Non educare tuo figlio a essere mediocre

educazione formazione genitorialità consapevole leadership psicologia vita intenzionale Mar 05, 2020
 

Noi tutti (99.9%) siamo stati educati alla mediocrità.

Siamo venuti al mondo biologicamente programmati per educare e realizzare noi stessi ma non ci è stato concesso di fiorire naturalmente verso la nostra autonomia e indipendenza. Il mondo ci è stato imposto. Siamo stati addomesticati a essere conformi alle aspettative, a sottometterci al volere altrui, a non essere padroni di noi stessi.

Nati leader, siamo stati trasformati in vittime e il nostro genio è stato ridotto a mediocrità.

Il problema di fondo è che ad oggi — nel ventunesimo secolo! — siamo ancora vittime delle teorie del XVIII secolo (emanate da professionisti che di pratica con bambini in carne e ossa ne avevano ben poca) e di una visione prettamente cinica e pessimista dell’infanzia e dell’essere umano in generale.

La meta della vecchia pedagogia è la sottomissione totale del bambino.

John Locke richiedeva “La sottomissione incondizionata della volontà del bambino a quella genitoriale.”

Qui le argomentazioni del teologo svizzero-tedesco Johann Sulzer: “Al bambino avvezzo a obbedire ai genitori, piacerà anche, quando divenga libero e padrone di se stesso, sottomettersi alle leggi e alle regole della ragione, dato che è già stato avvezzo a non agire a piacer suo.”

Psicologia e educazione sono intrise di questa mentalità.

La psicologia della vecchia era considera l’essere umano come un animale da addestrare. Ritiene che il bambino sia una tabula rasa, un vuoto creativo da riempire con le nozioni della cultura dominante (e, diciamolo, anche la spazzatura psichica degli adulti).

L’educazione della vecchia era vuole tutti “ben educati” e “bravi” (nel senso che non rompano le scatole), omologati, deprivati di immaginazione, creatività, vitalità e di qualsiasi capacità di pensiero critico e indipendente.

Come ha scritto Paolo Perticari, “Dal XVIII secolo fino al XXI secolo, l’educazione è la più potente trappola o macchina di distruzione del mondo attraverso l’insegnamento.” Il problema di base è infatti che il mondo adulto considera il bambino come una cera molle da plasmare a proprio piacimento.

Invece, è fondamentale che il bambino possa crescere e fiorire naturalmente verso la sua autonomia e indipendenza, senza interferenze, senza dover rinunciare a se stesso per trasformarsi in qualcuno che non è.

Tutti coloro che giustificano e promuovono i vecchi metodi educativi sono completamente fuori strada, e dire che malgrado tutto noi siamo venuti su bene è pura follia. Infatti, non ci è dato sapere che persona saremmo oggi se non fossimo stati educati a vivere la volontà altrui come propria.

Certo, mi rendo conto che confrontarsi con la propria storia personale non è facile, anche perché siamo stati educati a non renderci conto di quanto è accaduto nella nostra infanzia e facciamo parecchio fatica a ammettere gli errori dei nostri genitori (anch’essi condizionati da queste dinamiche), che sono protetti da qualsiasi rimprovero da una valanga di teorie psicologiche sviluppate con questo fine (Freud è un perfetto esempio di chi aveva scoperto l’incubo dell’infanzia, ma poi ha ritrattato, forse per paura o per i suoi interessi).

Purtroppo, ad oggi, i vecchi metodi educativi sono ancora molto diffusi. In Italia, il 70% dei bambini sono maltrattati in casa (Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia, Cesvi); in Svizzera, un bambino su due è vittima di metodi educativi violenti (Le punizioni praticate dai genitori in Svizzera, Universitâ di Friburgo); al mondo 2 bambini su 3 (fascia di età 2-4) sono sottoposti a una disciplina violenta (Violent discipline, Unicef).

