come sostiene il noto blogger americano, è quel che ancora oggi stiamo facendo attraverso la scuola tradizionale: “sfornando ragazzi che si ostinano a cercare lavori per i quali il capo gli dirà esattamente cosa fare.” Il punto è che oggi siamo in una nuova economia e non è di questo che abbiamo bisogno. Non abbiamo più bisogno di memorizzare tonnellate di dati triviali; abbiamo il prezioso supporto della tecnologia (e.g. Google). Non abbiamo più bisogno di fare dei lavori di routine, molto ripetitivi; i robot lo fanno per noi. Insomma, non dobbiamo cercare di competere con le macchine (come ha ricordato anche il miliardario cinese Jack Ma, è una sfida persa in partenza), ma abbiamo invece la fantastica opportunità di tornare a essere umani e sviluppare quelle doti e abilità straordinarie che ci sono proprie, come il pensiero critico e indipendente e la creatività.

Il mondo sta cambiando. Sono cambiate le aspettative, l’approccio al lavoro, il lavoro stesso, il modo di lavorare. Si lavora sempre più in modo smart, e l’ideologia che ruota attorno al posto fisso 9-17 dal lunedì al venerdì è sempre più obsoleta. Migliaia di persone hanno oggi uno straordinario successo finanziario (e ovviamente anche a livello personale, in generale) facendo cose che a tutt’oggi viene ancora definito un “lavoro normale”.

I tempi sono cambiati. Oggi vi è una grande mobilità, vi sono tante possibilità di connessione, molte opportunità di seguire una variegata varietà di corsi online et cetera. Il mondo è nelle mani di ognuno di noi e le possibilità sono davvero infinite. Metaforicamente, siamo come degli artisti di fronte a una tela bianca e possiamo sbizzarrirci nel dipingere il nostro futuro come vogliamo. Non ci sono mappe preconfezionate, e ognuno può creare la propria e seguire il proprio corso. Per questo motivo, per compiere e realizzare ciò per cui si è nati, è di vitale importanza lasciare che il percorso di ognuno si sviluppi in modo del tutto naturale, sin dal principio, senza barriere o dirottamenti dal vero asse della propria vita.

Fare le cose in modo diverso da come vengono fatte secondo i metodi di insegnamento tradizionale (e dunque lasciare che il bambino sia responsabile della sua educazione) non significa però non fare niente. Al contrario, ciò vuol dire non interferire con le pulsioni naturali innate e le tendenze di un bambino in crescita e permettergli di trasformare il suo potenziale in realtà e realizzare se stesso.

Nella mia esperienza personale, avendo seguito un percorso di scuola tradizionale, ho sempre trovato alquanto bizzarro che nei corsi specialistici post-laurea tutti ripetono il mantra Think outside the box… ma fino ad allora nel famigerato “box” ti ci hanno messo! Quale controsenso! Non sarebbe più logico non creare alcun box attorno ai bambini sin dal principio? Personalmente, sono perfettamente allineato al pensiero del noto educatore statunitense John Holt: l’istruzione primaria/secondaria può essere facilmente auto-appresa e non deve essere imposta ed è proprio quel che accade alla SVS.

Nella nostra cultura, il gioco include la lettura, la scrittura, i numeri. Concretamente, i bambini piccoli imparano da quelli più grandi. Ad esempio, li vedono e sentono leggere, e non vedono l’ora di far parte del “club” e anche con i numeri accade così. In fondo, i numeri li usiamo quotidianamente per innumerevoli attività, e i bambini imparano l’aritmetica attraverso i giochi, oppure cucinando (ricette di cucina), et cetera. Inoltre, non sono solo queste basi a essere apprese, ma vi sono una varietà di competenze e skills che riguardano la comunicazione e le relazioni interpersonali che vengono integrate grazie al mix di età (negoziazione, psicologia, socializzazione, ecc.) e molto altro ancora.

Come abbiamo già avuto modo di vedere, il gioco ricopre una vitale importanza e l’esperienza concreta di chi ha studiato alla SVS dimostra che molti ragazzi scelgono poi delle carriere che hanno a che fare con le attività auto-dirette che svolgevano ai tempi della scuola.