Oggi è comune sentir parlare di permissivismo e del cosiddetto “buonismo educativo”, ma dove mi chiedo? I dati parlano chiaro e mettono a tacere tutti quegli opinionisti da talk show che sostengono il contrario con l’obiettivo (forse) di mantenere la loro audience sfruttando pregiudizi e luoghi comuni.

A tal riguardo, due precisazioni.

Anzitutto, non è assolutamente vero che i bambini di oggi non si sentono dire abbastanza “No”. Come ha affermato l’autore americano Simon Bailey, mediamente, prima di compiere diciassette anni, un ragazzo si sente dire NO 150’000 volte e SÌ solo cinquemila. Dunque, il problema di fondo non sembra proprio essere che come genitori non diciamo abbastanza “No”, ma che non siamo capaci a dire “Sì”.

Inoltre, è decisamente più probabile che un bambino venga represso senza motivo, maltrattato, sgridato, minacciato, ricattato, o che si abusi di lui in qualche modo piuttosto che gli si permetta di fare veramente quello che vuole.

Attraverso quel sistema di punizioni e ricompense che chiamiamo educazione stiamo storpiando e deformando i bambini nel loro essere. Anche se i metodi sono cambiati, dalle punizioni corporali ai premi/castighi, l’obiettivo rimane sempre il controllo, che nella letteratura psicologica è associato al disadattamento in modo consistente.

E poi, sentir dire che nessuno è mai morto per una sculacciata o simili è decisamente aberrante.

In più, pensare che i genitori che non educato con questi metodi antiquati siano senza spina dorsale (testuali parole divulgate anche attraverso i mass media da vari opinionisti che trattano questo delicato argomento) è fuorviante, irrispettoso e non è frutto di approfondita ricerca. Si tratta piuttosto di convinzioni personali, false credenze acquisite dall’ambiente e dalla società — bugie sostenute da coloro che continuano a nutrire nostalgia della verga.

Per essere chiari, anche se molti non la riconoscono la sculacciata (e punizioni simili) come violenza, rientra esattamente in questi parametri. L’evidenza scientifica dimostra inequivocabilmente che le conseguenze negative sono praticamente le medesime di abusi più gravi (con lievi variazioni). Le ricerche condotte sull’arco di 50 anni, che hanno visti coinvolti 160’927 bambini di 13 nazioni diverse (fonte) hanno dimostrato che sculacciare non rende i bambini più compiacenti nel breve termine e non è correlato con l’accondiscendenza a lungo termine o l’interiorizzazione di valori morali. Non vi sono correlazioni con la riduzione di comportamenti antisociali o aggressivi. Al contrario, sculacciare è correlato con un peggioramento per quanto concerne il comportamento, essendo strettamente correlato con un aumento dell’aggressività e problemi comportamentali di natura antisociale. Le conseguenze (non volute) delle sculacciate nell’infanzia possono essere problemi di natura psicologica, difficoltà nelle relazioni con i genitori, scarsa autostima, peggioramento nei risultati a livello scolastico. Negli adulti: problemi di natura psicologica, condotta antisociale, attitudine positiva nei confronti dell’uso di punizioni corporali con i propri figli, violenza che si tramanda di generazione in generazione.

Le ricerche dimostrano senza il minimo dubbio che la sculacciata è correlata con un’elevata probabilità di ricontare problemi legati alla salute, psicologici e sociali (che includono problemi legati alla salute mentale, abuso di sostanze, tentativi di suicidio, condizioni di salute non buone e tutta una serie di problemi legati allo sviluppo, al comportamento, e cognitivi).

Sculacciare è forse una delle più comuni forme di punizione corporale (quasi la metà degli adulti negli USA ha dichiarato che da bambini sono stati sculacciati, strattonati, spintonati e simili) e dalle ricerche emerge che delle persone che sono state soggette a punizioni corporali quasi il 60% ha un’elevata probabilità di diventare dipendente dall’alcol, 41% di avere problemi di depressione e 24% di avere problemi come ansia e attacchi di panico (fonte, fontefonte, fonte, fonte).

Insomma, sempre più studi e ricerche rivelano che le punizioni corporali nuocciono gravemente ai bambini, anche se molti adulti non sembrano udire il messaggio. Siccome è “tradizione”, l’argomento è molto delicato ma questi dati parlano chiaro, evidenziando in modo netto e consistente gli effetti negativi sui bambini (che possono non vedersi nel breve termine e dunque non vi è una correlazione causa-effetto immediata, ma che indubbiamente fioriscono prima o poi).

In estrema sintesi, le punizioni corporali sono strettamente relazionate a tutta una serie di conseguenze (molto) negative sulla salute fisica/mentale che spaziano dalla depressione, all’abuso di sostanze; e comportamenti aggressivi e antisociali. Le ricerche hanno anche dimostrato che le punizioni fisiche possono creare dei problemi alle aree del cervello che riguardano le emozioni e la regolazione dello stress.

Un altro dato allarmante emerge da una ricerca condotta sull’arco di una cinquantina d’anni, da cui apprendiamo che vi è un aumento esponenziale di controllo esterno nei bambini (in psicologia, il luogo di controllo delinea il controllo che crediamo di avere sulla nostra vita. Se è interno, vuol dire che crediamo nelle nostre capacità e siamo padroni del nostro volere e agire. Al contrario, se è esterno crediamo che la nostra vita sia controllata da forze e fatti esterni che sono indipendenti dalla nostra volontà), correlato con scarso rendimento scolastico, senso di incapacità e impotenza, minore autocontrollo, incapacità di gestire lo stress, ansia e depressione. Questo è un campanello d’allarme che non può esser ignorato (It’s beyond my control: a cross-tempora meta-analysis of increasing externality in focus of control 1960-2002, Personality and Social Psychology Review).

Inoltre, come emerge da altri studi condotti negli Stati Uniti, così come il controllo psicologico,  anche l’obbedienza abituale è associata al disadattamento e quella che viene definita obbedienza compulsiva non è per niente un bene. Vari esperti affermano che i bambini che eseguono gli ordini immediatamente, senza fiatare, in modo automatico e fanno tutto ciò che viene loro detto molto spesso non realizzano se stessi, ma diventano quel che gli adulti vogliono (Compulsive compliance: The development of an inibitory coping strategy in infancy, Journal of Abnormal Child Psychology). Al contrario, sempre più studi e ricerche dimostrano che gli effetti di più autonomia e indipendenza sono decisamente molto positivi.

Tutti questi dati dovrebbero perlomeno far riflettere. Siamo di fronte a un vero e proprio disastro pedagogico di proporzioni globali che va avanti da tre secoli, e oggi non possiamo chiudere gli occhi di fronte a tutto questo. Lo dobbiamo a noi stessi, ma soprattuto ai nostri figli.

Il problema dell’educazione è l’educazione.

Formando per mezzo dei condizionamenti distruggiamo la volontà dei bambini, soffochiamo la loro innata creatività, frantumiamo la loro integrità e

A livello globale, oggi nove persone non trovano un senso in ciò che fanno (State of the Global Workplace report 2013 e 2017, Gallup) perché nessuno occupa il suo spazio: perché nessuno è chi sarebbe diventato se non fosse stato educato a vivere la volontà altrui come propria!

Da un massiccio studio longitudinale condotto da George Land e Beth Jarman emerge che la scuola uccide la creatività. Nel 1968, i due ricercatori svilupparono un test per la NASA con il fine di poter selezionare gli ingegneri e scienziati più creativi. Per scoprire se la creatività è innata oppure la impariamo, decisero di sottoporre il medesimo test a un campione di 1600 bambini sui cinque anni. I risultati furono stupefacenti: il 98% ottenne un punteggio a livello di genio (highly creative range). Il test fu dunque ripetuto cinque e dieci anni dopo con gli stessi bambini. A dieci anni, la percentuale era scesa al 30%. A quindici, addirittura a 12. Da allora, più di un milione di adulti sono stati sottoposti al test e solo il 2% arriva a quel livello. Come hanno dichiarato i ricercatori:  ogni bambino viene al modo con uno straordinario potenziale, ma la sua creatività viene letteralmente uccisa da modelli educativi obsoleti.