Vi sono artisti e musicisti che hanno sviluppato l’amore per l’arte e la musica e acquisito le competenze in questi ambiti durante il tempo trascorso alla SVS. Vi è l’esempio di un inventore che da allievo era leader di un gruppetto di ragazzi e costruiva intere città fatte di plastilina in scala. Un altro studente che è diventato comandante di navi da crociera aveva sviluppato il suo amore per le navi da allievo. E altri ancora, come un professore di matematica che ha sviluppato l’interesse per questa materia attraverso i libri di fantascienza e dei giochi di ruolo in stile “sci-fi”; e una fashion designer che da studente ideava vestiti per le bambole. In altri casi ancora, gli studenti hanno sviluppato un set di competenze e interessi che si sono poi rivelati basilari per le carriere che hanno scelto dopo le scuole. E questo è un punto davvero molto interessante da sottolineare, in quanto noi adulti spesso consideriamo senza senso ciò che fanno i bambini ma non è mai così. Anche delle attività che per noi possono essere insignificanti hanno sempre un senso, in quanto i bambini stanno sviluppando qualche particolare competenza che servirà loro nel futuro.

AUTOFORMAZIONE PER REALIZZARE SE STESSI

Il mondo è un posto molto diverso se paragonato a venti, trent’anni fa. Vi è un divario abissale fra le nuove e le vecchie generazioni, e la realtà di domani sarà ancora più diversa.

Stando alla ricerca The Future of Jobs 2018 (World Economic Forum), 65% dei bambini che iniziano oggi le scuole elementari faranno un lavoro che oggi ancora non esiste, usando tecnologie che ancora non conosciamo. Già questa proiezione è sufficiente per mettere in seria discussione l’organizzazione scolastica standardizzata; quel sistema che resiste il cambiamento e privilegia lo status quo, domandando ai bambini di conformarsi alle aspettative e agli standard di una società orientata verso il passato.

Ancora oggi, purtroppo, abbiamo in mente una vecchia concezione del lavoro. Sembra che molti, fra persone e imprese, non abbiano un perché per vivere; ma si lasciano vivere. Sembra che l’unica cosa importante sia la crescita economica (a scapito di tutto il resto). Il profitto è messo sopra ogni cosa e sembra quasi che non vi sia un domani. Il lavoro è un dovere, inteso come qualcosa di pesante, gravoso. Una strana concezione del lavoro, questa. Infatti, il termine deriva dal latino (labor) e significa fatica. Dunque, l’etimologia di questo termine di origini incerte rende equipollente “l’andare a lavorare” con “l’andare a faticare”. La fatica è intesa come fenomeno meccanico, come uno forzo che, nella più negativa accezione del termine, porta al cedimento e alla rottura.

Oggi però, ricordiamolo ancora una volta, i tempi sono cambiati e dobbiamo aprire la metaforica finestra e cambiare l’aria rarefatta di questa vecchia mentalità.

Se volgiamo lo sguardo alle vecchie generazioni possiamo notare con chiarezza come la maggior parte delle persone non abbiamo realizzato se stesse, e ne è testimone concreto il fatto che arrivati all’età del pensionamento molti cadono in depressione, non sapendo più che farsene della loro vita.

Questo è brutale e doloroso, ma è la mentalità che avvolge il sistema scolastico tradizionale che prepara a questo: a rinunciare a se stessi, a non essere creativi, a non vivere la propria vita. Secondo questo modo di pensare i bambini e i ragazzi in generale devono seguire gli adulti. Sono considerati dei followers, non dei leader… e generalmente non vengono presi sul serio.

Tutto ciò è completamente disconnesso dalla realtà economica odierna. Oggi per avere successo è infatti importantissimo agire in linea con la visione dello scenario futuro che rispecchia i propri ideali, i propri valori, le proprie aspirazioni e la propria volontà di auto-realizzazione. Follower è colui che segue, non chi crea la propria realtà di vita. Il leader invece lavora sodo per realizzare i suoi obiettivi, e oggi ognuno può essere un leader… ma questo non è possibile se si viene educati a non esserlo.