Oggi lo sappiamo: il nostro sistema educativo non è stato ideato per sviluppare le potenzialità di ogni individuo, e non è neppure frutto della conoscenza scientifica su come i bambini apprendono , ma piuttosto del nostro passato — della nostra storia: le scuole sono nate per servire fini religiosi e politici, e la scuola che oggi conosciamo è stata deliberatamente progettata fra il XVIII e XIX secolo, con il preciso intento di indottrinare i bambini, educarli all’obbedienza e formare impiegati compiacenti e produttivi che avrebbero lavorato bene nel sistema.

Per gli scettici, non si tratta di semplici congetture. Tutto questo è molto ben documentato da tonnellate di ricerche e fonti storiche.

Inoltre, va anche detto che la scienza moderna sta sempre più dimostrando in modo inequivocabile che le teorie di quella psicologia che vede il bambino come una tabula rasa non sono niente più di ciò che realmente sono: delle teorie… sbagliate (in quanto oggi confutate dalla realtà dei fatti)!

Un grossissimo errore, insomma.

Gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) che lavorano agli sviluppi nel campo dell’Intelligenza Artificiale (AI) non hanno dubbi su questo, e le nuove ricerche sul cervello dimostrano che le teorie della vecchia psicologia non corrispondono alla realtà dei fatti. In verità, non vi è però ancora una chiara comprensione del reale funzionamento dell’essere umano e di come funziona veramente il processo di apprendimento (fonte).

Per quanto riguarda gli sviluppi del’AI, è interessante notare che molto lavoro è stato svolto sulle basi delle ricerche di Alan Turing, considerato uno dei più grandi matematici del XX secolo. Negli anni ’50, il creatore del “test di Turing”, criterio per determinare l’intelligenza di una macchina, era partito dall’idea che il cervello di un bambino è qualcosa di meno di quello dell’adulto e che è paragonabile a una quaderno, un notebook pieno di pagine bianche. Riferendosi ai progressi in campo AI, il Prof. di scienze cognitive Josh Tenenbaum ha affermato: “Sappiamo che Turing aveva una mente brillante, ma su questo ha sbagliato… e come conseguenza hanno sbagliato molti altri che hanno basato il loro lavoro sulle sue ricerche…”.

Tutto sbagliato dall’inizio, insomma.

Questo perché l’intelligenza non è solo identificare/riconoscere degli schemi, ma è molto di più. Per questo motivo, scienziati e ricercatori rivolgono ora il loro sguardo nuovamente verso i bambini, guardandoli con occhi diversi, come una preziosa fonte di informazioni su come gli esseri umani imparano.

Come affermava Warren Bennis, il processo per essere un leader non è differente dal processo che porta a essere una persona integra e responsabile, e qui sta il problema di fondo: in un processo educativo che mira a spezzare l'integrità dell'individuo e ne ostacola l'auto-realizzazione.

Non dimentichiamo, inoltre, che come aveva scoperto Abraham Maslow, "è psicopatologico tutto ciò che ostacola o impedisce l’auto-realizzazione." Come ha affermato il noto psicologo, quando capiamo i bisogni del bambino, gli permettiamo di scegliere liberamente e favoriamo la sua libera espressione andrà in modo naturale verso ciò che è meglio per lui.

Questo è sostanzialmente il pensiero alla base del mio lavoro.

Il concetto che promuovo è molto semplice e in perfetta antitesi a ciò che gli educatori hanno evangelizzato per secoli: ognuno possiede in sé la capacità di realizzare se stesso e la guida da seguire è dentro ciascuno di noi. Detto altrimenti, ognuno ha la sua strada e deve seguire se stesso, non un altro.