Warren Bennis sosteneva che “diventare un leader è sinonimo di diventare se stessi.” Egli riteneva che la leadership fosse fondamentalmente una questione di indole, e affermava che il processo per essere un leader non è differente dal processo che porta a essere una persona integra e responsabile. Da ciò possiamo trarre l’inferenza che il padrino degli studi sulla leadership era perfettamente a conoscenza dell’importanza di permettere ai bambini di essere/divenire ciò che sono. Non devono infatti essere educati a non credere in se stessi… e a pensare come delle vittime!

Questo è il problema di fondo della nostra società. Non permettiamo ai bambini di essere ciò che sono, trasformandoli in qualcos’altro e dirottandoli dal vero asse della loro vita.

Oggi molti genitori si preoccupano per il futuro dei loro figli, e questa è una dimostrazione della loro mancanza di fiducia nelle capacità di quest’ultimi. Perché di questo si tratta, di riporre la più totale fiducia nei propri figli.

Molti genitori hanno paura che se i figli non seguono una formazione tradizionale avranno poi dei problemi a far parte della società e trovare un posto di lavoro, ma paradossalmente è l’esatto contrario! Questa nuova economia non premia più obbedienza e docile remissività! I problemi ce li avranno tutti quegli studenti che sono stati preparati a eseguire gli ordini alla lettera, a obbedire, ad aspettare di essere scelti e che qualcuno dica loro cosa fare. E queste non sono solo ipotesi. È quel che sta succedendo già da qualche anno.

Per quanto concerne scuole come la SVS, alcuni genitori esprimono le stesse preoccupazioni, temendo che i propri figli non siano adeguatamente preparati per essere ammessi al college o all’università, o che abbiano difficoltà a livello professionale. Anche in questo caso, i timori sono letteralmente spazzati via dall’esperienza concreta di centinaia di studenti che hanno frequentato la SVS negli ultimi cinquant’anni.

Le ricerche hanno dimostrato in modo inequivocabile che gli allievi SVS che hanno scelto di continuare gli studi hanno avuto molta facilità a essere ammessi a college e università (anche a quelli più selettive) e ottenere degli ottimi risultati; e coloro che hanno preferito entrare subito nel mondo del lavoro o seguire altre strade hanno ottenuto il successo desiderato, vivono una vita significativa e si sentono realizzati per quanto riguarda la loro carriera (artisti, imprenditori, musicisti, scienziati, infermieri, dottori, etc). Tutti loro, praticamente all’unanimità, hanno sottolineato che è grazie alla SVS che hanno sviluppato la giusta attitudine e le competenze necessarie per avere successo nella strada da loro scelta (per approfondire vedi qui e qui).

Entrando in quest’ottica, mi sembra logico che sia così. Proviamo solo a immaginare quanto potenziale può essere sprigionato se a tutti i bambini fosse permesso di assumersi la responsabilità della loro educazione… L’esempio concreto della SVS (e di altre scuole basate sullo stesso modello) e nuovi studi e ricerche nel campo dell’educazione e della psicologia dimostrano in modo inequivocabile che l’apprendimento auto-diretto è molto più efficace e rispettoso del tempo e della dignità dei bambini. La loro curiosità insaziabile e la possibilità di seguire i propri interessi in un ambiente protetto e sicuro, in cui possono fare esperienza di se stessi, non solo promuove uno stile di vita soddisfacente (come dimostrano le esperienze concrete degli alumni SVS), ma li porta in modo naturale a sviluppare tutte quelle capacità che sono oggi considerate essenziali per avere successo in questa nuova economica (cosa che invece non si realizza all’interno dell’istruzione scolastica tradizionale, che sembra essere sempre più lontana dalla realtà e dalle richieste del mercato).

In fondo, leadership è assumersi la più totale ed assoluta responsabilità di se stessi… e questo, come già abbiamo visto, è uno degli aspetti fondamentali della scuola, insieme a libertà e democrazia. Oggi, in generale, sembra invece che le scuole tradizionali abbiano perso contatto con la realtà e preparino gli studenti per essere dei followers, piuttosto che persone integre e responsabili, capaci di funzionare nel migliore dei modi nella società moderna.

In un post sul suo blog, Peter Grey ha menzionato un interessante articolo pubblicato dalla Federal Reserve Bank, che riguardava la perequazione fiscale dello stato del Kentucky, e dove appariva una decisione del 1989 della Corte Suprema che stabiliva le aree importanti per quanto riguarda gli obiettivi di apprendimento. A differenza di oggi, dove un po’ dappertutto nel mondo le istituzioni sembrano più preoccupate per valutazioni, i test e per far sì che tutti raggiungano lo stesso livello, le finalità erano:

  1. Sufficienti capacità di comunicazione orale e scritta per consentire ai cittadini di operare in un mondo complesso e in rapida evoluzione;
  2. sufficiente conoscenza delle scienze sociali in modo che, da adulto, un cittadino sia in grado di fare scelte informate su politiche pubbliche e problemi che riguardano la comunità, lo stato o la nazione;
  3. sufficiente conoscenza della psicologia e delle scienze della salute in modo che, da adulto, un cittadino abbia la capacità di valutare e mantenere il benessere fisico e mentale
  4. basi sufficienti nelle arti in modo che, da adulto, un cittadino possa apprezzare il proprio patrimonio storico e culturale;
  5. formazione sufficiente per consentire a un cittadino di scegliere la vocazione in modo intelligente; e
  6. competenze accademiche e professionali sufficienti per consentire a un cittadino di competere favorevolmente in contesti accademici o professionali a livello nazionale.

[PS. In buona sostanza, quanto sopra non si distanzia granché dalle finalità e valori fondamentali che ispirano le istituzioni alle nostre latitudini, in Canton Ticino. Dal piano di formazione del Dipartimento dell'Educazione, della Cultura e dello Sport: “La scuola promuove, in collaborazione con la famiglia e con le altre istituzioni educative, lo sviluppo armonico di persone in grado di assumere ruoli attivi e responsabili nella società e di realizzare sempre più le istanze di giustizia e di libertà. In particolare la scuola, interagendo con la realtà sociale e culturale e operando in una prospettiva di educazione permanente: a) educa la persona alla scelta consapevole di un proprio ruolo attraverso la trasmissione e la rielaborazione critica e scientificamente corretta degli elementi fondamentali della cultura in una visione pluralistica e storicamente radicata nella realtà del Paese; b) sviluppa il senso di responsabilità ed educa alla pace, al rispetto dell'ambiente e agli ideali democratici; c) favorisce l'inserimento dei cittadini nel contesto sociale mediante un'efficace formazione di base e ricorrente; d) promuove il principio di parità tra uomo e donna, si propone di correggere gli scompensi socio-culturali e di ridurre gli ostacoli che pregiudicano la formazione degli allievi."]

Come conclude il Prof. statunitense questi sono tutti skills che vengono acquisiti naturalmente alla SVS. Il fatto che gli studenti possano apprendere il tipo di cose che vogliono imparare attraverso attività auto-dirette e al loro ritmo li porta a una prospettiva più ampia sulla vita, a sviluppare maggiori risorse e capacità di pensiero critico, a essere persone integre e responsabili che si inseriscono in modo naturale nel contesto sociale.

Come ha sottolineato Daniel Greenberg, “Ciò che sorprende di più dei bambini che vanno a scuola qui [SVS] è che sentono di avere il controllo della propria vita. Le cose possono accadere a chiunque, ma i ragazzi che vanno a scuola qui sentono profondamente che possono influenzare le loro vite nel modo che vogliono, e che possono influenzare il mondo anche con le loro azioni. È una cosa miracolosa: non sentire di essere spinti o tirati dalle maree, ma sentire di poter prendere il comando e fare ciò che vogliono nella vita.” A livello psicologico, questo processo di apprendimento naturale porta i bambini a sviluppare quello che viene definito luogo di controllo interno: a essere padroni del proprio destino, sviluppando una leadership autentica.

UNA QUESTIONE DI EMPOWERMENT PERSONALE

Ovviamente, una leadership vera e autentica ha a che fare con l’empowerment personale. Altrimenti, come potrebbe condurre gli altri, chi non sa condurre se stesso?