Per questo, a questo punto le cose che dobbiamo fare sono due.

La prima è quella di riconnetterci alla nostra vera natura e smetterla di vivere la vita in base alle opinioni, ai giudizi, alle aspettative degli altri. A tal proposito, ho preparato un videocorso gratuito con il fine di ispirarti a pensare, agire, vivere in modo nuovo (qui troverai tutte le informazioni che ti servono per iniziare a muovere i primi passi per migliorare concretamente la tua qualità di vita e raggiungere i massimi livelli di realizzazione personale e professionale).

La seconda, ma non per ordine di importanza, è permettere ai bambini di essere e divenire ciò che sono, senza interferenze né condizionamenti. È molto semplice: ciascuna persona nasce per realizzare il suo potenziale e ognuno deve seguire la sua Chiamata. Ogni bambino è un leader, e questo a livello educativo stravolge i parametri a cui siamo stati abituati attraverso la nostra formazione, istruzione e cultura.

Infatti, si tratta di un cambio di paradigma non indifferente e implica seguire il bambino, consapevoli del fatto che egli ha una sua volontà personale e sappia cosa è meglio per lui, piuttosto che dirigerlo e indirizzarlo dove e come vogliamo noi. Noi infatti non conosciamo la sua vocazione e non sappiamo qual è la speciale funzione che egli sarà chiamato a compiere, dunque non possiamo insegnargli a diventare questo o quello, ma la soluzione migliore è seguirlo e permettergli di essere e divenire liberamente ciò che è.

I bambini hanno una innata capacità di auto-apprendimento e vanno supportati a realizzare ciò che vogliono, piuttosto che interferire continuamente nella loro vita, in quanto questo è l’errore fondamentale alla base di tutti i problemi.

L’esperienza pratica e concreta di adulti che hanno seguito un percorso di unschooling o frequentato scuole democratiche come quelle basate sul modello Sudbury Valley (dove i bambini sono responsabili della loro educazione) confermano in modo inequivocabile che questa è la via per realizzare compiutamente se stessi.

Inoltre, sempre più studi e ricerche dimostrano che gli effetti di più autonomia e indipendenza sono decisamente molto positivi:

  • Da uno studio emerge che, paragonati a coloro che non hanno avuto le stesse opportunità, i bambini che godono di più libertà vengono giudicati dai maestri come più creativi, curiosi, indipendenti, intraprendenti, e sicuri di sé (Testing aspects of Carl Rogers’ theory of creative environments: child-rearing antecedents of creative potential in young adolescents, Harrington DM, Block JH, Block J, (1987), Journal of Personality and Social Psychology).
  • In generale, più autonomia è relazionata a una miglior performance in attività che richiedono creatività e flessibilità mentale, a migliori e più soddisfacenti relazioni interpersonali, a maggior benessere psicologico, e più resilienza a livello mentale e soddisfazioni nella vita (The significance of autonomy and autonomy support in psychological development and psychopathology, Ryan RM, Deci EL, Grolnick WS, La Guardia JG, (2006), American Psychological Association).
  • In più, i bambini che hanno più autonomia e tempo per realizzare ciò che vogliono (piuttosto che seguire delle attività strutturate dagli adulti) ottengono dei migliori risultati nei test per valutare le funzioni esecutive (test da cui si può prevedere le abilità future in termini di problem-solving) di coloro che hanno avuto meno tempo libero (Less-structured time in children's daily lives predicts self-directed executive functioning, Barker JE, Semenov AD, Michelson L, Provan LS, Snyder HR, Munakata Y, (2014), Frontiers in Psychology).

I risultati di queste ricerche suggeriscono che i bambini a cui è stata concessa la libertà di seguire i loro interessi e strutturare le loro attività in modo tale da realizzare ciò che vogliono diventano adulti insolitamente (auto) determinati, intraprendenti, creativi ed è proprio questo ciò di cui v’è tanto bisogno oggi.

 

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