A tal riguardo, non possiamo dimenticare che il sistema educativo attuale è la fotocopia di quello prussiano e che l’obiettivo delle tecniche di modificazione del comportamento (sistema di punizioni e ricompense) ancora oggi largamente utilizzato è un tentativo deliberato di far conformare i bambini alle necessità di terzi, alienandoli da se stessi, e come si sa tutto ciò influisce in modo decisamente negativo su una varietà di aspetti che li riguardano e che spaziano dal luogo di controllo, alla motivazione, all’autostima.

Il luogo di controllo, ad esempio, può essere interno o esterno ed ha a che fare con il controllo che crediamo di avere sulla nostra vita. Se è interno, vuol dire che crediamo nelle nostre capacità e siamo padroni del nostro volere e agire. Al contrario, se è esterno crediamo che la nostra vita sia controllata da forze e fatti esterni che sono indipendenti dalla nostra volontà.

Da una ricerca condotta sull’arco di 50 anni a partire dagli anni ’60 emerge un aumento esponenziale di controllo esterno nei bambini. Questi risultati non sono per niente rassicuranti: sono correlati con scarso rendimento scolastico, senso di incapacità e impotenza, minore autocontrollo, incapacità di gestire lo stress, ansia e depressione (fonte); e se li incrociamo con altre variabili che riguardano lo sviluppo di una mentalità fissa, il soffocamento della propria immaginazione e creatività, et cetera possiamo affermare con certezza che i vecchi metodi educativi sono altamente limitanti e assolutamente ostacolanti per quanto riguarda la crescita e sviluppo dell’individuo e la sua realizzazione personale.

Ciascuna persona nasce con un innato paradigma e ogni bambino ha in sé tutto ciò che serve per realizzare il suo potenziale latente. Per questo è fondamentale lasciare che la natura faccia il suo corso se davvero vogliamo parlare di empowerment, che sostanzialmente riguarda l’uso ottimale delle proprie risorse attraverso la possibilità di ognuno di sentirsi responsabile e protagonista della propria vita e di funzionare nel modo più efficiente.

Il Dizionario Treccani definisce l’empowerment come “Insieme di azioni e interventi mirati a rafforzare il potere di scelta degli individui e ad aumentarne poteri e responsabilità, migliorandone le competenze e le conoscenze.” Di base, potremmo anche dire che lo stesso obiettivo è perseguito dalle scuole tradizionali, ma credo che attraverso un’educazione convenzionale non sia possibile ottenere questi risultati per il semplice fatto che si parte da premesse totalmente errate per quanto riguarda la natura umana, pensando che il bambino sia un vuoto da riempire e/o un animale da addestrare. Tradizionalmente parlando, il metodo prediletto è quello dell’apprendimento meccanico, sorretto dal principio della progressione graduale, il tutto farcito da una buona dose di bastone e carota. Gli skills e le competenze che gli allievi devono apprendere sono quelle che qualcuno considera come necessarie per funzionare bene nel mondo moderno.

In questo caso sorgono però diversi problemi perché, come ha evidenziato Daniel Greenberg, ciò significa intervenire in modo attivo per modificare in qualche modo il comportamento della persona e ciò si scontra con la tendenza naturale di ognuno di seguire la propria strada e creare la propria realtà di vita. Detto in altri termini: la persona in questione non può rimanere allineata al vero asse della sua vita perché costretta a fare delle deviazioni forzate. Inoltre, non ha neppure più a disposizione il tempo materiale da dedicare ai propri interessi, al gioco, e tutte quelle attività che hanno a che vedere con la sua vocazione, ma viene letteralmente dirottata a seguire un percorso scelto e preconfezionato da altri.

E poi, chi determina quali saranno i contenuti e le conoscenze che saranno utili a questa persona nel suo futuro? Gli esperti dell’economia industrializzata?

Quando l’educazione pubblica universale si stava preparando a celebrare il suo 93esimo anno, nel suo Manifesto Non rubate i sogni: A cosa serve la scuola? (puoi scaricare la versione italiana da questo link), Seth Godin ha sollevato alcuni importanti quesiti con cui ciascun genitore e cittadino si dovrebbe confrontare: “stiamo approvando, spingendo, o addirittura permettendo che le nostre scuole (incluse la maggior parte di quelle private) continuino in quella strategia sicura ma destinata a morire, di sfornare operai prevedibili, facilmente ricambiabili e mediocri? Fino a quando accoglieremo (o addirittura accetteremo) test standard, la paura della scienza, tollereremo pochi sforzi nell’insegnare la leadership, e più di tutto, l’imperativo burocratico di trasformare l’educazione nella stessa fabbrica, saremo nei guai. La rivoluzione post-industriale è qui. Ci tenete abbastanza ad insegnare ai vostri figli come trarne vantaggio?”

È praticamente impossibile riuscire a determinare cosa servirà nel futuro. Disse bene lo psicologo statunitense Carl Rogers: “L’unica persona che si può ritenere istruita è quella che ha imparato come si fa ad imparare — e a cambiare.” Perché in realtà è proprio questo che serve, in aggiunta a tutte quelle qualità innate che già sono naturalmente dentro di noi. Questa è la nostra forza. E mi vien da dire che basterebbe non interferire con il naturale sviluppo dell’essere umano. Tutto qui.

“La scuola è il nostro passaporto per il futuro”, sosteneva Malcolm X, “poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo.” Ma noi non possiamo pretendere che i nostri ragazzi viaggino verso il loro destino con un passaporto scaduto. Ciò che possiamo fare per loro è offrire loro la possibilità di accedere a tutto ciò che può essere loro (universalmente) utile. Questo non significa intervenire in modo attivo sull’ambiente o sulla persona, ma agire in modo passivo e dare l’opportunità ai giovani di usufruire di tutto ciò che hanno bisogno per realizzare ciò che veramente vogliono, senza condizionamenti e senza imposizioni di nessun genere (che, fra le altre cose, portano sempre a sviluppare delle resistenze).

Ogni bambino è al mondo per un’intenzione, per necessità di vocazione — per realizzare il suo destino. Ha tutte le capacità che servono per svolgere la speciale funzione che egli è chiamato a compiere e tutto ciò di cui ha bisogno sono la sua insaziabile curiosità e gli strumenti di cui già dispone naturalmente: creatività, immaginazione, capacità di problem solving, etc.

Siamo nel 21esimo secolo. I bambini hanno bisogno di un ambiente ricco di opportunità dove poter sviluppare le loro abilità, capacità di pensiero critico e indipendente, e tutte quelle competenze che serviranno loro nel futuro sulle basi di ciò che vuole il loro cuore. Non più di luoghi dove qualcuno dice loro cosa pensare e cosa devono fare (per diventare lavoratori a basso costo, compiacenti e produttivi), ma di contesti dove naturalmente possono affinare lo strumento del pensiero e coltivare la loro individualità, diventando imprenditori di se stessi e vivendo la vita con autodeterminazione.

Jean Piaget disse che “L’obiettivo principale dell’educazione nelle scuole dovrebbe essere quello di creare uomini e donne che siano capaci di fare cose nuove, non soltanto di ripetere semplicemente ciò che le altre generazioni hanno fatto.” Come affermano i fondatori della SVS, l’empowerment individuale è il cuore del concetto democratico americano, e la Sudbury Valley School ne è un modello in miniatura. Oggi sempre più famiglie sono insoddisfatte della scuola pubblica e ne riconoscono i limiti. In futuro, vi saranno sempre più scuole che si basano sul modello della SVS. Anzi, forse sarebbe più opportuno dire semplicemente per quanto riguarda la scuola, il modello della SVS è il futuro.

Siamo in una nuova economia, e stiamo andando in questa direzione.

 

 
Photo credit: tutte le immagini utilizzate in questo articolo sono pubblicate con il consenso della © Sudbury Valley School provengono dal sito web e dal blog della scuola (link).

Referenze:

 

L'unica certezza è il cambiamento, e nella caotica complessità del mondo moderno è alquanto facile distrarsi, perdersi e lasciarsi sfuggire le opportunità di realizzazione che questa nuova economia offre. Per questo motivo, è davvero importantissimo essere molto chiari su quel che si vuole, raffinare le proprie doti di leadership e creare la propria realtà di vita attorno alle proprie priorità per realizzare chi si è e ciò che si vuole veramente fare — il proprio vero scopo. Il fine di questo libro è proprio quello di supportarti in questa impresa (leggi l’estratto del libro su questo link).

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